Machiavelli, Niccolò

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Niccolò Machiavelli (Firenze, 3 maggio 1469 – Firenze, 21 giugno 1527) è stato un diplomatico, letterato, storiografo e filosofo della politica.

Biografia

Figlio di Bernardo Machiavelli e Bartolomea de’ Nelli, la sua era una famiglia di notabili appartenenti al "popolo", cioè a un ceto medio-borghese orientato alle professioni liberali e alle attività amministrative. Ricevette una formazione prevalentemente latina. In giovinezza studiò approfonditamente il De rerum natura di Lucrezio. Avvicinatosi ai gruppi aristocratici che si opponevano a Savonarola, alla caduta del frate (1498) fu nominato segretario della seconda cancelleria. Dal luglio 1500 al gennaio 1501 compì una missione in Francia. Nel giugno 1502 e dall'ottobre 1502 al gennaio 1503 fu in missione presso Cesare Borgia, detto il Valentino, duca di Urbino. Da ottobre a dicembre 1503 seguì a Roma il conclave che elesse papa Giulio II. Da gennaio a marzo 1504 svolse una seconda missione in Francia, Tra la fine del 1507 e i primi mesi del 1508 fu inviato in missione presso l'imperatore Massimiliano dal gonfaloniere Piero Soderini (eletto nel 1502, e subito legatosi a Machiavelli da un rapporto di proficua collaborazione). Dall'esperienza scaturì il Rapporto delle cose della Magna. Segretario dal 1507 anche della nuova magistratura dei Nove preposta all'organizzazione delle milizie fiorentine e agli affari militari, organizzò quindi l'assedio di Pisa, riconquistata nel giugno 1509. Nel novembre-dicembre 1509 fu di nuovo in missione presso l'imperatore, a Verona, mentre questi stava conducendo l'offensiva contro Venezia. Seguirono una terza missione in Francia, dal giugno all'ottobre del 1510 (al ritorno della quale stese i Ritratti delle cose di Francia), ed una quarta, dal settembre all'ottobre 1511, mentre nel novembre 1511 fu a Pisa in missione presso i cardinali scismatici da Giulio II. L'entrata in Toscana nell'estate 1512 degli Spagnoli non lasciò scampo alla Repubblica fiorentina, che capitolò all'inizio di settembre.
Tornati al potere i Medici, Machiavelli tentò di cattivarseli, ma dopo la congiura Capponi-Boscoli (settembre 1512) fu arrestato e torturato. Pur liberato con l'amnistia seguita all'elezione al papato di Leone X (Giovanni de' Medici) nel marzo 1513, era ormai rovinato politicamente.
Si ritirò quindi nella sua residenza dell'Albergaccio, e qui compose il trattato De principatibus (Il principe). Frustrato nelle sue ambizioni di riprendere l'attività politica, si avvicinò al gruppo dei giovanni intellettuali degli Orti oricellari, raccolto attorno a Cosimo Rucellai. La frequentazione di tale circolo gli ispirò i Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (1513-17), e successivamente il De re militari o Arte della guerra (1519-20).
Nel 1520 parve finalmente giungere per lui il momento del ritorno alla politica attiva: fu inviato in missione a Lucca e soprattutto fu incaricato dai Medici di comporre una storia ufficiale di Firenze fino al 1492 (morte di Lorenzo il Magnifico), gli Annali fiorentini, completati nel 1525 e dedicati al nuovo papa Medici, Clemente VII. I Medici cercarono di sfruttare la competenza strategica e militare di Machiavelli in quegli anni difficili, in cui il Papato, alleato dei Francesi, era schierato contro Carlo V. Quindi Machiavelli fu inviato nel 1525 in Romagna presso Francesco Guicciardini, governatore di Modena, per organizzarvi la milizia. L'anno successivo fu nominato cancelliere dei procuratori alle mura. Intanto le cose evolvevano al peggio: il 6 maggio 1527 Roma era messa a sacco dai lanzichenecchi di Carlo V e i Medici venivano di nuovo scacciati da Firenze. Machiavelli, già gravemente malato e sospetto ai nuovi vertici repubblicani (di orientamento savonaroliano, per di più) per la sua collaborazione coi Medici, morì poco dopo, il 21 giugno.
Postume, nel 1532, furono pubblicate le Istorie fiorentine, opera storiografica ma anche e soprattutto di riflessione politica, scritta nella prima metà degli anni venti, che narrano la storia di Firenze dall'antichità fino al 1492 (anno della morte di Lorenzo de' Medici).

La religione di Machiavelli e il suo rapporto con il cattolicesimo romano e con il papato

In Machiavelli non si trova nessuna preoccupazione per la salvezza dell’anima; egli irride preti, frati e devozione popolare. Machiavelli aveva una concezione ciclica della storia, ben lontana dalla concezione lineare del cristianesimo, credeva nel Fato e nell’esistenza di intelligenze occulte che manovravano gli eventi. Pur disprezzando profondamente Savonarola, ne condivideva la critica al papato, accusato di aver corrotto la religione cristiana. Per Machiavelli infatti la religione è funzionale a rendere i cittadini fedeli alla patria, per questo nei Discorsi è esaltata la riforma religiosa di Numa Pompilio. Nelle popolazioni tedesche conosciute durante la sua legazione imperiale, quelle stesse popolazioni tedesche che di lì a poco avrebbero sostenuto in massa Lutero, Machiavelli ritrovava una virtù religiosa simile a quella degli antichi romani, mentre il papato con la sua corruzione e con l'imposizione di una religiosità fondata sulle cerimonie e sulle pratiche esteriori, aveva fiaccato gli animi degli Italiani, rendendoli "irreligiosi" e "cattivi". Una buona religione è infatti per Machiavelli necessaria per avere soldati disciplinati, che considerano sacro il giuramento che li lega alla patria (è nota la sua preoccupazione per la costituzione di milizie "popolari" e la sua diffidenza verso i mercenari).

Nell'età della Controriforma le opere di Machiavelli vennero ben presto messe all'indice dalla Chiesa cattolica. Egli figura tra i primi autori che Paolo IV si preoccupò di inserire nel suo indice dei libri proibiti provvisorio del 1557, e in quello definitivo del 1559 (il primo indice romano). Il divieto di leggere Machiavelli fu ribadito in tutti gli indici successivi. La subordinazione della religione alla politica gli suscitò anche l'ostilità dei protestanti, agli occhi dei quali Machiavelli rappresentava il classico italiano papista senza scrupoli morali.

Bibliografia

  • Rudolf von Albertini, Firenze dalla repubblica al principato. Storia e coscienza politica, Einaudi, Torino 1970.
  • Vittorio Frajese, Machiavelli e machiavellismo in DSI, vol. 2, pp. 951-53.
  • Felix Gilbert, Machiavelli e Guicciardini. Pensiero politico e storiografia a Firenze nel Cinquecento, Einaudi, Torino 1970.
  • Andrea Guidi, Un segretario militante. Politica, diplomazia e armi nel cancelliere Machiavelli, Il Mulino, Bologna 2009.
  • Giorgio Inglese, Machiavelli, Niccolò in DBI, vol. 67 (2006).
  • Jean-Jacques Marchand, Niccolò Machiavelli. I primi scritti politici, Antenore, Padova 1975.
  • Giuliano Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Laterza, Roma-Bari 1995
  • Roberto Ridolfi, Vita di Niccolò Machiavelli, Sansoni, Firenze 19787.
  • Maurizio Viroli, Il Dio di Machiavelli e il problema morale dell’Italia, Laterza, Roma–Bari 2005.

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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