Pascale, Gian Luigi

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Gian Luigi Pascale (Cuneo, ca. 1525 - Roma, 16 settembre 1560) è stato un predicatore calvinista, condannato a morte dall'Inquisizione romana.

Dopo aver servito come ufficiale nell'esercito piemontese, nel 1552 si rifugiò a Ginevra, aderendo al calvinismo e stringendo amicizia con Galeazzo Caracciolo e partecipando alla vita della comunità calvinista italiana della città.
Ottenne la cittadinanza ginevrina nel 1555. Fu allievo, presso l'Accademia di Losanna, di Théodore de Bèze e di Pierre Viret, che tradusse in italiano nel 1556 (Dei fatti de’ veri successori di Giesù Christo et de suoi apostoli et de gli apostati della chiesa papale). Nel 1555 diede alle stampe una traduzione del Nuovo Testamento (per i tipi di Jean Crespin), nonché curò la pubblicazione de Le dotte e pie parafrasi sopra l'epistole di S. Paolo à Romani, Galati ed Ebrei di M. Giovan Francesco Virginio (probabile pseudonimo di Cornelio Donzellini). Incaricato di predicare tra i valdesi di Calabria, vi si recò nel marzo 1559 (viaggiò insieme a Giacomo Bonelli, che lo aveva reclutato come predicatore). Catturato il 2 giugno 1559 e trasferito a Roma il 15 maggio 1560, fu condannato al rogo. La sentenza fu eseguita presso Ponte Sant'Angelo il 16 settembre 1560 ("essendo luterano perfido - come attestano i registri della Confraternita romana di S. Giovanni Decollato -, ne mai uolse confessarsi ne udir messa, negando ogni santo et diuino precetto et sagramento, et in quella sua pertinacia uolse morire").

Bibliografia

  • Marco Fratini, Pascale, Gian Luigi, in DSI, vol. 3, pp. 1173-1174.
  • Domenico Orano, Liberi pensatori bruciati in Roma dal XVI al XVII secolo, Bastogi, Foggia 1980 [1904], pp. 11-12.
  • Pio Paschini, Episodi dell' Inquisizione a Roma nei suoi primi decenni, in "Studi romani", 5, 1957, pp. 285-301.
  • Pierroberto Scaramella, L'Inquisizione romana e i Valdesi di Calabria, Editoriale Scientifica, Napoli 1999.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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