Ricci, Flaminio

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Flaminio Ricci (Fermo, 1545 circa – Fermo, 11 aprile 1610), tra i discepoli più amati da Filippo Neri, è stato sacerdote dell’Oratorio e ha operato a stretto contatto con i padri più influenti della prima generazione; nel 1592 fu chiamato a sostituire Francesco Maria Tarugi al governo della casa di Napoli e successivamente ricoprì la carica di preposito della Congregazione oratoriana, succedendo nell’ordine a padre Filippo, Cesare Baronio e Angelo Velli.

Biografia

Il marchigiano Flaminio Ricci era nato a Fermo intorno al 1545 da Domenico e da Selvaggia Morroni, che si erano uniti in matrimonio nel 1529. La sua famiglia poteva esibire un solido e antico radicamento nel patriziato locale e da tempo ricopriva a Fermo magistrature pubbliche. Flaminio aveva una sorella, Porzia, e tre fratelli, Fabio, Franco e Giulio. Quest’ultimo, dopo aver portato a termine gli studi giuridici a Bologna, intraprese la carriera ecclesiastica e nel 1572 ottenne la prima nomina vescovile, concludendo i suoi incarichi pastorali alla guida della diocesi di Teramo, che resse per oltre un decennio dal 1581 al 1592, anno della sua morte. Sulla scia del fratello, Flaminio studiò giurisprudenza a Bologna e dopo aver ottenuto il titolo accademico in utroque sembrava destinato a una brillante carriera forense. A Roma si mise presto in evidenza e in virtù delle sue notevoli qualità entrò a far parte come uditore della stretta cerchia di collaboratori del potente cardinale Nicola Caetani1.
La svolta della sua esistenza avvenne dopo i trent’anni, quando fece la conoscenza di Filippo Neri e fu invitato a frequentare gli esercizi spirituali dell’Oratorio. La storiografia filippina, sull’onda della biografia raccolta da Paolo Aringhi, non si lasciò sfuggire l’occasione e presentò l’ingresso di Flaminio nell’Oratorio in chiave cattolico-agiografica, con padre Filippo ispirato dal donum profetiae e il giovane fermano ben disposto a porsi «in tutto e per tutto nelle sue mani»: «il Santo l’abbracciò, lo consolò et in breve lo ricevette tra’ suoi figli mandandolo a convivere con gl’altri di Congregatione alla Vallicella, dove doppo sei mesi volle che si ordinasse sacerdote, e l’espose successivamente a fare in Chiesa i ragionamenti spirituali soliti dell’Instituto, e volle che per molti anni havesse questo peso cotidiano di ragionare ogni giorno publicamente in Chiesa»2.
Flaminio Ricci entrò stabilmente in Congregazione il 17 settembre 1578, quando gli esercizi dell’Oratorio erano già stati spostati da oltre un anno da S. Giovanni dei Fiorentini alla chiesa di S. Maria in Vallicella. Il 3 febbraio 1577 Alessandro de’ Medici aveva celebrato la prima Messa alla Chiesa Nuova, sede definitiva dei padri filippini, che sarà poi resa esente dalla giurisdizione della basilica di S. Lorenzo in Damaso grazie alla Bolla pontificia Ecclesia S. Mariae in Vallicella, emessa il 1° settembre del 1578. Il 15 marzo 1577 si tenne l’assemblea d’insediamento dei padri oratoriani, a cui la bolla di fondazione riconosceva ampia facoltà di emettere statuti, e l’8 maggio dello stesso anno fu deliberata l’elezione di Filippo Neri a preposito generale della nascente Congregazione3. Padre Filippo apprezzò subito il rigore morale, lo spirito caritativo, la semplicità di vita e le doti di predicatore di Flaminio. Concluso il periodo di noviziato, durato nel suo caso forse meno di un anno, Ricci fu ammesso alla seconda probazione e il 4 aprile del 1579 fu ordinato sacerdote. Secondo un programma orario dei ragionamenti dell’Oratorio, non datato ma riferibile ai primi tempi della comunità filippina, le riunioni si svolgevano da lunedì a venerdì, con l’esclusione del sabato e della domenica. Flaminio Ricci parlava tutti i giorni, tranne il mercoledì; Giovan Francesco Bordini ogni giorno; Angelo Velli nei giorni dispari; Cesare Baronio il martedì, il giovedì e il venerdì; Antonio Talpa il martedì e il giovedì; Germanico Fedeli il lunedì; Giovenale Ancina e Giulio Savioli sermoneggiavano il mercoledì4. Secondo una relazione stesa da Francesco Maria Tarugi, che si riferisce ai primi tempi della convivenza alla Vallicella, agli otto oratori settimanali i padri filippini ne avevano aggiunto un nono, «huomo nostro, ma che non cohabita, il signor Silvio Antoniano, che dice ogni giovedì»5.
Nel 1587 Flaminio Ricci figura con Angelo Velli, Germanico Fedeli e Tommaso Bozio tra i quattro padri deputati eletti con il compito di affiancare il preposito Filippo Neri nell’azione di governo. Quando il cardinale Agostino Valier compose quasi di getto il Philippus, sive de christiana laetitia dialogus, vale a dire il Dialogo della gioia cristiana, che nella finzione letteraria si svolge il 16 agosto 1591, dunque pochi mesi prima della morte di Gregorio XIV, Flaminio Ricci era persona considerata già autorevole dai confratelli della Chiesa Nuova. In tutto erano una quindicina di soggetti, alcuni dei quali già famosi o ritenuti molto dotti: Cesare Baronio, Giovan Francesco Bordini, Alessandro e Germanico Fedeli, Angelo Velli, Francesco Soto de Langa, Tommaso Bozio, Pompeo Pateri, Giulio Savioli, Pietro Peracchione, Antonio Gallonio, Agostino Manni, Giovanni Matteo Ancina, Gian Francesco Bernardi e per l’appunto il fermano Ricci. Due di essi, il romano Bordini (poi inviato nel 1598 a guidare la diocesi di Avignone in sostituzione del Tarugi) e il sorano Baronio, padre della storia ecclesiastica, figurano tra gli autorevoli interlocutori del Dialogo del Valier, testimonianza esemplare della peculiare spiritualità dell’Oratorio e della sua centralità nell’ambiente intellettuale romano6.
Flaminio Ricci visse sobriamente, svolgendo i suoi compiti con umiltà e zelo e rifiutando in più di un’occasione dignità e uffici curiali, che pure gli venivano offerti da prelati e cardinali. Per fare qualche esempio, si apprende da Marciano, storico dell’Oratorio, che nel 1592 declinò l’invito del cardinale Pietro Aldobrandini – discepolo del Neri e nipote di Clemente VIII – di porsi al seguito della sua legazione in Francia. Quando poi in quello stesso anno morì il fratello Giulio, vescovo di Teramo, nella comunità romana si temeva che fosse destinato a succedergli alla guida di quella diocesi, ma da un lato padre Filippo si fece in quattro presso Clemente VIII affinché non gli venisse tolto, dall’altro Flaminio Ricci mostrava apertamente di non gradire il conferimento del vacante vescovado abruzzese. Verso la fine del 1592 Filippo Neri lo inviò tuttavia a Napoli con il compito di seguire da vicino gli affari dell’Oratorio partenopeo e Ricci diventò così per qualche tempo rettore al posto del fondatore Tarugi, che il 9 dicembre era stato formalmente nominato arcivescovo di Avignone. Alla guida della casa napoletana restò fino al 1595, quando padre Filippo, ormai prossimo alla morte, lo fece richiamare invano al suo capezzale da Germanico Fedeli per poterlo rivedere un’ultima volta: «Mi ordinò, quasi nel principio di questa sua infermità, che io scrivesse al p. Flaminio Ricci, mandato da lui a Napoli circa tre anni sonno, che se ne tornasse a Roma, che lo voleva vedere prima che morisse»7. Ricci non riuscì a rispondere all’appello del Padre e incontrò più di una difficoltà a lasciare per tempo Napoli, senza contare che lo stesso arcivescovo Annibale di Capua gli si mise di traverso ritardando il rilascio della licenza. È molto probabile che Flaminio Ricci sia stato trattenuto dall’arcivescovo per questioni connesse all’imminente sinodo, da lui celebrato nel marzo del 1595:

Et replicando detto p. Flaminio, che, se bene haveva desiderio di venire, et ne haveva domandato licentia alli deputati, non di meno, pregato da quei padri di Napoli a indugiare fino a settembre, che l’haverebbe voluntieri consolati, me li fece replicare la secunda volta che, senza altra replica, venisse. Et, trattenuto dall’arcivescovo de Napoli, quale scrisse per farlo restare, me li fece scrivere la terza volta, che lasciando ogni cosa quanto prima, che lo voleva vedere prima che morisse. Nacque un non so che d’impedimento, non venne, et il padre morì il giorno del Corpus Domini, cioè la notte seguente8.

Flaminio Ricci fece rientro a Roma soltanto dopo l’estate di quell’anno. Con la morte del Neri, alla guida dell’Oratorio era subentrato Baronio, che affidò al confratello fermano il ruolo prevalente di confessore della comunità romana. Flaminio Ricci era infatti considerato un buon confessore, sia all’interno dell’Oratorio sia fuori. Tra i suoi penitenti figuravano Camillo Pamphili e Leonardo Parasole9; a testimonianza del profondo legame con Fermo, lo si ricorda anche come direttore spirituale del concittadino Antonio Grassi10. Del Ricci non si conosce una sua deposizione al processo per il Neri. Fu però a sua istanza che si diede seguito all’intrapresa causa per la canonizzazione di padre Filippo11. Con il conferimento del cardinalato al Baronio, reso ufficiale durante il concistoro del 5 giugno 1596, Angelo Velli fu chiamato ad assumere al suo posto la prepositura dell’Oratorio in considerazione delle riconosciute capacità di governo e di un apprezzato senso di concretezza nella gestione degli affari della comunità12. L’austero prenestino si trovò poi costretto a lasciare la carica a Flaminio Ricci (eletto deputato con Pietro Peracchione, Germanico Fedeli e Tommaso Bozio) quando Clemente VIII, dopo l’estinzione della linea diretta degli Estensi, gli chiese di far parte della missione diplomatica incaricata di trattare la devoluzione del Ducato di Ferrara alla Santa Sede. Ricci fu poi eletto preposito della Congregazione nel 1602, conservando questa carica per un paio di mandati consecutivi fino al 1608. Fu presente alla morte di Cesare Baronio (di cui fu anche l’esecutore testamentario), avvenuta nella sua camera alla Vallicella il 30 giugno 1607, dandone notizia al confratello Antonio Talpa, rettore della casa di Napoli, a cui riferì che il transito del cardinale sorano era stato «placidissimo» e «breve», considerato che «in meno di mezza hora se ne passò al Signore»13.
Nel governo della Congregazione Flaminio Ricci operò in sostanziale continuità con l’impostazione conferita da Filippo Neri. D’altra parte, nel dibattito in corso sulla fisionomia dell’Oratorio, Ricci si distinse tra gli interpreti più genuini delle idee di padre Filippo circa la reale organizzazione della Congregazione e per questo fu anche il più severo e irriducibile antagonista di padre Talpa e della corrente napoletana, che si sforzò di contrastare in tutti i modi, in particolare durante gli anni della sua prepositura. Sostenitore convinto dell’indipendenza delle case filippine, impedì che la Congregazione sorta a Fermo per sua iniziativa fosse unita a Roma con le case di Napoli e di S. Severino, come invece avrebbero desiderato alcuni padri della Vallicella. Occorre ricordare che Filippo Neri, considerando l’Oratorio più come un processo che un rigido ordinamento, e assimilandolo perciò a uno strumento organizzativo essenzialmente flessibile, aveva pensato bene di rinviare di anno in anno l’elaborazione delle attese costituzioni. Nel 1583 si giunse a definire una prima bozza di regole, frutto del lavoro comune svolto da Tarugi e Antonio Talpa, sia pure con la costante supervisione di padre Filippo. Bordini si occupò della stesura definitiva del testo in latino, perfezionandolo sul piano stilistico e presentandolo ai confratelli con il titolo di Compendium Constitutionum Congregationis Oratorii. Nel 1588 fu però elaborata una nuova bozza di statuti e dopo la morte del Neri se ne preparò entro il 1597 addirittura una terza, il cui Proemio fu scritto a quattro mani da Agostino Manni e Tommaso Bozio, prova evidente del vivace confronto in corso nell’Oratorio. Manni ebbe poi un ruolo importante nell’elaborazione della successiva e definitiva versione delle costituzioni, a cui si lavorò attivamente a partire dal 1609 e fu infine approvata nel 1612 da Paolo V, che nell’intento di Pietro Consolini, fedelissimo del Santo, doveva essere del tutto aderente alla concezione di Filippo Neri. Flaminio Ricci morì prima della ratifica pontificia e nemmeno figurava tra i componenti della commissione incaricata di elaborare le costituzioni; ciò nonostante, può essere considerato a buon diritto un credibile ispiratore degli statuti filippini14.
Nell’ultimo periodo della sua lunga prepositura, le condizioni di salute di Flaminio Ricci peggiorarono e per tale motivo il padre filippino preferì rientrare nel 1608 a Fermo, città natale da cui non si era mai emotivamente distaccato. Basti pensare alle documentate relazioni conservate negli anni con la sua patria e alla stessa circostanza che lo vide in prima linea nel promuovere il locale Oratorio d’intesa con i nobili concittadini Cesare Paccaroni, Ulpiano Costantini e Giuseppe Savini, la cui fondazione venne ufficializzata il 16 aprile del 1582 dal vescovo Domenico Pinelli, che ne approvò anche gli statuti. L’Oratorio di Fermo costituiva, dopo S. Severino, la seconda casa filippina nelle Marche, a cui fece seguito quella di Camerino. Inizialmente stentò a trovare una sua stabilità e in un primo momento utilizzò i locali di S. Gregorio, per poi essere provvisoriamente trasferito, con l’avvento nel gennaio 1585 del nuovo vescovo Sigismondo Zanettini, presso la confraternita del Santissimo Sacramento in S. Rocco. Tuttavia Ricci si sforzò di reperire, di concerto con i confratelli di Fermo, una sede più idonea per la comunità filippina, che fu in seguito individuata nella locale chiesa di S. Spirito, poi detta di S. Filippo Neri. La concessione di S. Spirito e delle annesse abitazioni alla Congregazione fu ratificata il 24 luglio 1592 con Bolla pontificia15.
L’Oratoriano si occupò direttamente della committenza della nota tela dell’Adorazione dei pastori di Rubens. L’esecuzione del dipinto fu affidata al giovane artista fiammingo nel 1608, come si evince dalla ricca corrispondenza accesa tra Francesco Francellucci, padre superiore della casa di Fermo, e Flaminio Ricci, che si trova conservata nell’Archivio arcivescovile locale. Ricci mostra di apprezzare in modo particolare Rubens e in una lettera iniziale al confratello Francellucci, stesa il 23 febbraio 1608, omettendone il nome e definendolo artista «fiammingo ma da putto allevato in Roma», propone di affidare proprio a lui l’Adorazione dei pastori, destinata alla chiesa fermana di S. Filippo Neri, augurandosi che la maniera pittorica del Maestro incontri il severo gusto iconografico dei padri filippini. Rubens sottoscrisse il contratto il 9 marzo 1608 e dei duecento scudi pattuiti come compenso il padre oratoriano gli fece versare subito un acconto di venticinque scudi: «Io Pietro Paolo Rubenio ho ricevuto dal R. p. Flaminio Ricci, rettore della congregazione dell’Oratorio di Roma, scudi venticinque di moneta. Sono a buon conto ad Arra di un quadro della Natività di N. S.re di altezza di palmi 13 et larghezza 8, per servizio, come egli dice della Chiesa dei Preti dell’Oratorio di Fermo (…)»16. In quei mesi l’artista si trovava presso i padri dell’Oratorio di Roma per ultimare la grandiosa pala dell’altare centrale di S. Maria in Vallicella, considerata dallo stesso fiammingo «senza dubbio oggidì la più celebrata e frequentata chiesa di Roma per essere situata giusto nel centro d’essa et adornata a concorrenza di tutti i più valenti pittori d’Italia»17. L’opera dell’artista fiammingo, conservata oggi nella Pinacoteca civica di Fermo e considerata un capolavoro di valore assoluto, concluse l’esperienza italiana di Rubens, che a fine ottobre sarebbe ripartito per Anversa, accommiatandosi definitivamente dall’Italia18.
Nel 1609 le condizioni di salute di Flaminio Ricci si aggravarono ulteriormente e l’Oratoriano fu costretto a trattenersi definitivamente a Fermo, dove morì l’11 aprile 1610, all’età di sessantaquattro anni19. La sua biografia fu raccolta da Paolo Aringhi ed è rimasta fino a poco tempo fa inedita in Vallicelliana20. Aringhi costituì poi la fonte privilegiata del domenicano Giacomo Ricci, autore di una Breve notizia di alcuni compagni di S. Filippo inserita in appendice alla sua riedizione ampliata della Vita di S. Filippo Neri dell’oratoriano Pier Giacomo Bacci, la cui princeps vide la luce nel 1622, ma quello stesso anno fu riedita «con nuove aggiuntioni dall’istesso autore», per poi conoscere successivamente continui ampliamenti e rimaneggiamenti. L’ampia «aggiunta» del Ricci comprende nell’ordine i profili di Giovenale Ancina, Francesco Maria Tarugi, Cesare Baronio, Angelo Velli, Flaminio Ricci, Pietro Consolini, Alessandro Fedeli, Tommaso e Francesco Bozio (presentati in una biografia comune), Giulio Savioli, Antonio Gallonio, Giovanni Matteo Ancina, Agostino Manni e Nicolò Gigli. Un capitolo conclusivo è poi dedicato ai più virtuosi «fratelli laici contemporanei di S. Filippo», vale a dire Bernardino Corona (penitente di padre Filippo e uomo di fiducia del cardinale Guglielmo Sirleto), Giovan Battista Guerra (architetto ‘miracolato’ dal Neri), Battista Flores (detto ‘il Taciturno’ da Silvio Antoniano), Taddeo Landi (operoso artigiano assai caro al Baronio), Giuliano Macaluffi (penitente di Angelo Velli, poi al seguito di Clemente VIII durante la missione ferrarese per la devoluzione del Ducato), Egidio Calvelli (anch’egli sotto la guida spirituale del Velli) e un cuoco non identificato in servizio al tempo di Filippo Neri (di cui Ricci aveva però sentito dire un gran bene dal Consolini, memoria storica della Chiesa Nuova)21.

Fonti

  • Paolo Aringhi (et alii), Le vite e detti de’ padri e fratelli della Congregatione dell’Oratorio. Da s. Filippo Neri fondata nella chiesa di S. Maria in Vallicella …, 3 v., Roma, Biblioteca Vallicelliana, mss. O 58, O 59, O 60: ms. O 58, ff. 420-438 (in due redazioni).
  • [Paolo Aringhi], Le vite, e detti de padri, e fratelli della Congregazione dell’Oratorio da s. Filippo Neri fondata nella Chiesa di S. Maria in Vallicella raccolti da Paolo Aringhi Prete della detta Congregatione e da Altri, 2 v., editi e annotati da Maria Teresa Bonadonna Russo, con la collaborazione di Renato De Caprio, Edizioni Oratoriane, Roma 2018-2020 (i 2 volumi finora usciti corrispondono alla prima delle tre parti dell’opera).
  • Mario Borrelli (a cura di), Memorie baroniane dell’Oratorio di Napoli, in A Cesare Baronio. Scritti vari, a cura di Filippo Caraffa, Tipografia Editrice M. Pisani, Sora 1963, pp. 97-222.
  • Mario Borrelli (a cura di), Le testimonianze baroniane dell’Oratorio di Napoli, Lithorapid, Napoli 1965, pp. 382, 471, 494, 531, 532, 577, 591, 823, 824, 866, 919.
  • Mario Borrelli (a cura di), Le costituzioni dell’Oratorio napoletano, Congregazione dell’Oratorio, Napoli 1968.
  • Antonio Gallonio, Vita di San Filippo Neri, pubblicata per la prima volta nel 1601. Edizione critica a cura dell’Oratorio Secolare di S. Filippo Neri di Roma, a celebrazione del IV centenario della morte del Santo, con introduzione e note di Maria Teresa Bonadonna Russo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 1995, pp. 193, 223, 299 e note.
  • Il primo processo per san Filippo Neri nel codice vaticano latino 3798 e in altri esemplari dell’Archivio dell’Oratorio di Roma, edito e annotato da Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian, con la collaborazione di Carlo Gasbarri, 4 v., Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1957-1963 [I: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1595, 1957; II: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1596-1609, 1958; III: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1610. Testimonianze «extra urbem»: 1595-1599, 1960; IV: Regesti del secondo e terzo processo. Testimonianze varie. Aggiunte e correzioni alle note dei volumi I-III. Indice generale, 1963], vol. IV, p. 386 (Indice generale).
  • Giovanni Marciano, Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio, nelle quali si dà ragguaglio della fondatione di ciascheduna delle Congregationi fin’hora erette, e de’ Soggetti più cospicui che in esse hanno fiorito, 5 v., in Napoli, per il De Bonis stampatore arcivescovale, 1693-1702, vol. I, 1693, pp. 530-541 (lib. V, cap. IX, «Breve ragguaglio della vita e virtù del Padre Flaminio Ricci Preposto della Congregatione dell’Oratorio»).
  • Giacomo Ricci, Breve notizia di alcuni compagni di S. Filippo, in Vita di S. Filippo Neri fiorentino fondatore della Congregatione dell’Oratorio. Scritta già dal p. Pietro Giacomo Bacci prete dell’istessa Congregatione. Hor’accresciuta di molti fatti e detti dell’istesso Santo, cavati da i Processi della sua canonizatione. Con l’aggiunta d’una breve notitia di alcuni suoi compagni. Per opera del m. rev. p. maestro f. Giacomo Ricci dell’ordine di S. Domenico …, in Torino, per Bartolomeo Zappata, 1676 [I ed. Ricci: «in Roma, appresso Francesco Tizzoni, 1672»], II parte (numerazione propria), pp. 1-272: 96-110 («Del padre Flaminio Ricci»).
  • [Giacomo Ricci], Brevi notizie de’ padri Alessandro Fedeli, Angelo Velli, Tommaso e Francesco Bozio, Niccolo’ Gigli, Giulio Savioli, Antonio Gallonio, Agostino Manni, Flaminio Ricci, compagni di S. Filippo, in Torino, per Francesco Antonio Mairesse all’insegna di S. Teresa di Gesù, 1758.

Bibliografia

  • Generoso Calenzio, La vita e gli scritti del cardinale Cesare Baronio della Congregazione dell’Oratorio, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Tipografia Vaticana, Roma 1907.
  • Antonio Cistellini, Introduzione, in Agostino Valier, Il dialogo della gioia cristiana, a cura di Antonio Cistellini, prefazione di Nello Vian, Editrice La Scuola, Brescia 1975, pp. XIII-LXXXI: XXXV, LXIV.
  • Antonio Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, prefazione di Carlo Maria Martini, 3 v., Morcelliana, Brescia 1989, vol. III, pp. 2395-2396 (Indice dei nomi di persona).
  • Flavia Emanuelli (a cura di), La Congregazione dell’Oratorio di san Filippo Neri nelle Marche del ‘600. Atti del Convegno di studi, Fano, 14-15 ottobre 1994, Nardini, Fiesole 1997.
  • Giuseppe Finocchiaro (a cura di), I libri di Cesare Baronio in Vallicelliana, Biblioteca Vallicelliana, Roma 2008, pp. 24, 29, 216.
  • Giuseppe Finocchiaro, Vallicelliana segreta e pubblica. Fabiano Giustiniani e l’origine di una biblioteca ‘universale’, Olschki, Firenze 2011, pp. 104-106, 110.
  • Carlo Gasbarri, L’Oratorio romano dal Cinquecento al Novecento, Arti Grafiche D’Urso, Roma 1963 1962, p. 150.
  • Marco Impagliazzo, Le costituzioni dell’Oratorio filippino: il dibattito sulla fisionomia della Congregazione (1575-1612), in “Ricerche di storia sociale e religiosa”, 18, 1989, pp. 159-178.
  • Michael Jaffé, Peter Paul Rubens and the Oratorian Fathers, in “Proporzioni”, 1963, 4, pp. 209-241.
  • Anna Lo Bianco (a cura di), Rubens. Adorazione dei pastori, Marsilio, Venezia 2015 (Mostra tenuta a Milano nel 2015-2016).
  • Giulio Sodano, Ricci, Flaminio, in DBI, vol. 87.
  • Stefano Zen, Filippo Neri e le «historie ecclesiastiche» di Baronio, in Paola Paesano (a cura di), Filippo Neri. Un santo dell’età moderna nel V centenario della nascita (1515-2015). Atti del Convegno di studi, Roma, Biblioteca Vallicelliana, 16-17 settembre 2015, Pliniana, Roma-Selci (PG) 2018, pp. 221-254: 223, 241.
  • Stefano Zen, Baronio e il suo tempo. Storia sacra, politica e religione nell’Europa moderna, Centro di Studi Sorani «Vincenzo Patriarca», Sora 2021, Indice dei nomi (di prossima pubblicazione).

Voci correlate

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione trasversale Oratorio e Congregazione oratoriana: storia, spiritualità, politica culturale, dedicata all’Oratorio sorto per iniziativa di Filippo Neri, che da libero sodalizio conobbe nell’arco di un quarto di secolo una sua graduale evoluzione fino alla sua istituzionalizzazione nel 1575 (quando papa Gregorio XIII decise per decreto di costituire la Congregazione oratoriana), con l’obiettivo di costruire un repertorio di voci inerente non soltanto ai padri e ai fratelli laici che entrarono stabilmente nell’Oratorio filippino, ma allargato significativamente alle opere prodotte e diffuse dall’operoso laboratorio oratoriano, ai luoghi della Congregazione, alle personalità più o meno note che si riconobbero nella sua politica culturale, partecipando attivamente alle varie iniziative promosse e in particolare agli esercizi spirituali, considerati il nucleo pulsante del programma filippino.

Article written by Stefano Zen | Ereticopedia.org © 2021

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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