Margherita Tudor, regina di Scozia

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Margherita Tudor (Londra, 28 novembre 1489 – Castello di Methven, 18 ottobre 1541) è stata una principessa inglese, sorella maggiore del re Enrico VIII Tudor, regina consorte di Scozia come moglie del re Giacomo IV Stuart dal 1503 al 1513.

Infanzia e giovinezza

Margaret Tudor, italianizzata in Margherita Tudor, fu una principessa inglese, divenuta prima regina consorte di Scozia attraverso il matrimonio con il re Giacomo IV Stuart e poi reggente di Scozia per conto di suo figlio minore, Giacomo V Stuart.
Secondogenita del re Enrico VII Tudor e della consorte Elisabetta di York, Margherita nacque nel Palazzo di Westminster a Londra e venne battezzata due giorni dopo, il 30 novembre 1489, giorno di Sant’Andrea, nella Chiesa di St. Margaret, prendendo il nome dalla nonna paterna, Lady Margherita Beaufort, contessa di Richmond e Derby. Era preceduta dal fratello Arturo, erede designato fino alla sua prematura morte, e seguita dal fratello Enrico, che sarebbe diventato il celebre re Enrico VIII d’Inghilterra, e dalla sorella Maria, futura regina di Francia; inoltre, aveva anche altri tre fratelli, Elisabetta, Edmund e Caterina, tutti morti però in giovanissima età.
Caratterizzata anch’essa dai tipici capelli ramati dei Tudor e dagli occhi scuri, da piccola trascorse gran parte del suo tempo nel palazzo di Eltham, dove venne creata una scuola apposita per l’educazione di tutti i figli del re Enrico VII: Margherita così, insieme ai fratelli e alla sorella Maria, seguì un rigoroso piano di studi, che comprendeva «latino, greco, francese, calligrafia e, a giorni alterni, matematica, logica e diritto.»1 Inoltre, la principessa ricevette anche lezioni di musica, imparando a suonare liuto e arpa, di danza, di canto e di conversazione.
Con un padre spesso impegnato in questioni politiche e diplomatiche e una madre cagionevole di salute, occupata per la maggior parte del tempo da gravidanze o malattie, fu la nonna paterna, Lady Beaufort, a supervisionare tutte le lezioni, nonché l’apprendimento di regole e disciplina, e ad instradare tutti i suoi nipoti, e in special modo le due femmine, verso i loro futuri ruoli regali, seminando in loro l’attaccamento alla corona e al paese natio.
Di carattere vivace e di mente sveglia e acuta, Margherita, considerata la preferita del padre, instaurò una particolare complicità con il fratello Arturo, più vicino a lei per età, e, pur non amando come lui lo studio e la lettura, i due condividevano spesso del tempo insieme, giocando a scacchi e a carte o passeggiando nei momenti liberi. Inoltre, insieme ai due fratelli, era solita cavalcare e accompagnare il padre a caccia, tanto da imparare essa stessa a tirare con l’arco, diventando esperta nella caccia al cervo.
Fin da piccola, fu preparata ad apparire in pubblico e a mostrare la sua eleganza e la sua capacità nelle danze, distinguendosi per grazia e bellezza ma anche per il suo carattere: la giovane principessa, infatti, «aveva un’intelligenza innata che non imparò mai a tenere sotto controllo»2 e un temperamento testardo e fiero che l’avrebbe accompagnata per tutta la vita.
Pur non avendo ancora raggiunto l’età adatta, in seguito alle lunghe trattative di pace tra Inghilterra e Scozia, nel gennaio 1502 le due potenze stipularono il Trattato di Pace Perpetua e la giovane Margherita fu promessa in sposa al re Giacomo IV di Scozia, arrivato alla soglia dei trent’anni ancora celibe. L’unione avrebbe cementato la pace e la collaborazione tra i due regni e così la giovane Tudor si ritrovò a pronunciare le promesse nuziali che l’avrebbero resa un giorno regina di Scozia, permettendo inoltre alla casata Stuart di ottenere il diritto alla successione al trono inglese.

Il primo matrimonio col re Giacomo IV di Scozia

Dopo circa un anno dalla stipula del Trattato di Pace tra Inghilterra e Scozia e dalla promessa di matrimonio tra la giovane Tudor e il re scozzese, l’alleanza venne sugellata attraverso l’unione matrimoniale: dopo la richiesta di una dispensa papale, necessaria in quanto la bisnonna di Giacomo, Joan Beaufort, era la zia della nonna di Margherita, Lady Margherita Beaufort, rendendo di fatto i due promessi sposi cugini di terzo grado, le nozze vennero completate per procura. Nel palazzo di Richmond, alla presenza dei suoi genitori, dei fratelli e di un nutrito numero di dame e nobili oltre che di una delegazione scozzese, la giovane Margherita pronunciò i voti nuziali dinanzi a Patrick Hepburn, conte di Bothwell, rappresentante del re di Scozia, e da quel momento la principessa inglese «venne ufficialmente considerata come una donna sposata e appellata in pubblico come Regina di Scozia»3, anche se sarebbero trascorsi ancora diciotto mesi prima che la giovane sposa lasciasse l’Inghilterra alla volta della sua nuova vita in Scozia.
Nell’attesa di raggiungere il suo nuovo regno, Margherita Tudor riprese la sua vita quotidiana, dividendosi tra studio, equitazione, caccia, balli e fastosi banchetti, in cui poteva sfoggiare il suo nuovo guardaroba e i suoi nuovi gioielli ed essere circondata dall’ammirazione di tutti.
Finalmente, nel giugno 1503, dopo aver sperimentato il lutto prima per suo fratello Arturo e poi per sua madre Elisabetta, la nuova regina di Scozia intraprese il viaggio per raggiungere il suo sposo insieme a suo padre Enrico VII, alla dama di compagnia preferita da sua madre, Lady Caterina Gordon, vedova di Perkin Warbeck, un pretendente al trono inglese che aveva affermato di essere Riccardo, duca di York, secondo figlio di Edoardo IV e di Elisabetta Woodville e uno dei “Principi nella Torre”, e a un numeroso seguito di dame e gentiluomini inglesi.
Dopo aver attraversato i confini inglesi e aver salutato suo padre per l’ultima volta, il primo giorno di agosto Margherita fu accolta dalla corte scozzese stanziata a Lamberton e incontrò finalmente re Giacomo IV, che si presentò di bell’aspetto, con capelli lunghi e una folta barba rossa, e vestito di oro e cremisi. I due, dopo i consueti convenevoli, passarono del tempo insieme, conversando e ridendo e intrattenendosi piacevolmente anche durante la cena, prima che il re lasciasse la sua sposa per ritornare ad Edimburgo.
Passarono solo pochi giorni quando l’8 agosto 1503 «l’unione tra il cardo scozzese e la rosa inglese»4 venne nuovamente celebrata di persona nell’Abbazia di Holyrood e ad officiare i sacri riti intervennero sia l’arcivescovo di Glasgow che quello di York: subito dopo la cerimonia, la giovane, vestita in damasco bianco e velluto cremisi, venne unta e incoronata, diventando così ufficialmente regina di Scozia.
Quasi subito, però, iniziarono le incomprensioni tra i due sposi, sia per differenza d’età che per incompatibilità caratteriali: Giacomo era un amante delle belle donne e aveva già avuto numerose amanti e vari figli illegittimi e, anche dopo le nozze, continuò la sua condotta sregolata, tradendo costantemente sua moglie, che non tollerava tale mancanza di rispetto e se ne lamentava continuamente col padre, dichiarandosi infelice e trascurata.
Durante i primi anni di matrimonio però, la coppia reale, nonostante i tradimenti di Giacomo, mantenne sempre intatte le apparenze, condividendo le festività, partecipando a banchetti e feste, scambiandosi doni e regali, in special modo gioielli, e viaggiando spesso in tutto il regno. Il re, inoltre, era un vero principe del Rinascimento e sotto il suo regno costituì una corte letteraria e culturale e si dedicò al progresso di arti e scienze, aiutato nel suo patrocinio anche da Margherita, che amava in special modo circondarsi di musici e cantori.
Trascorso il primo Natale in Scozia, con la regina al centro di tutti i festeggiamenti, l’inizio del 1504 portò l’ombra del lutto sulla corte scozzese: nei primi giorni di gennaio, morì improvvisamente il fratello del re, il duca di Ross, e ciò gravò particolarmente sulla coppia reale, poiché il duca era sempre stato considerato l’erede diretto del sovrano e, con la sua morte, la regina venne insistentemente pressata affinché mettesse al mondo al più presto un erede legittimo e salvasse la linea di successione Stuart.
La giovane, però, dovette attendere due anni, durante i quali il marito riversò tutto il suo affetto e le sue speranze sui suoi figli illegittimi, prima che, nel 1506, si scoprisse finalmente incinta: nel febbraio 1507 partorì un figlio maschio, chiamato Giacomo come il padre e designato come Principe di Scozia.
Poco dopo il parto, però, sia la madre che il bambino si ammalarono gravemente ma, mentre la regina, grazie alla sua giovane età, si rimise del tutto in breve tempo, il bambino, invece, rimase sempre cagionevole, fino a morire ad appena un anno di età nel 1508. Pochi mesi dopo, la sovrana partorì una bambina, che morì in poche ore, e un anno dopo, in ottobre, ebbe nuovamente un figlio maschio, Arturo, destinato a morire a poco più di nove mesi.
Le gravidanze faticose e i continui lutti lasciarono Margherita abbattuta e sfinita: ormai, la regina «temeva ogni gravidanza, temeva ogni parto, temeva i lunghi giorni e notti di dolore e sofferenza, temeva il pensiero e la realtà della morte»5 e le sue uniche consolazioni divennero la sua forte fede e i continui pellegrinaggi presso i santuari più importanti del regno, in cerca di conforto e di una grazia per poter partorire l’erede del re scozzese.
Finalmente, nell’aprile del 1512, Margherita diede alla luce un maschio sano e forte, chiamato nuovamente Giacomo e designato subito come erede al trono. Dopo la nascita del bambino, Margherita ebbe ancora due gravidanze, entrambe terminate disastrosamente: nel novembre 1512 partorì una bambina prematura, che perì in poche ore, e nell’aprile 1514 ebbe un ultimo figlio maschio, Alexander, che morì nel dicembre 1515. L’unico a sopravvivere sarebbe stato proprio il piccolo Giacomo che, un giorno, grazie anche alla caparbietà di sua madre, sarebbe riuscito a diventare re Giacomo V di Scozia.

La reggenza e il secondo matrimonio

Intanto, nel 1509 era morto Enrico VII e gli era succeduto suo figlio Enrico VIII, fratello di Margherita, che aveva anche sposato Caterina d’Aragona, vedova del fratello Arturo. Il nuovo re però non era cauto e diplomatico come suo padre e ben presto ignorò l’alleanza tra Inghilterra e Scozia e si imbarcò in una guerra contro la Francia, storica alleata della Scozia. Così, nel 1513, Giacomo IV fu costretto ad invadere l’Inghilterra per onorare la “Auld Alliance” con i francesi, nonostante le proteste di Margherita che, combattuta, «si aggrappava alla sua identità come membro della famiglia reale inglese, ma nutriva anche affetto per la sua patria d’adozione»6 e temeva di rompere per sempre i rapporti con la sua famiglia e la sua terra natia.
Prima di partire, Giacomo IV redasse un testamento reale e nominò Margherita governatrice e tutrix del futuro re, ossia protettrice del neonato Giacomo V, in modo da assicurare la stabilità del trono.
Malgrado la contrarietà di sua moglie, Giacomo IV guidò personalmente il suo esercito in battaglia e, poco tempo dopo, nella battaglia di Branxston Hill, presso Flodden, il re scozzese fu battuto e ucciso, lasciando vedova la giovane Margherita che, «secondo la leggenda, aveva trascorso le sue giornate in un piccolo pergolato in cima a una delle torrette del palazzo, da cui si godeva una vista impressionante su tutto il territorio di campagna circostante»7, in attesa di notizie sulla sorte del suo sposo.
Dieci giorni dopo la morte del re, nel settembre 1513, i Lord del Consiglio si incontrarono presso il Castello di Stirling e istituirono il Consiglio Generale del Regno, formato da 35 Lord, tra cui ecclesiastici, parlamentari e baroni minori, col compito di governare in nome della regina vedova e di suo figlio Giacomo V di Scozia nell’attesa dell’incoronazione reale del piccolo erede.
Due giorni dopo l’incontro dei Lord, sempre a Stirling, il re di 17 mesi Giacomo venne formalmente incoronato nella Cappella Reale come Giacomo V di Scozia, in una cerimonia poi chiamata “l’incoronazione del lutto”, per la cupa atmosfera di dolore che avvolse tutti i partecipanti memori del vecchio re ucciso, e Margherita ottenne ufficialmente la carica di reggente, carica che avrebbe mantenuto solo finché fosse rimasta regina vedova e finché avesse seguito i consigli del “concilio dei quattro”, formato dal conte di Angus, dal conte di Arran, dal conte di Huntley e dall’arcivescovo di Glasgow, che avrebbero supervisionato il suo operato politico.
Nonostante la volontà del precedente re suo marito e malgrado le fosse stata ratificata la carica di reggente, Margherita era pur sempre una donna che occupava una posizione troppo rilevante e, per di più, era la sorella di un re nemico alla Scozia: così, tra il ceto nobiliare si formò un partito filo-francese, che sollecitò affinché Margherita Tudor fosse sostituita da John Stewart, secondo duca di Albany, il parente maschio più vicino al giovanissimo re e terzo in linea di successione al trono scozzese. Il duca veniva visto come concreto rappresentante della “Auld Alliance”, essendo nato e cresciuto su suolo francese, e in diretta opposizione alla filo-inglese Margherita. Per alcuni mesi, Albany agì con calma e abilità politica, finché nel luglio 1514 riuscì a siglare una pace tra la Francia ed entrambe le potenze inglesi e scozzesi, ottenendo sempre più consenso.
Per contrastare l’ascesa del duca, Margherita decise allora di rivolgersi alla potente casata dei Douglas e rimase affascinata da un suo esponente, Archibald Douglas, sesto conte di Angus, intrecciando ben presto una relazione con lui, nonostante fosse considerato un giovane molto attraente ma anche stupido e attratto dal potere.
Probabilmente la giovane Margherita sentiva su di sé la responsabilità e il peso del suo ruolo come reggente e cercò di circondarsi non solo di alleati leali e rispettosi del suo essere filo-inglese, in modo da costituire una cerchia di fedelissimi che avrebbe protetto lei e il giovanissimo re da qualsiasi tentativo di rovesciare il trono scozzese, ma anche di allineare al suo fianco una forte figura maschile, che avrebbe potuto portare dalla sua parte i maggiori nobili del regno.
Così, fidandosi dei suoi sentimenti e dopo appena un anno di vedovanza, il 6 agosto 1514 Margherita decise di sposare Douglas, con una cerimonia segreta nella chiesa di Kinnoull, vicino Perth. Tale decisione però, presa autonomamente e senza l’appoggio del “concilio dei quattro”, venne considerata un affronto dalle altre casate nobiliari di Scozia, che non desideravano che un loro pari raggiungesse improvvisamente un così alto rango. Ciò, inoltre, non fece altro che rafforzare il partito filo-francese, ora guidato dall’arcivescovo di Glasgow, che rimproverò Margherita di aver violato le clausole del testamento del defunto re Giacomo IV: essendosi infatti risposata, perdeva automaticamente la carica di reggente ed era quindi obbligata ad acconsentire alla nomina di un nuovo reggente, che sarebbe stato il duca di Albany, in arrivo dalla Francia.
Margherita Tudor però non aveva alcuna intenzione di perdere la sua carica e tentò di nominare Douglas co-reggente, in modo da neutralizzare le pretese dei nobili scozzesi e fortificare la sua posizione, ma ancora una volta il partito filo-francese sostenne la necessità di sostituire la reggenza di Margherita con quella del duca di Albany, che fu invitato a raggiungere al più presto la Scozia.
A quel punto, nonostante l’esercito inglese le avesse di fatto ucciso il primo marito, la sovrana cercò aiuto proprio dall’Inghilterra, chiedendo al fratello Enrico VIII protezione per sé e per il piccolo re attraverso l’invio di un esercito. Ma il re inglese rifiutò tale proposta e cercò invece di convincere la sorella a raggiungere la sua corte in Inghilterra insieme al secondo marito e al figlio, in modo da poter istituire un Consiglio di Reggenza formato da simpatizzanti inglesi e tenere in ostaggio il piccolo Giacomo V, che sarebbe potuto diventare erede al trono inglese, non avendo Enrico VIII ancora avuto un legittimo figlio maschio dalla moglie Caterina d’Aragona.
Inizialmente, Margherita decise di rifiutare l’offerta di asilo di suo fratello e si rifugiò nel castello di Stirling, usandolo come fortezza; poco dopo, però, il duca di Albany, arrivato infine in Scozia nel maggio 1515, assediò il castello, in cui Margherita Tudor era rimasta sola col figlio, in quanto Douglas si era ritirato nelle sue proprietà. La regina vedova fu costretta allora a partecipare al Consiglio di Edimburgo dove dovette rinunciare al suo ruolo come reggente e trasferire la nomina al duca di Albany, che ottenne anche la custodia di Giacomo V, essenziale per mantenere la reggenza.

La fuga in Inghilterra, la fine del secondo matrimonio e il colpo di Stato

Una volta sconfitta, quindi, Margherita, incinta di Douglas, fu costretta a fuggire a Morpeth, in Inghilterra, dove, sotto la protezione del fratello Enrico VIII, nell’ottobre 1515 diede alla luce Lady Margaret Douglas, futura contessa di Lennox e futura madre di Enrico Stuart, Lord Darnley, che sarebbe diventato il secondo marito di Maria Stuarda, regina di Scozia, e padre del futuro Giacomo VI.
Margherita Tudor però rimase molto indebolita dal parto e, afflitta da una grave febbre, per alcuni mesi fu costretta a rimanere a letto, sollecitata però da continue lettere da parte di Albany a rientrare in Scozia. Così, la sovrana lasciò che suo marito rientrasse al suo posto in Scozia, per cercare di scendere a patti col duca, mentre lei si rimetteva in salute e pianificava le mosse successive.
Finalmente, nel maggio 1516, si sentì abbastanza in forze da riuscire a viaggiare e a raggiungere Londra, dove, «esausta, depressa e stressata dopo alcuni anni sempre più difficili, Margherita fu molto rianimata dalla calorosa accoglienza che ricevette dalla sua famiglia.»8 Una volta riunitasi a suo fratello Enrico VIII e ambientatasi alla sua corte, Margherita Tudor spese tutto il successivo anno a cercare di trovare in lui un alleato che la aiutasse a restaurarla come regina reggente di Scozia e a riottenere la custodia di suo figlio Giacomo V.
Intanto, il duca di Albany, dopo numerosi conflitti con i nobili scozzesi, che non avevano gradito la fuga di Margherita e lo incolpavano di averla maltrattata al punto da costringerla a rifugiarsi in Inghilterra, decise di abbandonare il suo ruolo in Scozia e ritornare in Francia, permettendo così alla sovrana scozzese di tornare nel suo paese d’adozione: nel maggio 1517, dopo un anno esatto dal suo arrivo alla corte inglese di suo fratello, Margherita fu formalmente richiamata in Scozia come regina e la giovane intraprese per la seconda volta il viaggio verso il suolo scozzese, credendo di vedersi riconfermata anche la carica di reggente.
Una volta riattraversati i confini tra Scozia e Inghilterra, però, Margherita Tudor scoprì che non solo le venivano negati tutti i contatti con suo figlio Giacomo V, ma che le veniva rifiutata anche la carica di reggente, ora passata a James Hamilton, conte di Arran e nipote di Giacomo II, quindi in linea con la successione al trono scozzese. Inoltre, apprese che suo marito Douglas, «l’uomo per il quale Margherita aveva perso la sua corona, il suo trono, i suoi figli e il suo cuore»9, l’aveva abbandonata, ritirandosi nuovamente nei suoi possedimenti insieme ad un’altra donna, Lady Jane Stewart, e gestendo anche tutte le sue proprietà e tutti i suoi averi, in modo da controllarla.
Disperata, Margherita scrisse a suo fratello Enrico VIII, paventando l’idea di un divorzio e di un possibile nuovo matrimonio più vantaggioso, magari con uno sposo scelto stavolta dal suo stesso fratello, ma purtroppo non ottenne alcun aiuto. Rimasta sola, fu allora costretta ad iniziare una collaborazione col conte di Arran, la cui famiglia era stata da sempre nemica di quella di suo marito Douglas. Inizialmente, i rapporti tra Margherita Tudor e Hamilton furono fruttuosi e il conte si adoperò per far riottenere a Margherita i suoi averi e i suoi possedimenti, ma all’improvviso la sovrana decise di cambiare atteggiamento e di riconciliarsi col marito, forse spinta dalle continue lettere di suo fratello Enrico VIII che, aborrendo l’idea di un divorzio, cercava di convincerla a rimettere in piedi il suo matrimonio e perdonare suo marito.
Riunitasi nuovamente al marito, la regina e il conte, insieme a circa 400 uomini, entrarono ad Edimburgo e presero possesso della capitale, mostrandosi ancora una volta in accordo. Tale idillio però durò poco, dal momento che Douglas si rifiutò di lasciare la sua amante, da cui aveva avuto due figlie, e continuò a sperperare i beni di sua moglie.
Impossibilitata a tollerare nuovamente il cattivo comportamento del marito, cui aveva chiesto rispetto, fedeltà e collaborazione, in pochi mesi Margherita Tudor, dopo essere riuscita a guarire dal vaiolo, cambiò ancora una volta posizione politica: ripudiò il marito, si schierò una seconda volta col conte di Arran e, quando questi fu sconfitto da Douglas e da un gruppo di suoi sostenitori, decise di avvicinarsi al partito filo-francese e richiamare in Scozia il duca di Albany, per tentare un accordo politico e per sfruttare la sua influenza a Roma per chiedere il divorzio dal conte di Angus.
Una volta riapprodato sulle coste scozzesi nel novembre 1521, Albany esiliò Douglas e tutti i suoi sostenitori e riprese il controllo del governo insieme a Margherita Tudor, «il duca come reggente e Margherita come regina madre»10, permettendole inoltre di rivedere suo figlio.
Per i successivi tre anni, la regina e il duca collaborarono affinché la Scozia rimanesse in pace e prosperasse, ma ben presto Margherita si stancò di dover governare in condivisione con Albany e decise di tentare un’efficace mossa politica: nel 1524 organizzò un colpo di stato che riuscì a sollevare il duca dalla sua posizione di reggente, lasciandole pieno campo libero. Albany fu costretto a tornare in Francia e Margherita si trasferì col figlio Giacomo, ormai dodicenne, ad Edimburgo, dove il Parlamento dichiarò la fine della reggenza di Albany e investì Giacomo dei pieni poteri reali; pochi mesi dopo, inoltre, la regina riuscì a farsi nominare dal Parlamento come consigliere del re, in modo da continuare ad esercitare la sua influenza e il suo potere politico: per la prima volta, dai tempi di Flodden, la sovrana otteneva una solida base di consenso «non perché fosse la vedova di Giacomo IV, e nemmeno perché suo fratello era l’onnipotente re d’Inghilterra, ma perché aveva preso le redini del governo nelle sue mani»11, guadagnandosi il rispetto del popolo e dei nobili scozzesi.
Una volta ristabiliti gli equilibri, non passò molto tempo che il marito di Margherita decise autonomamente di tornare dall’esilio e rientrare in Scozia, intenzionato a far valere i suoi diritti e a prendere parte alla gestione politica del regno. Così, con un gruppo di uomini suoi fedeli, entrò ad Edimburgo e rivendicò il suo diritto di partecipare alle decisioni del Parlamento, ma la sovrana diede disposizione di attaccare il gruppo finanche coi cannoni pur di respingerli, e Douglas fu costretto a ritirarsi.
Nel febbraio 1525, però, Margherita, pressata dalle famiglie nobili e dallo stesso Parlamento, dovette riammettere Douglas nel consiglio di reggenza, essendo ancora sposata con lui: ciò permise al conte di Angus di prendere in custodia Giacomo e di esercitare per suo conto tutti i poteri, rifiutandosi per i successivi tre anni di lasciarlo libero e di riconsegnarlo a sua madre la regina.

Il divorzio, il terzo matrimonio e la morte

Costretta ad accettare la nuova situazione politica, condensata ormai nelle mani di Douglas, Margherita Tudor iniziò ossessivamente a pensare ad un modo per ottenere il divorzio dal conte di Angus, arrivando persino a fomentare il mito secondo cui il primo marito, il re Giacomo IV, non era in realtà morto a Flodden ma si trovasse in esilio.
La decisione di Margherita di separarsi dal conte derivava non solo da problemi coniugali e politici ma anche dalla presenza alla corte scozzese di Henry Stewart, un lontano cugino del suo primo marito, con cui ben presto strinse una relazione, rendendolo di fatto il suo amante e promuovendolo a Capitano della Guardia.
Per adempiere al suo scopo e arrivare al divorzio, allora, Margherita chiese aiuto al duca di Albany, con cui, nonostante il colpo di stato e il suo rientro in Francia nel 1524, aveva mantenuto una cordiale corrispondenza: il duca, infatti, continuava ad avere una buona influenza a Roma e si adoperò per trattare la questione del divorzio di Margherita con Papa Clemente VII. Finalmente, nel marzo 1527, il Papa concesse il divorzio a Margherita Tudor, che però ottenne la notizia dell’annullamento del suo matrimonio solo nel dicembre 1527: il Papa basò la sua decisione sull’esistenza di un precedente pre-contratto tra Douglas e la sua amante, Lady Jane Stewart, sorella del Laird di Traquair, che rendeva così possibile sciogliere l’unione matrimoniale tra il conte e la sovrana ma manteneva comunque legittima la figlia nata durante tale matrimonio, Lady Margaret Douglas.
Nel frattempo, il conte di Angus era stato rapidamente abbandonato da gran parte dei suoi sostenitori, fino a perdere persino la custodia di Giacomo V, che nel 1528 riuscì a fuggire e ad annullare la tutela del conte; solo poche settimane prima della fuga del figlio, Margherita, il 3 marzo 1528, aveva sposato il suo amante, Henry Stewart, che fu reso dal re Lord Methven come favore personale e regalo di nozze verso sua madre. Douglas, invece, ormai senza potere né sostegno, decise di fuggire in Inghilterra, portando con sé la figlia avuta da Margherita, che sarebbe cresciuta lontano dalla madre presso la corte inglese.
Intanto, in un primo momento i rapporti tra Margherita Tudor e il suo nuovo marito si rivelarono idilliaci ed entrambi vennero resi consiglieri del re, con Margherita che «continuò ad agire come regina di Scozia, presiedendo a tutte le funzioni della corte, incontrando i dignitari stranieri e aggiungendo un tocco di glamour femminile agli eventi di stato.»12. Inoltre, nacque anche una bambina, Dorothea, morta poi in tenera età.
Col passare del tempo, però, Stewart si rivelò anche peggio del secondo marito di Margherita Tudor e mostrò tutto il suo interesse per il potere, il denaro e le altre donne: si stabilì, infatti, in uno dei castelli di proprietà di Margherita insieme alla sua amante, Janet Stewart, con cui ebbe anche un figlio, che mantenne a spese della moglie.
Nuovamente delusa da un marito, la sovrana cercò di ottenere un nuovo divorzio, ma il figlio Giacomo si rifiutò di prendere in considerazione la proposta, così come il fratello Enrico VIII, interpellato a più riprese dalla stessa Tudor: senza l’appoggio di nessuno e senza aiuti economici, Margherita tentò così di fuggire verso i confini scozzesi, ma venne intercettata ad Edimburgo e riportata indietro. Sconfitta, si riconciliò con il marito e cercò di investire tutte le sue energie per aiutare politicamente suo figlio nella gestione della Scozia, oltre a procurargli una sposa. La scelta ricadde su Maddalena di Valois, per mantenere ancora una volta la “Auld Alliance” con la Francia, e quando nel luglio 1536 Giacomo si imbarcò per la Francia per conoscere la sua sposa, Margherita rimase a gestire la situazione politica scozzese, se non proprio come reggente almeno in qualità di consigliera, fino al ritorno del figlio nel maggio 1537.
Dopo la morte della nuora, avvenuta in pochissimi mesi, Margherita Tudor si adoperò per trovare una nuova sposa al figlio Giacomo per assicurare il trono con una degna successione: venne scelta di nuovo una donna francese, la vedova Maria di Guisa, duchessa di Longueville e cugina di Maria di Borbone, precedentemente rifiutata dal re scozzese come sposa.
Una volta che la giovane regina si insediò nella sua nuova corte, Margherita poté a poco a poco cedere i suoi obblighi e il suo fardello politico e vivere una vita più serena e pacifica, circondata dall’affetto del figlio e della stessa Maria di Guisa, che nutriva grande rispetto e tenerezza verso la vecchia sovrana, la quale «aveva sperimentato tragedie, perdite e tradimenti che avrebbero spezzato una donna più debole»13, dimostrandosi invece una donna e una regina combattiva.
Gli ultimi anni di Margherita Tudor passarono tranquilli, seppur investiti dal lutto per la perdita di due nipoti maschi, presso il castello di Methven, dove si era ritirata, finché la sovrana non venne colpita da una paralisi, conseguente ad un ictus. Convinta di aver avuto un malessere passeggero e di rimettersi in fretta, rifiutò di fare testamento ma, impossibilitata ormai a muoversi, nelle sue ultime ore si decise a far chiamare suo figlio Giacomo, il quale non riuscì tuttavia ad arrivare in tempo per un ultimo saluto.
Gli ultimi pensieri di Margherita furono rivolti al suo secondo marito, il conte di Angus, e, poco prima di morire, spese le sue ultime parole chiedendo a Dio di perdonarla per le offese arrecategli e auspicando una riconciliazione tra lo stesso conte, compresa la loro figlia Margaret, e suo figlio Giacomo, riconciliazione che non sarebbe stata tuttavia concretizzata.
Così, dopo una vita travagliata, spesa tra la Scozia e l’Inghilterra, il 18 ottobre 1541 si spense Margherita Tudor e, dopo una semplice cerimonia, fu sepolta nella Certosa di Perth con tutti gli onori. Più tardi, dopo che la sua tomba venne saccheggiata e distrutta e i suoi resti bruciati, il suo bis-nipote Giacomo VI, figlio di Maria Stuarda, avrebbe ereditato il trono inglese e il trono scozzese, unificando definitivamente i due regni un tempo nemici e realizzando il sogno di Margherita di veder prosperare insieme la sua terra natia con la sua terra d’adozione.

Bibliografia

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Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by Martina Tufano | Ereticopedia.org © 2024

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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