Baglivi, Giorgio

Dizionario storico delle scienze naturali a Napoli dal Rinascimento all’Illuminismo


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Giorgio Baglivi (Ragusa/Dubrovnik, 8 settembre 1668 - Roma, 7 giugno 1707) è tra i maggiori esponenti della medicina del tardo Seicento e dei primi del Settecento. Consegue la laurea in medicina nel 1688, probabilmente a Salerno. A Napoli Baglivi vive tra il 1684 e il 1688. Alcuni riferimenti all'attività sperimentale condotta da Baglivi a Napoli sono presenti nell’opera De anatome, morsu et effectibus tarantulae.

Cenni biografici

Giorgio Baglivi (1668-1707) è tra i maggiori esponenti della medicina del tardo Seicento e dei primi del Settecento. Nasce l’8 settembre 1668 a Ragusa, l’odierna Dubrovnik, da Vlaho di Giorgio Armeno e da Anna di ser Iacopo de Lupis. Rimasto orfano di madre all’età di due anni e, poi, anche del padre, Giorgio e il fratello minore Giacomo (1670-1712) si trasferiscono a casa dello zio paterno. Successivamente, i due fratelli passano sotto le cure di una contadina, Maria Dragisić, già governante in casa dello zio. Avendo mostrato particolari doti intellettuali, i gesuiti ragusei si prendono cura della loro educazione e istruzione. Grazie alle relazioni tra i gesuiti delle due sponde dell’Adriatico, Giorgio viene presentato al medico leccese Pierangelo Baglivi, che non avendo figli, lo adotta insieme al fratello. Traferitosi a Lecce, Giorgio apprende dal padre i primi rudimenti della medicina e da lui viene mandato a Napoli per frequentare i corsi universitari.
A Napoli Baglivi vive tra il 1684 e il 1688. Consegue la laurea in medicina nel 1688, probabilmente a Salerno, sede di una delle più antiche scuole mediche.
Dopo essere tornato per breve tempo a Lecce, dove si esercita presso lo studio paterno, Baglivi intraprende una serie di viaggi nel Regno di Napoli, in Dalmazia, nell’Illirico, nelle regioni confinanti con l’impero turco; non manca di visitare i maggiori atenei italiani, dove può frequentare le lezioni dei più famosi medici del tempo: Lorenzo Bellini (1643-1704), Francesco Redi (1626-1697) e Alessandro Pascoli (1669-1757).
In particolare, a Bologna frequenta Marcello Malpighi (1628-1694), che lo introduce all’anatomia microscopica. Proprio al seguito di questo maestro, che nel 1691 è chiamato a Roma per assumere l’incarico di archiatra pontificio, anche Baglivi si trasferisce nell’Urbe, stabilendovisi nel 1692. A Roma frequenta l’Accademia Fisico-matematica, presso la casa del dotto monsignor Giovanni Giustino Ciampini (1633-1698). Dopo la morte di Malpighi, avvenuta nel 1694, papa Innocenzo XII affida a Baglivi l’insegnamento di anatomia e chirurgia della Sapienza. A seguito della pubblicazione del De praxi medica (1696), diviene membro dell’Arcadia, assumendo il nome di Epidauro Pirgense, dell’Accademia Naturae Curiosorum e della Royal Society di Londra. Il successore di Innocenzo XII, Clemente XI, affida a Baglivi la prestigiosa cattedra di medicina teorica, con un alto stipendio annuale.
Nel 1706 Baglivi si ammala di una febbre tenace e muore a Roma il 7 giugno 1707, a soli 39 anni. Le sue spoglie sono sepolte nella chiesa di San Marcello al Corso.
Le sue principali opere sono il succitato De praxi medica e il De fibra motrice et morbosa (1700). Pur dichiarandosi contrario ai sistemi in medicina, Baglivi – allievo prediletto di Malpighi ed estimatore di Bellini e Giovanni Alfonso Borelli (1608-1679) – aderisce alla medicina iatromeccanica ma, al contempo, riconosce l’importanza della chimica e valorizza l’osservazione clinica. Nelle sue opere, accanto a puntuali descrizioni di alcune malattie (come è possibile constatare nel I capitolo del De praxi medica) e ad accurati studi di anatomia comparata condotti sui vasi e sui visceri delle rane e delle testuggini (presenti sia in quest’opera, che nel De fibra motrice et morbosa), Baglivi continua a sostenere una concezione meccanicistica dei viventi, tentando di spiegare tutte le funzioni fisiologiche con concetti fisici.
Tra i diversi meriti ascrivibili all’opera di Baglivi, è importante ricordare il suo significativo contributo all’introduzione della sperimentazione animale nella ricerca fisio-patologica e farmacologica.

Contributo alle scienze naturali in Napoli

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Napoli è una tappa fondamentale nella formazione di Baglivi. Un interessante riferimento all’attività sperimentale da lui condotta nel centro partenopeo è presentato nell’opera De anatome, morsu et effectibus tarantulae. Sollecitata dal celebre medico svizzero Jean Jacques Manget (1652-1742), è datata 13 novembre 1695. Pertanto, è il primo testo scientifico di Baglivi, anche se verrà pubblicato soltanto nel 1696, nell’edizione del De praxi medica, come la prima delle sei dissertazioni ivi aggiunte.
Nel testo, Baglivi distingue due forme di tarantismo: una è presentata come un’intossicazione causata dal morso del ragno, l’altra – definita a livello popolare Carnevaletto delle donne – è una sorta di simulazione della prima ed è espressione di un ‘disagio’ psicologico legato alla condizione femminile.
Se nella dinamica della terapia coreutica associata al tarantismo, l’espulsione del veleno dovrebbe avvenire mediante il sudore, provocato dal movimento e dal ballo, Baglivi si pone il problema di verificare se ciò avvenga anche nel caso di animali morsi dalla tarantola.
Le perplessità di Baglivi sono alimentate da un esperimento compiuto su animali – precisamente su un coniglio – eseguito proprio a Napoli, città nella quale Baglivi vive dal 1684 al 1688, per studiare medicina all’Università.
Nel corso dell’esperimento, il coniglio morso dalla tarantola dimostra di non essere affatto sollecitato dai suoni di una cetra e, dopo essere rimasto per quattro giorni “sempre afono e immobile”, nel quinto giorno successivo al morso del ragno spira. Baglivi, formulando una spiegazione ad hoc, ipotizza che il veleno della tarantola produca gli straordinari effetti del ballo solo in Puglia, dove è esaltato fino al giusto grado dai raggi piuttosto cocenti del sole. Come ha sottolineato Manuel De Carli, la necessità di rendere ragione dell’insorgenza del tarantismo nella sola Puglia meridionale, nonostante fosse attestata la presenza di tarantole anche in altre aree del mondo, è un aspetto centrale delle discussioni seicentesche sul tarantismo, con il quale si confrontano autori come Epifanio Ferdinando (1569-1638), Daniel Sennert (1572-1637), Athanasius Kircher (1602-1680), Wolferd Senguerd (1646-1724) e, appunto, lo stesso Baglivi.
Fin dall’inizio della trattazione, l’autore sembra convinto della specificità regionale del fenomeno del tarantismo, del fatto, cioè, che abbia caratteristiche così originali, da essere legato, in modo esclusivo, ad una determinata area geografica.
Nel capitolo XI della stessa dissertazione, Baglivi presenta un ulteriore richiamo al contesto sperimentale napoletano, riferendo, in questa occasione, non un’esperienza personale, ma quella di un altro studioso. Nell’ultimo di una serie di otto casi clinici, Baglivi riporta quanto riferitogli a Roma da un amico, Antonio Bulifon (1649-1707), circa una prova effettuata da un medico napoletano nel 1693. Il medico prova su se stesso il morso di due tarantole pugliesi, che erano state portate a Napoli, ma non registra alcun disturbo, sicché definisce del tutto irrilevanti gli esiti dei morsi ricevuti. Pertanto, Baglivi trova un’ulteriore conferma per l’ipotesi che la tarantola, trasportata in regioni diverse dalla propria, non provochi, in ragione di un clima non adatto, i sintomi fatali del morso.

Impatto nel contesto italiano ed europeo ed eredità intellettuale

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Come è attestato anche dai carteggi, le due principali opere di Baglivi, il De praxi medica (1696) e il De fibra motrice et morbosa (1700), conoscono un’ampia diffusione europea. Dagli scambi epistolari risulta chiaramente come il De praxi medica abbia rappresentato un punto di riferimento ineludibile per i clinici italiani ed europei e come le sue opere abbiano esercitato una significativa influenza su studiosi di primissimo piano come Friedrich Hoffmann (1660-1742), Herman Boerhaave (1668-1738) e Albrecht von Haller (1708-1777).
D’altronde, si tratta di opere che sono il risultato di un cursus studiorum assai ragguardevole, che riceve ben presto autorevolissimi riconoscimenti, non soltanto sul piano accademico, con la chiamata alla prestigiosa cattedra a Roma, ma anche e soprattutto sul piano scientifico, con l’associazione, avvenuta nel 1697, alla Royal Society, che lo stesso Baglivi considera tra le principali istituzioni per lo sviluppo della scienza sperimentale.
A testimonianza di una certa consonanza con i baconiani e la Royal Society, non bisogna dimenticare la volontà dell’autore di appore in exergo alla prima delle sei dissertazioni contenute nel De praxi medica, una frase tratta dal Novum Organum di Francis Bacon (1561-1626), che indica la rotta da seguire nel corso della ricerca scientifica: «Non fingendum aut excogitantum, sed inveniendum quid naturam faciat aut ferat». E, nel corso dello stesso trattato, non mancano diversi riferimenti espliciti alle opere di autori quali Robert Boyle (1627-1691), Robert Hooke (1635-1703) e Martin Lister (1639-1712).

Bibliografia

Opere di Giorgio Baglivi

  • De praxi medica ad priscam observandi rationem revocanda, libri duo. Accedunt dissertationes novae, typis Dominici Antonii Herculis, sumptibus Caesaretti Bibliop., Roma 1696.
  • De fibra motrice et morbosa: nec non de experimentis, ac morbis salivae, bilis, et sanguinis. Ubi obiter de respirationes, & somno. De statice aeris, & liquidorum per observationes barometricas, & hydrostaticas ad usum respirationis esplicata. De circulatione sanguinis in testudine, ejusdemque cordis anatome, apparso originariamente come Epistola ad Alexandrum Pascoli, Perusiae, Apud Costantinum, 1700.
  • Carteggi di Giorgio Baglivi. Fondi Osler e Magliabechi (1677-1706). Lettere della Osler Library della Mc Gill University. Fondo “Magliabechi” della Biblioteca Nazionale di Firenze, a cura di F. Di Trocchio, G. Guerrieri, E. De Simone, Milella, Lecce 1999.
  • Carteggio (1679-1704). Conservato nella Waller Collection presso la University Library «Carolina Rediviva» di Uppsala, a cura di A. Toscano, Olschki, Firenze 1999.
  • Della tarantola. Lo studio di un medico nel Salento del XVII secolo, edizione, traduzione, note e glossario a cura di C. Pennuto, Carocci, Roma 2015.

Studi

  • Andrea Carlino, Introduzione. Il tarantismo di Giorgio Baglivi: medicina pratica, historia naturalis e scrittura etnografica, in G. Baglivi, Della tarantola. Lo studio di un medico nel Salento del XVIII secolo, edizione, traduzione, note e glossario a cura di C. Pennuto, Carocci, Roma 2015, pp. 7-33.
  • Mario Crespi, Baglivi, Giorgio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 5 (1963).
  • Manuel De Carli, Wolferd Senguerd (1646-1724), la storia naturale e la specificità pugliese del tarantismo, in Pagine d’oro e d’argento. Studi in ricordo di Sergio Torsello, a cura di M. De Carli e P. Vincenti, Kurumuny, Calimera 2020, pp. 337-350.
  • Gino L. Di Mitri, Storia biomedica del tarantismo, Olschki, Firenze 2006, pp. 6-12.
  • Bernardino Fantini, La tarantola e il moto perpetuo: empirismo e teoria in Giorgio Baglivi, in Quarant’anni dopo De Martino, Atti del convegno internazionale di studi sul tarantismo, Galatina, 24-25 ottobre 1998, a cura di G. L. Di Mitri, Besa, Nardò 2000, I, pp. 51-67.
  • Mirko D. Grmek, Osservazioni sulla vita, opera ed importanza storica di Giorgio Baglivi, in Atti del XIV Congresso internazionale di storia della medicina, Roma-Salerno, 13-20 settembre 1954, Guerra e Belli, Roma 1960, pp. 423-437.
  • Mirko D. Grmek, La vita e l’opera di Giorgio Baglivi medico raguseo e leccese (1668-1707), in Il nucleo filosofico della scienza, a cura di G. Cimino, U. Sanzo, G. Sava, Congedo, Galatina 1991, pp. 93-111.
  • Mirko D. Grmek, Alle origini della biologia medica. Giorgio Baglivi tra le due sponde dell’Adriatico, in «Medicina nei secoli», n. s., 12/1 (2000).
  • Concetta Pennuto, Casi di tarantati studiati dal Baglivi nel ‘600, in “Tarante” veleni e guarigioni. Atti del Convegno Interdisciplinare, Lecce, 31 ottobre 2000, a cura di R. Pepe, M. Fortuna, G. Belmonte, Ideemultimediali, Nardò 2002, pp. 15-39.
  • Gabriella Sava, Analyse und Interpretation des Tarantismus bei Giorgio Baglivi, in Magie, Tarantismus und Vampirismus. Eine interdisziplinäre Annäherung, M. Genesin & L. Rizzo (Hrsg.), Verlag Dr. Kovac, Hamburg 2013, pp. 73-89.
  • Luca Tonetti, Corpus fasciculus fibrarum: teoria della fibra e pratica medica nel De praxi medica di Giorgio Baglivi, in «Physis», 51/1-2 (2016), pp. 379-392.
  • Anna Toscano, Mirabilis Machina. Il “Perpetuum Mobile” attraverso il De Statice Aeris e il De Fibra Motrice et Morbosa di Giorgio Baglivi, 2 v., Edizioni Brenner, Cosenza 2004.

ARTICLE WRITTEN BY GABRIELLA SAVA | STORIADELLACAMPANIA.IT © 2020

Hinc felix illa Campania est, ab hoc sinu incipiunt vitiferi colles et temulentia nobilis suco per omnis terras incluto, atque (ut vetere dixere) summum Liberi Patris cum Cerere certamen. Hinc Setini et Caecubi protenduntur agri. His iunguntur Falerni, Caleni. Dein consurgunt Massici, Gaurani, Surrentinique montes. Ibi Leburini campi sternuntur et in delicias alicae politur messis. Haec litora fontibus calidis rigantur, praeterque cetera in toto mari conchylio et pisce nobili adnotantur. Nusquam generosior oleae liquor est, hoc quoque certamen humanae voluptatis. Tenuere Osci, Graeci, Umbri, Tusci, Campani.
[Plinius Sen., "Nat. Hist." III, 60]

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