Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Bernardino de Tovar (Toledo, c. 1490 – post 1545?) è stato un ecclesiastico e umanista spagnolo, appartenente a una famiglia di conversos colta e ben inserita. Fratellastro, per parte di madre, di Juan, di Francisco e di Isabel de Vergara, una formazione segnata dall’erasmismo, che lo portò a muoversi presto in quell’area ambigua e sfuggente dove il desiderio di rinnovamento religioso veniva immediatamente percepito come indizio di eterodossia.
Si formò dapprima ad Alcalá e poi, dal 1510, a Salamanca, dove entrò in contatto con la mistica Francisca Hernández, al centro di un piccolo cenacolo di giovani chierici ansiosi di sperimentare vie nuove di ascesi e di comunione con Dio. L’Inquisizione aveva già colto il pericolo e nel 1519 proibì qualsiasi relazione con lei, ma Tovar non interruppe immediatamente quel legame: mantenne con la beata una corrispondenza che proseguì fino al 1522, segno della forza di un vincolo spirituale che sfidava apertamente il controllo inquisitoriale. Solo allora, su pressione del fratello Juan, accettò di abbandonare Salamanca e di rientrare ad Alcalá. Fu qui che trovò un nuovo punto di riferimento in María de Cazalla, capace di incanalare la sua inquietudine religiosa in una forma di pietà meno visionaria e più sorretta da letture bibliche e da un erasmismo critico verso le pratiche esteriori della Chiesa. Se Francisca gli aveva offerto un’esperienza intensa e personalissima, María rappresentava per lui la possibilità di una religiosità più colta e militante, inserita nei circuiti culturali di Guadalajara e in dialogo con le tensioni del tempo.
Nel 1525, quando l’ammiraglio Fadrique Enríquez organizzò la missione dei cosiddetti “apóstoles” per rinnovare spiritualmente i suoi domini di Medina de Rioseco, il nome di Tovar comparve tra i possibili predicatori. Egli però si tenne prudentemente lontano, diffidando del principale promotore, Juan López de Celaín. Preferì rimanere ad Alcalá, a curare la ricca biblioteca di famiglia, circondandosi di più giovani chierici che guardavano a lui come a un maestro. La sua autorità derivava non tanto da un sistema dottrinale preciso quanto da un atteggiamento: il rifiuto delle devozioni esteriori, il disprezzo delle indulgenze, l’ammirazione per la semplicità delle comunità cristiane primitive.
Intessé rapporti con figure centrali della rete erasmiana e proto-riformata: Juan de Valdés, Alonso Ruiz de Virués, l’editore Miguel de Eguía. Lo stesso Erasmo fu informato della sua attività e ne apprezzò il talento. Ma la sua crescente influenza non passò inosservata. Nel 1529 l’Inquisizione cominciò a indagare sul suo presunto “luteranesimo”. Nel tentativo di difendersi, Tovar accusò la Hernández, che a sua volta lo coinvolse in un intrico di imputazioni: lo presentò come alumbrado, erasmista e perfino luterano fin dagli anni precedenti, con accuse contraddittorie che però bastarono a farlo arrestare nel settembre 1530.
In carcere continuò a mantenere un filo di corrispondenza con il fratello Juan, segretamente trasmessa. Quando le lettere furono intercettate, nell’aprile 1533, l’Inquisizione colpì anche Juan, che pochi mesi dopo fu incarcerato. Il 21 dicembre 1535 questi fu condannato a un’umiliante abiura de vehementi e auna pena detentiva, mentre il processo contro Bernardino rimase sospeso per anni. Fu riaperto soltanto nel 1541, e non se ne conoscono gli esiti precisi: è verosimile che sia stato obbligato ad abiurare e a subire una pena analoga a quella del fratello. Non si conserva il processo inquisitoriale a suo carico. Informazioni indirette provengono dal processo a Juan de Vergara e dalle deposizioni di Francisca Hernández.
La vicenda di Tovar riflette la parabola di un’intera generazione di chierici erasmiani: protetti in un primo momento dal prestigio delle loro famiglie e da un certo margine di tolleranza, finirono progressivamente travolti dall’inasprimento inquisitoriale. La sua figura rimane avvolta nell’incertezza – le carte processuali non si conservano – ma il suo ruolo di mediatore, capace di attrarre e orientare un’intera rete di spirituali, ne fa uno degli interpreti più significativi del primo alumbradismo castigliano.
Bibliografia
- Marcel Bataillon, Érasme et l’Espagne, a cura di Daniel Devoto, 3 voll., Droz, Genève 1991.
- J. Goñi, Tovar, Bernardino, in DHEE, vol. IV, pp. 2587-2592.
- Milagros Ortega Costa, Proceso de la Inquisición contra María de Cazalla, Fundación Universitaria Española, Madrid 1978.
- Ángela Selke, El Santo Oficio de la Inquisición. Proceso a Fr. Francisco Ortiz, Guadarrama, Madrid 1968.
Voci correlate
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]