Ricci, Giacomo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Giacomo Ricci, al secolo Lorenzo (Roma, 10 agosto 1624 – Roma, 9 agosto 1703), domenicano del convento della Minerva, è stato segretario della Congregazione dell’Indice, professore di teologia alla Sapienza e procuratore generale dell’Ordine; in stretto rapporto con l’Oratorio romano, fece uscire nel 1672 un’edizione ampliata della Vita del beato Filippo Neri di Pietro Giacomo Bacci, contenente in appendice una serie di biografie di padri e fratelli laici della prima generazione filippina.

Biografia

Era nato a Roma il 10 agosto 1624 da Prospero, un ricco commerciante di stoffe originario di Dongo, nel Comasco, e dalla bergamasca Veronica Cavalieri. Il padre si era trasferito nell’Urbe con il fratello Donato intorno alla fine del Cinquecento e i due avevano fatto fortuna durante il pontificato di Urbano VIII, asceso al soglio pontificio nel 1623, quando tra i loro clienti potevano esibire i nipoti del citato papa Barberini, la Fabbrica di San Pietro e diversi dicasteri della Curia romana. Nell’estate del 1644, con la morte del Barberini, i due fratelli «setaroli» lasciarono il commercio e gli affari per andare a vivere con la famiglia in un palazzetto nobiliare situato in via Giulia.
Tra i fratelli di Giacomo spicca il futuro cardinale e autorevole teologo Michelangelo Ricci, nato nel gennaio del 1619, frequentatore dell’Oratorio di S. Maria in Vallicella e assai attivo nelle congregazioni curiali, tanto da ricoprire presto, su proposta del cardinale Lorenzo Raggi (11 gennaio 1656), l’ambito ruolo di consultore della Congregazione dell’Indice; il 4 dicembre 1666 fu poi nominato qualificatore del Sant’Uffizio, giurando come suo consultore il 9 febbraio dell’anno seguente. Con l’elezione di Clemente IX Rospigliosi, fu destinato all’ufficio di segretario della neocostituita Congregazione per le indulgenze e le sacre reliquie, sorta il 6 luglio 1669, che raccoglieva l’eredità, ampliandola, del dicastero delle indulgenze istituito sul finire del Cinquecento da Clemente VIII Aldobrandini. Michelangelo coltivò anche profondi interessi nel campo della matematica, ove ebbe probabilmente come primo maestro Benedetto Castelli e fu poi in rapporti stretti con Evangelista Torricelli, con i galileiani ‘romani’ Antonio Nardi e Raffaello Magiotti, con i lincei Cassiano Dal Pozzo e Francesco Stelluti, senza dimenticare la breve ma intensa frequentazione di Marin Mersenne durante il suo soggiorno nell’Urbe tra il 1644 e il 1645, che contribuì a predisporre Ricci alla ricezione di Cartesio1.
Della figliolanza di Prospero Ricci si ricordano, inoltre, Girolamo, la cui unica figlia, Margherita, nel 1667 andò in sposa a un nipote del cardinale Cesare Rasponi; Filippo, unitosi in matrimonio con Anna Maria Orsini, appartenente all’importante e antica famiglia romana; Giovanni, dei frati minori osservanti, lettore di teologia nelle istituzioni educative dell’Ordine e autore di un raro e poco noto trattato sulle implicazioni logico-matematiche della produzione di Giovanni Duns Scoto, stampato nel 1650 – anno della sua morte – a Pavia, a cui anche il fratello Michelangelo aveva in parte contribuito2; Francesco Antonio, esponente del medesimo ramo riformato, che dal 1655 fu consultore della Congregazione dell’Indice e nel 1664 fu nominato vescovo di Bisceglie. Giulia, unica sorella di Giacomo Ricci, andò in moglie nel 1642 al facoltoso banchiere comasco Francesco Parravicini, molto legato a Benedetto Odescalchi, futuro Innocenzo XI, il quale, divenuto papa il 21 settembre 1676, ebbe in Michelangelo Ricci – da lui nominato cardinale il 1° settembre del 1681 e di lì a poco, il 17 novembre, cardinale inquisitore – uno dei suoi più competenti e fidati consiglieri3.
Giacomo Ricci prese i voti dopo il 1640, indossando l’abito domenicano nel convento della Minerva; successivamente, si recò a Viterbo e a Perugia, dove la sua presenza è documentata nel 1647, per approfondire lo studio della teologia. Da Giovanni Battista De Marinis, generale dell’Ordine, ottenne il titolo di magister e svolse attività di docente nei conventi di S. Marco a Firenze (1654) e della Minerva a Roma, dove ricoprì anche la carica di priore (1663). Ad istanza del cardinale Francesco Barberini, tenne per alcuni anni corsi di teologia all’Oratorio romano rivolti agli aspiranti sacerdoti, il che contribuiva a consolidare i legami di vecchia data con la Congregazione filippina. Fino ai primi anni Quaranta era stato infatti penitente dell’oratoriano Francesco Bozio, collaboratore di Cesare Baronio durante la revisione degli Annales Ecclesiastici e fratello del più noto Tommaso, confutatore di Machiavelli e teorico dell’ordine ecclesiastico, conservando poi nel tempo ottimi rapporti con i padri della Chiesa Nuova4.
Durante il pontificato di Alessandro VII Chigi, nel 1664, fu offerta a Giacomo Ricci la sede vescovile di Bisceglie, ma il suo rifiutò spianò la strada all’investitura del fratello Francesco Antonio, di cui si diceva un gran bene tra gli osservanti riformati. Nel 1668 fu designato esaminatore del clero diocesano dall’anziano cardinale veliterno Marzio Ginetti, in passato vicario di Urbano VIII, e nel dedicarsi a questo delicato ufficio compose anche una Brevis instructio pro iis qui promovendi sunt ad ordines et ad animarum curam, conservata manoscritta a Roma nell’Archivio domenicano della Minerva5. In questo periodo Mariano Sozzini, già padre deputato nel governo dell’Oratorio e poi suo preposito dal 1665 al 1676, lo introdusse ai tesori archivistici della Congregazione e gli permise di consultare i processi di canonizzazione di Filippo Neri per ricavarne nuove notizie. Gli esiti delle indagini archivistiche e il legame di stima e amicizia coltivato con i padri oratoriani, in particolare con il senese Sozzini, lo spinsero ad ampliare la fortunata Vita del beato Filippo Neri dell’aretino Bacci, elaborata per la canonizzazione del Padre e pubblicata per la prima volta nel 1622, anno del solenne evento, che apparve tempestivamente anche in forma di compendio, mentre fu necessario attendere oltre un ventennio per la sua traduzione latina6.
La nuova edizione del Bacci, uscita nel 1672 a cura di Giacomo Ricci e accresciuta fino a comprendere una raccolta di biografie di padri e fratelli del periodo di Filippo Neri, fu ultimata negli anni in cui il teologo domenicano collaborava alacremente con la Congregazione dei Riti. In tale contesto potrebbe collocarsi anche l’anonima e oscura Epitome singularium gestorum S. Ludovici Bertrandi Valentini Ordinis Praedicatorum, segnalata comunemente negli antichi repertori degli scrittori domenicani, ove si dice compilata e pubblicata a Roma nel 1671 dal Ricci7. Seguendo le orme dello stimato fratello Michelangelo, fu sempre molto attivo negli ambienti romani e la sua milizia curiale conobbe un’impennata proprio negli anni Settanta: dal 1670 divenne consultore in diverse congregazioni e il 21 maggio 1676, alla morte di Tommaso Camotti, Clemente X Altieri gli affidò il prestigioso incarico di segretario della Congregazione dell’Indice8. Incarico che Ricci svolse con zelo e applicazione, impegnandosi a fondo nel compito non agevole di contrastare le consuete pretese di supremazia del Sant’Uffizio sull’Indice, che risultavano evidenti specialmente in sede di applicazione dei suoi decreti di condanna, i quali, per essere formalmente recepiti dalle strutture periferiche dell’Inquisizione, dovevano poter esibire la preventiva autorizzazione, a livello centrale, del Sant’Uffizio9.
La serrata azione di Ricci fece sì che l’Indice dei libri proibiti potesse finalmente spedire i propri decreti, con la sola eccezione di Genova, ovunque e in piena autonomia, senza però riuscire a incidere sullo spirito di soggezione che ancora condizionava l’operato della sua Congregazione rispetto al Sant’Uffizio. Assai propositivo sul piano della censura libraria, si deve alla sua ferma volontà la stesura di numerosi decreti cumulativi di condanna che colpirono particolarmente quegli autori, come Montaigne, Paolo Sarpi, Hermann Conring, Giovan Battista Marino e Traiano Boccalini, la cui produzione era caduta in forte sospetto presso i censori curiali, oppure sembrava incompatibile con la dottrina di Chiesa o semplicemente rientrava nell’ambito dell’atomismo e del libertinismo erudito, del quietismo, del gallicanesimo e finanche del giansenismo, che invece aveva trovato proprio in Michelangelo Ricci un teologo più tollerante e ben disposto a certificare l’ortodossia di alcune sue opere, per esempio La perpétuité de la foy de l’Église catholique touchant l’Eucharistie di Antoine Arnauld e Pierre Nicole. Il teologo domenicano propose, inoltre, di aggiornare gli Indici pubblicati più di recente, da Alessandro VII (1664, 1665, 1667) a Clemente X (1670), propiziando e poi realizzando la stampa del nuovo Indice di Innocenzo XI, in cui lo stesso Ricci – nella concisa lettera al lettore – illustrava la scelta redazionale di aggiungere la notazione «I Cl.» agli autori inclusi nella prima classe di libri proibiti10.
Eletto l’11 maggio 1680, in S. Maria Novella a Firenze, priore della provincia romana sia pure con qualche dissenso, Giacomo Ricci assunse la decisione di separare da essa i conventi domenicani di S. Marco di Firenze, Fiesole, S. Miniato e, più tardi, Montepulciano, accogliendo in tal senso il suggerimento del fido collaboratore Tommaso Betti, che in seguito ricoprirà il suo ruolo. Riconfermato in questo ufficio per un altro biennio da Innocenzo XI (sempre ben disposto a favorire i fratelli Ricci), alla scadenza del mandato, il 12 aprile 1684, fu promosso da papa Odescalchi procuratore generale dell’Ordine, succedendo così a Tommaso Maria Ruffo. Fu poi confermato nella carica il 22 settembre 1687, conservandola fino alla morte. Il 15 aprile del 1684 aveva invece lasciato l’ambito incarico di segretario dell’Indice, che fu assegnato al confratello Giulio Maria Bianchi, continuando tuttavia a collaborare occasionalmente con la Congregazione. Dal 1684 al 1702 ricoprì per quasi vent’anni l’insegnamento di teologia alla Sapienza di Roma11. Morì alla Minerva il 9 agosto 1703, quasi allo scoccare del suo settantanovesimo compleanno, e il giorno dopo le spoglie del teologo domenicano furono tumulate nella chiesa del convento, davanti all’altare del Santo fondatore.

L’edizione ampliata della Vita del beato Filippo Neri di Pietro Giacomo Bacci

Il successo editoriale della biografia filippina del Bacci, di rara efficacia pedagogica e di straordinario impatto emotivo, si può considerare eccezionale e duraturo, se si pensa che l’opera – finanziata dalla Congregazione per promuovere a tutto campo il mito del Santo fondatore – superò il considerevole traguardo del centinaio di edizioni, attraversando tre lunghi secoli e giungendo fino al Novecento. Apparsa, come si è detto, nel 1622, la Vita del Neri fu ristampata quello stesso anno «con nuove aggiuntioni dall’istesso autore»12. Le numerose edizioni successive alla princeps, e precedenti al significativo ampliamento di Giacomo Ricci, costituiscono una prova evidente della sua straordinaria fortuna editoriale. Basti pensare, a solo titolo di esempio, alle seguenti stampe: Palermo e Verona 1624, Roma 1625, Venezia 1628, Roma 1631, 1636 e 1642, Venezia 1645, Roma 1646 e 1650, Bologna e Torino 1659, Macerata 1663, Bologna 1666, Macerata 1669 e 167113.
Nel 1672 apparve la riedizione curata da Ricci, «accresciuta di molti fatti e detti dell’istesso Santo» e con un’«aggiunta» finale – una sorta di appendice – intitolata Breve notizia di alcuni compagni di S. Filippo, destinata a divenire anch’essa un cardine della già copiosa bibliografia filippina14. Filologicamente fondata sulla documentazione dell’archivio dell’Oratorio, e in particolare sull’ampia e inedita raccolta di biografie messa insieme dal filippino Paolo Aringhi15, l’«aggiunta» del Ricci alla Vita di S. Filippo Neri comprendeva una testimonianza di Francesco di Sales a favore della beatificazione di Giovenale Ancina e le vite dei padri Francesco Maria Tarugi, Cesare Baronio, Angelo Velli, Flaminio Ricci, Pietro Consolini (più ampia delle altre e largamente dipendente da quella dell’Aringhi), Alessandro Fedeli, Tommaso e Francesco Bozio (presentate insieme), Giulio Savioli, Antonio Gallonio, Giovanni Matteo Ancina, Agostino Manni e Nicolò Gigli. A mo’ di conclusione, il teologo domenicano stese anche un capitolo dedicato ad alcuni tra i più virtuosi «fratelli laici contemporanei di S. Filippo», vale a dire il romano Bernardino Corona (penitente di padre Filippo e uomo di fiducia del cardinale Guglielmo Sirleto), il modenese Giovan Battista Guerra (stimato architetto, ‘miracolato’ dal Neri), il comasco Battista Flores (detto ‘il Taciturno’ da Silvio Antoniano), il fiorentino Taddeo Landi (operoso falegname assai benvoluto dal Baronio) e un cuoco non identificato in servizio al tempo di Filippo Neri (di cui Ricci aveva sentito parlare molto bene dalla viva voce di padre Consolini, memoria storica della Vallicella); erano invece personalmente noti al Ricci sia Giuliano Maccaluffi di Forlì, penitente di Angelo Velli e al seguito di Clemente VIII durante la missione pontificia per la devoluzione del ducato di Ferrara, sia Egidio Calvelli di Cingoli, anch’egli sotto la guida spirituale del Velli, che con Corona e Maccaluffi formava il terzetto dei laici di casa più vicini a padre Filippo. Nella Breve notizia di alcuni compagni di S. Filippo si avverte un palpabile disinteresse per l’attività intellettuale dei padri oratoriani e in generale per l’impegno culturale della Congregazione, di cui si esalta invece l’ideale filippino di perfezione cristiana con i suoi intensi esercizi spirituali, ma ciò non le impedì di costituire un modello per gli autori successivi e lo stesso Giovanni Marciano se ne servì ampiamente nella stesura delle Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio16.
Dal 1676 al 1879 la fortunata biografia del Bacci subì ulteriori ampliamenti e continui rimaneggiamenti, imponendosi per lungo tempo come un testo di riferimento nella cospicua bibliografia filippina. Sulla sua scia, anche la Breve notizia del Ricci ebbe numerose edizioni, sempre in coda alla biografia del Santo o al suo compendio, e a metà Ottocento conobbe perfino una traduzione inglese17.

Opere digitalizzate

  • Vita del B. Filippo Neri fiorentino fondatore della Congregatione dell’Oratorio. Raccolta da’ processi fatti per la sua canonizatione da Pietro Iacomo Bacci Aretino prete della medesima Congregatione, in Roma, appresso Andrea Brugiotti, nella stamperia di Pietro Discepolo, 1622: [Google Books]
  • Vita di S. Filippo Neri fiorentino fondatore della Congregatione dell’Oratorio. Scritta già dal p. Pietro Giacomo Bacci … Hor’accresciuta di molti fatti e detti dell’istesso Santo, cavati da i Processi della sua canonizatione. Con l’aggiunta d’una breve notitia di alcuni suoi compagni. Per opera del … f. Giacomo Ricci dell’ordine di S. Domenico …, in Torino, per Bartolomeo Zappata, 1676: [Google Books]
  • Index librorum prohibitorum Innocentii XI Pontificis Maximi iussu editus], Romae, ex Typographia Rev. Cam. Apost., 1681 (contiene: «F. Iacobus Riccius Ord. Praedicatorum Sac. Cong. Indicis Secretarius. Catholico lectori», p. XXIII): [Google Books]
  • Index librorum prohibitorum Innocentii XI Pontificis Maximi iussu editus, Romae, ex Typographia Rev. Cam. Apost., 1683 (contiene: «F. Iacobus Riccius Ord. Praedicatorum Sac. Cong. Indicis Secretarius. Catholico lectori», p. XX): [Google Books]

Fonti e bibliografia

  • Francesco Bustaffa, Comaschi a Roma in età innocenziana, in Autori Vari, Gli Odescalchi a Como e Innocenzo XI. Committenti, artisti, cantieri, NodoLibri, Como 2012, pp. 163-171: 168-171.
  • Francesco Bustaffa, Innocenzo XI e Michelangelo Ricci, in Innocenzo XI Odescalchi. Papa, politico, committente, a cura di Richard Bösel, Antonio Menniti Ippolito, Andrea Spiriti, Claudio Strinati e Maria Antonietta Visceglia, Viella, Roma 2014, pp. 57-74.
  • Giuseppe Catalani, De secretario Sacrae Congregationis Indicis libri duo …, Romae, typis Antonii Fulgoni apud S. Eustachium, 1751, pp. 116-118.
  • Antonio Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, prefazione di Carlo Maria Martini, 3 v., Morcelliana, Brescia 1989, vol. I, pp. 2-3, nota 5.
  • Vincenzo Lavenia, Ricci, Lorenzo, in DBI, vol. 87 (2016).
  • Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1701-1813: M-Z, herausgegeben von Hubert Wolf, vol. II, Schöningh, Paderborn 2010, pp. 1079-1082.
  • Jacques Quétif - Jacobus Echard, Scriptores Ordinis Praedicatorum recensiti …, 2 v., Lutetiae Parisiorum, apud J.-B. Christophorum Ballard et Nicolaum Simart, 1719-1721, vol. II, 1721, p. 762.
  • Herman H. Schwedt, Die Römische Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1601 bis 1700, Herder, Freiburg 2017.
  • Stefano Zen, La Vita del beato Filippo Neri (1622) di Pietro Giacomo Bacci: genesi e fortuna di un modello agiografico, in Parole, immagini e situazioni, a cura di Giorgio Pannunzio e Ivan Pozzoni, vol. VI, Limina mentis, Villasanta (MB) 2018, di imminente pubblicazione.

Voci correlate

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione trasversale Oratorio e Congregazione oratoriana: storia, spiritualità, politica culturale, dedicata all’Oratorio sorto per iniziativa di Filippo Neri, che da libero sodalizio conobbe nell’arco di un quarto di secolo una sua graduale evoluzione fino alla sua istituzionalizzazione nel 1575 (quando papa Gregorio XIII decise per decreto di costituire la Congregazione oratoriana), con l’obiettivo di costruire un repertorio di voci inerente non soltanto ai padri e ai fratelli laici che entrarono stabilmente nell’Oratorio filippino, ma allargato significativamente alle opere prodotte e diffuse dall’operoso laboratorio oratoriano, ai luoghi della Congregazione, alle personalità più o meno note che si riconobbero nella sua politica culturale, partecipando attivamente alle varie iniziative promosse e in particolare agli esercizi spirituali, considerati il nucleo pulsante del programma filippino.

Article written by Stefano Zen | Ereticopedia.org © 2018

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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