Sforza, Caterina

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


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Caterina Sforza (Milano, 1463 – Firenze, 28 maggio 1509) è stata una donna politica, militare, alchimista e scrittrice.

Biografia

Caterina Sforza nacque a Milano, figlia naturale di Galeazzo Maria Sforza e di Lucrezia Landriani. Fu in seguito legittimata e Bona di Savoia, moglie dello Sforza, la adottò ufficialmente quando si trasferì alla corte ducale nel 1466, anno dell’incoronazione ducale di Galeazzo Maria, instaurando con lei un rapporto di genuino affetto materno.
Alla corte sforzesca Caterina ricevette un’istruzione di alto livello, seguita dal maestro Andreotto del Maino. Sotto la supervisione della nonna Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza, Caterina fu iniziata alla pratica militare ed è probabile che sempre in questi anni abbia appreso i primi rudimenti dell’alchimia, interesse che l’accompagnò lungo tutta la sua vita.

Nel 1469 fu promessa in sposa a Onorato, figlio di Marc’Antonio Torelli - capitano generale delle milizie ducali - il quale morì poco dopo ancora bambino. La svolta nella vita di Caterina, tuttavia, arrivò con il tentativo di suo padre di estendere i dominî sforzeschi conquistando Imola nel 1470. Galeazzo Maria Sforza, desideroso di placare l’ira dei Medici di Firenze per la sottrazione di una città che da tempo questi intendevano controllare, e di trovare una soluzione con il pontefice, nei cui stati Imola era stata reintegrata nel 1426, accettò la proposta di Pietro Riario, nipote di Sisto IV.
La soluzione prevedeva che Caterina portasse Imola in dote a Girolamo Riario, nipote del papa, per la quale Sisto IV avrebbe versato la somma di 40.000 ducati, presi in prestito dal banco dei Pazzi a Firenze. In tal modo Girolamo Riario avrebbe guadagnato la parentela con gli Sforza, Sisto IV avrebbe reinserito nei propri stati una città strategicamente importante e la nuova alleanza tra Milano e Roma avrebbe contenuto le ambizioni medicee.

Il fidanzamento fu stipulato nel 1473 e il matrimonio celebrato nel 1477. Caterina, nuova signora di Imola, fece il suo ingresso trionfale in città nel maggio di quell’anno, ancora quattordicenne. Quello stesso mese proseguì il viaggio alla volta di Roma, una città in pieno sviluppo urbanistico, artistico e demografico dopo la crisi del papato avignonese e lo Scisma d’Occidente. Nel 1480 Girolamo Riario e Caterina furono insignoriti anche della città di Forlì, vedendo la loro posizione notevolmente rafforzata.

Nel 1484, tuttavia, la morte di Sisto IV ruppe tale equilibrio dando l’occasione a Caterina di mostrare la propria leadership. A 21 anni, con le fazioni avverse ai Riario che saccheggiavano i palazzi romani del casato, Caterina occupò Castel Sant’Angelo alla testa dei suoi armati, mentre il marito presidiava Ponte Milvio. In quella circostanza, ella dichiarò di voler restare nella fortezza fino all’elezione del nuovo papa, tenendo in scacco il conclave con le sue artiglierie. Al Riario, il Sacro Collegio chiese di lasciare Roma dietro compenso di 8.000 ducati e il mantenimento della signoria su Imola e Forlì. Egli accettò, ma la trattativa dovette prolungarsi a causa del rifiuto di Caterina di lasciare la fortezza, resistendo al suo interno per dodici giorni. L’oratore fiorentino a Roma Guidantonio Vespucci, in tale circostanza, scrisse di Caterina che «la sua animosità si funda nell’exercito […] et nell’havere il Castello a sua devozione». Si intravede in questo frangente il significato delle parole di Nadia Covini, prese in prestito da Joan Kelly, nel dire che Caterina Sforza «potrebbe rappresentare un’acme delle potenzialità femminili tra Quattro e Cinquecento» (Covini, p. 247).

Caterina e Giacomo Riario, riconfermata l’investitura da parte del nuovo papa Innocenzo VIII, tornarono nella loro signoria di Imola e Forlì, stanziandosi in quest’ultima. Malgrado ciò, il malcontento causato nel 1486 a Forlì dall’introduzione di nuove tasse fu cavalcato dalle fazioni avverse ai Riario degli Orsi e degli Ordelaffi, i quali, con l’appoggio del papa e di Lorenzo il Magnifico, assassinarono il Riario il 14 aprile del 1488, in quella che divenne nota come la ‘Congiura degli Orsi’. Durante i disordini Caterina fu catturata con la madre, Lucrezia Landriani, le sorelle e i suoi sei figli. Prima di essere fatta prigioniera, tuttavia, era riuscita ad inviare richieste di aiuto militare allo zio, Ludovico il Moro. Gli organi governativi di Forlì, non sapendo cosa fare, senza condannare apertamente i congiurati, consegnarono la città al papa, rappresentato dal protonotario apostolico Giovanni Battista Savelli. La rocca forlivese di Ravaldino, tuttavia, era ancora in mano del castellano Tommaso Feo, fedele ai Riario. Per prevenire un assalto, Feo inviò un messaggio al legato papale e agli insorti in cui, mentendo, si dichiarava disposto a cedere il castello se prima gli fosse stata consegnata Caterina per esigere da questa l’ultima paga. Dopo un intenso dibattito, gli assedianti accondiscesero tenendo in ostaggio i figli di Caterina, la quale, una volta al sicuro si mostrò decisa a resistere, noncurante delle forche che nel frattempo venivano allestite davanti alla rocca.
Questa circostanza diede vita all’aneddoto riportato da Machiavelli, secondo il quale, in risposta alla minaccia, Caterina avrebbe mostrato i genitali agli assedianti dalle mura del castello dichiarando di possedere gli strumenti per fare altri figli. Se, da un lato, il fatto non andò in questi termini, in prospettiva antropologica appare denso di significati simbolici. Legandosi alle immagini di Circe e di Medusa, figure di donne “paralizzanti” attraverso l’uso consapevole di una sessualità aggressiva, l’aneddoto mostra l’impatto che l’agire di Caterina ebbe sull’immaginario del tempo. La trasposizione simbolica dell’ostentazione dei genitali trascritta da Machiavelli, probabilmente già nota per via orale, nacque dal rifiuto di Caterina di arrendersi nonostante le minacce di morte sui figli, e dalla reiterata dichiarazione di essere in quel momento incinta, come attestano le relazioni degli oratori mantovani e fiorentini del tempo. Simili affermazioni contrastavano fortemente con l’immagine archetipica della ‘madre’ cristiana tardo-medievale e ponevano Caterina in una zona di ambiguità (madre-guerriera) difficilmente risolvibile per i contemporanei.
La resistenza, comunque, sortì il risultato voluto. Il 29 aprile arrivarono le truppe sforzesche che sconfissero facilmente gli insorti. Il 30 aprile Caterina si proclamò reggente in nome del figlio, Ottaviano Riario, e qualche mese dopo sposò Giacomo Feo, fratello del fedele castellano Tommaso. La reggenza fu riconosciuta da Innocenzo VIII e Ottaviano fu pienamente legittimato nella successione. Caterina, banditi gli oppositori politici e restaurato l’ordine a Forlì, si consolidò alla guida della signoria.

Nel 1492 le morti di Lorenzo de’ Medici e di Innocenzo VIII aprirono una nuova fase di instabilità. L’elezione di Alessandro VI Borgia, in particolare, rappresentava una minaccia per Caterina per l’inimicizia corrente tra le casate dei Borgia e dei Riario-Della Rovere. Nel 1494, inoltre, la calata di Carlo VIII mise la Sforza nella delicata posizione di dover scegliere tra il re di Francia, alleato dello zio Ludovico il Moro, e il re di Napoli, Ferdinando II d’Aragona, sostenuto da Roma. Nonostante una prima inclinazione per l’opzione aragonese, Caterina riuscì a mantenere una sostanziale neutralità, grazie anche alla decisione dei francesi di scendere a Napoli passando per la Cisa e non per la Romagna.

Nel 1495, il secondo marito di Caterina, Giacomo Feo, fu assassinato nell’ambito di un’altra congiura, ma nel 1496 ella si innamorò dell’ambasciatore fiorentino presso Forlì Giovanni de’ Medici detto il Popolano, che sposò nel 1497 in terze nozze e con il quale diede alla luce Giovanni, futuro condottiero noto come Giovanni dalle Bande Nere e padre del primo Granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici. Il terzo marito di Caterina morì di malattia nel 1498.
Nel frattempo, gli attriti tra Venezia e Firenze, nella cui orbita era entrata la signoria di Caterina, esponevano Forlì agli attacchi della Serenissima. Caterina organizzò personalmente e con successo le difese cittadine contro le minacce veneziane, appoggiate ancora dalle fazioni avverse degli Ordelaffi e dei Manfredi, ricevendo qualche sostegno solo da Milano e da Mantova. Fu in questo momento che a Caterina cominciò ad essere attribuito l’appellativo di ‘tygre’.
Nel 1499, inoltre, con la calata in Italia del re di Francia Luigi XII, Alessandro VI colse l’occasione per perfezionare il dominio papale sulle province romagnole e al contempo creare uno stato per suo figlio Cesare Borgia, che iniziò la campagna per rimuovere le rimanenti sacche di potere signorile dal suo nuovo stato. Il 24 novembre del 1499 Imola aprì le sue porte senza resistere. Il 19 dicembre anche Forlì si arrese e Caterina, decisa a resistere, si asserragliò nella rocca di Ravaldino. L’assedio terminò il 12 gennaio del 1500 dopo un intenso bombardamento.

Caterina, caduta nelle mani del Borgia, fu inviata prigioniera a Roma, dove passò un anno in Castel Sant’Angelo, venendo liberata nel giugno del 1501 dopo aver firmato la rinuncia a qualsiasi diritto sui propri stati. Partì allora per Firenze, dove l’attendevano i figli e dove visse nei palazzi appartenuti all’ultimo marito; negli ultimi anni si dedicò pienamente all’antica passione per lo studio e per l’alchimia. Caterina morì il 28 maggio del 1509 a Firenze a causa di una polmonite e sepolta nel monastero fiorentino delle Murate.

Opere e attività di alchimista

Rispetto alle gesta militari e al ruolo politico, l’interesse per l’alchimia, la scienza medica e la cosmesi resta un aspetto della vita di Caterina che ha riscosso minor attenzione da parte degli storici. Questi suoi studi, in realtà, sono interessanti non solo dal punto di vista strettamente biografico, bensì anche nell’aprire nuove prospettive sull’approccio delle donne nel Rinascimento alla scienza e alla medicina, ovvero alla potenziale creazione di uno spazio di sapere autonomo di pertinenza femminile. Un simile interesse, inoltre, non fu mai slegato dal ruolo politico di Caterina, in quanto parte integrante della sua cultura, della sua percezione del mondo e del suo agire nei momenti critici. Tra le questioni trattate, ad esempio, troviamo i modi per aggiungere peso ai metalli e alle monete in modo da farle sembrare più simili all’oro, per permettere alle finanze del suo stato di gravare meno sulle spalle dei sudditi. Il 2 novembre del 1499, mentre preparava la resistenza contro il Borgia, Caterina scriveva al suo confessore Francesco Fortunato di procurarle una serie di strumenti e sostanze per il suo prossimo esperimento.
Da questi studi Caterina scrisse il libro Experimenti della excellentissima signora Caterina da Forlì, contenente formule per produrre medicamenti e cosmetici, e importantissimo per comprendere lo stato della prassi scientifica tardo-medievale. Il libro degli Experimenti, concepito espressamente per un pubblico femminile, conferma la tendenza espressa dalla storiografia più recente di un ruolo attivo delle donne del Rinascimento di patronage attraverso la circolazione di teorie e pratiche alchemiche. In altre parole, uno spazio autonomo di potere attraverso la conoscenza. In quest’ottica il mondo della cosmesi, centrale nella riflessione di Caterina e a prima vista afferente alla semplice dimensione estetica, diventa un canale di accesso al reperimento e alla conoscenza delle materie e dei preparati chimici. In tal modo la cosmesi si lega alle pratiche mediche e curative – 358 ricette delle 454 presenti nel libro sono di natura medica – interessando un vasto pubblico non solo aristocratico ma anche borghese. Il libro degli Experimenti, in più, oltre a incontrare i bisogni della vita quotidiana, è anche testimone di una rete diplomatica informale costituita attraverso i contatti con i vari intellettuali sparsi nelle corti italiane con cui Caterina era in contatto per lo studio delle pratiche alchemiche, come Milano, Mantova e Ferrara.

Bibliografia

  • Nadia Covini, Tra patronage e ruolo politico: Bianca Maria Visconti (1450-1468), in Donne di potere nel Rinascimento, a cura di Letizia Arcangeli e Susanna Peyronel, Roma, Viella, 2008, pp. 247-280.
  • Joyce De Vries, Caterina Sforza: the shifting representation of a woman ruler in early modern Italy, in «Lo sguardo. Rivista di filosofia», n. 13, III (2013), pp. 165-181.
  • Julia L. Hairston, Skirting the Issue: Machiavelli’s Caterina Sforza, in «Renaissance Quarterly», LIII, 3 (2000), pp. 687-712.
  • Joan Kelly, Did woman have a Renaissance?, in Women, history and theory. The essays of Joan Kelly, Chicago-London, University of Chicago Press, 1985, pp. 19-50.
  • Pier Desiderio Pasolini, Caterina Sforza, Roma, Loescher, 1893.
  • Meredith K. Ray, Daughters of Alchemy: Women and Scientific Culture in Early Modern Italy, Cambridge, Harvard University Press, 2015.
  • Meredith K. Ray, Experiments with Alchemy: Caterina Sforza in Early Modern Scientific Culture, in Gender and Scientific Discourse in Early Modern Culture, edited by Kathleen P. Long, New York, Routledge, 20162, pp. 139-163.
  • Caterina Santoro, Gli Sforza, Milano, Tea, 1994.
  • Frédérique Verrier, Caterina Sforza et Machiavel ou l’origine d’un monde, Roma, Vecchiarelli, 2010.

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by David Salomoni | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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