Ciabocchi, Domenico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico Ciabocchi o Sciabocco, chiamato anche Domenico Alunno o Bertoldo, era nato intorno al 1675 nell’Ospedale della Carità di Todi da genitori che non aveva mai conosciuto. Analfabeta, si era sposato nel 1705 nella chiesa di S. Martino a Romazzano in prime nozze con Maria Giulia Laurenzi, dalla quale aveva avuto quattro figli. Contadino come la moglie, dopo 9 anni aveva abbandonato la famiglia per dirigersi prima ad Amelia e poi a Terni dove aveva svolto diversi lavori. Nella cattedrale di Narni il 6 settembre 1723, mentendo sul suo stato libero e facendo mentire due testimoni, corrotti con ceste di frutta, si risposò con Elisabetta Natili, vedova di Angelo Moriconi.

Scoperta casualmente la sua bigamia, il fatto fu denunciato al Sant’Uffizio di Todi che raccolse numerose testimonianze, passando poi il carteggio all’inquisitore di Perugia, che lo trasmise all’inquisitore di Spoleto, sotto la cui competenza era la vicaria di Narni.

Il 21 luglio 1725 la Sacra Congregazione del Sant’Uffizio ordinò l’arresto del bigamo, ordine che fu eseguito soltanto il 12 novembre a causa della sua latitanza.

Il primo interrogatorio lo subì il 16 novembre e ad esso ne seguirono altri insieme a “lievi” torture per convincerlo a confessare perché a causa del suo nome e dei numerosi soprannomi cercava di far credere che lui e il bigamo fossero due persone diverse.

Sotto l’incalzare delle domande rivelò la verità dei fatti il 21 dicembre 1725.

Il 28 marzo 1726 la Sacra Congregazione condannò il prigioniero a cinque anni di galera pontificia, preceduti dall’abiura e da penitenze salutari.

Il 17 aprile 1726, rinchiuso nella segreta del carcere del Sant’Uffizio di Narni, riuscì ad evadere strangolando il bargello e vivandiere Giuseppe Antonio Natili.

Scattarono immediatamente le indagini che portarono gli sbirri dell’Inquisizione narnese e di quelle limitrofe sulle sue tracce ma non riuscirono a catturarlo perché fuggito a L’Aquila, Regno di Napoli.

Ciabocchi, innamorato della sua seconda moglie, fece scrivere un biglietto per darle un appuntamento al confine presso la dogana del “Salto del Cieco” ma il messaggio fu intercettato e al suo posto trovò gli sbirri che lo portarono in catene prima a Terni e poi di nuovo a Narni, nella stessa segreta dalla quale era fuggito.

Il 12 ottobre 1726 la Sacra Congregazione condannò il bigamo omicida alla galera perpetua. Il 19 ottobre Ciabocchi, di fronte al vescovo di Narni Niccolò Terzago e all’inquisitore di Spoleto Tommaso Maria Masserotti, pronunciò la sua abiura.

Bibliografia

  • Roberto Nini, Alla ricerca della verità. Sulle tracce dell'inquisizione per scoprire il mistero dei sotterranei di Narni, Edizioni Thyrus, Arrone 2007.
  • Roberto Nini, Il Sant'Uffizio di Narni, in A dieci anni dall’apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell’Inquisizione, Roma, 21-23 febbraio 2008 (Atti dei Convegni Lincei, 260), Scienze e Lettere Editore Commerciale, Roma 2011, pp. 666-698.
  • Tamara Pelucchini, Un caso di bigamia del XVIII secolo, in La chiesa di S. Maria Maggiore e i Domenicani a Narni, Atti del Convegno, Narni 29/30 Settembre 2006, a cura di Roberto Nini e Serena Novelli, Morphema editrice, Terni 2010, pp. 81-84.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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