Massari, Girolamo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Girolamo Massari o Massario (Arzignano, Vicenza, 1480/1485 - Strasburgo, 1564) è stato un medico, umanista ed eretico.

Biografia

Si addottorò in medicina presso l'Università di Padova entro il 1508 e svolse la professione medica ad Arzignano e a Brogliano, nei possedimenti della sua famiglia, che apparteneva alla nobiltà vicentina. Intorno al 1544 entrò nel convento dei canonici regolari lateranensi di S. Pietro di Cremona (adottando il nome di Giovanni Antonio Vicentino). Da questo convento fuggì nell'agosto 1550, insieme con Claudio Peverano (Urbano da Cremona) e Giulio Martinengo (Teofilo Piacentino). Dopo un breve passaggio a Piacenza, dove conobbe Massimo Teofilo Martinengo che poi frequentò poco dopo a Zurigo, emigrò con i compagni nei Grigioni. La fuga avvenne con la protezione di Pier Paolo Vergerio. Viaggiò quindi tra Basilea, Berna, Zurigo e Strasburgo, dove si trasferì definitivamente nel 1554. Mentre si trovava Basilea, nel 1552, fu tacciato di radicalismo ed antitrinitarismo; in particolare Guglielmo Grataroli lo accusò di avergli consegnato una copia del De trinitatis erroribus di Michele Serveto. Nel 1553 pubblicò, con lo pseudonimo "Hieronymus Marius Vincentinus" l'Eusebius captivus (stampato a Basilea presso Giovanni Oporino; una successiva edizione fu stampata postuma nel 1597 a Zurigo presso Jean Volsius). L'opera, di polemica anti-romana ma velatamente anche anti-ginevrina, ruota attorno alla descrizione di un fantomatico processo condotto dal Sant'Uffizio romano contro Eusebio Uranio, che si svolge per tre giorni e termina con la condanna al rogo di questo personaggio immaginario, decretata da papa Giulio III. L'opera fu posseduta da Matteo Gribaldi Mofa, che la donò all'Università di Tubinga nel 1557.
Morì a Strasburgo nel 1564.

Bibliografia

Testi on line

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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