Rebiba, Scipione

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Scipione Rebiba (San Marco d'Alunzio, 3 febbraio 1504 – Roma, 23 luglio 1577) è stato un cardinale ed inquisitore.

Biografia

Si laureò in utroque iure a Palermo.
Si trasferì a Roma nel 1536, iniziò subito a collaborare con il cardinal Carafa, di cui divenne uomo di fiducia.
Carafa gli affidò il governo della diocesi di Chieti e quindi di Napoli, di cui egli era titolare.
Nel 1551 Giulio III lo nominò vescovo di Mottola.
L'elezione di Paolo IV nel maggio 1555, diede slancio alla carriera di Rebiba, che fu nominato cardinale il 20 dicembre 1555 e incluso tra i membri del Sant'Uffizio.
Nel 1556 Rebiba fu nominato anche vescovo di Pisa, malgrado l'opposizione di Cosimo de' Medici.
Paolo IV lo inviò quindi legato a Filippo II a Bruxelles ma lo richiamò mentre era ancora in viaggio per il deterioramento dei rapporti tra papa Carafa e gli Spagnoli.
All'avvento al pontificato di Pio IV il Rebiba subì le conseguenze della persecuzione contro i Carafa e i loro sodali. Fu imprigionato, processato e quindi rilasciato.
Ritiratosi a vita privata, riprese un autorevole posto in Curia con l'elezione di Pio V, che lo reinserì a pieno titolo nella Congregazione di Sant'Uffizio con un ruolo di spicco; in seguito nel 1573 Gregorio XIII lo nominò inquisitore maggiore. Morì nel 1577.

Bibliografia

  • Elena Bonora, Rebiba, Scipione, in DBI, vol. 86 (2016).
  • Paolo Portone, Rebiba, Scipione, in DSI, vol. 3, pp. 1303-1304.
  • Basilio Rinaudo, Salvatore Miracola, Il Cardinale Scipione Rebiba (1504-1577). Vita e azione pastorale di un vescovo riformatore, L'Ascesa, Patti 2007.
  • Herman H. Schwedt, Die Anfänge der Römischen Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1542 bis 1600, Herder, Freiburg 2013, pp. 214-215.

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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