Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Achille Rubini o Robino è stato un filatore veneziano perseguitato e condannato a morte dall'Inquisizione di Venezia nel 1587.
Filatore di seta, subì un primo processo inquisitoriale nel 1582, a seguito di sua spontanea comparizione presso l'Inquisizione di Venezia, confessando di aver letto la Bibbia in volgare. Tale primo processo si concluse con l'imposizione dell'abiura e con blande penitenze.
Successivamente fu denunciato da un suo conoscente, Ottone Carminati, che si presentò spontaneamente, su invito del suo confessore, all'Inquisizione di Venezia il 25 aprile 1583. Dalle carte processuali emerge che Rubini, che si era convertito alle nuove idee religiose a Vicenza all'inizio degli anni settanta del XVI secolo, negava la verginità della Madonna, affermando che Gesù aveva avuto un fratello, negava il culto delle immagini, il valore delle indulgenze, l'esistenza del Purgatorio e inoltre serbava la passione di leggere la Bibbia in volgare. A proposito dell'autorità della Chiesa romana, egli affermò significativamente: "La chiesa è solamente un tempio materiale di pietre e legni e che questo non è il vero tempio, ma il vero tempio è nel cuore".
Sottoposto a tortura, non fece particolari rivelazioni: confermò quanto denunciato da Ottone Carminati e citò come suo compagno di fede un altro filatore veneziano, un certo Camillo.
In quanto relapso, fu condannato a morte e annegato nella laguna di Venezia il 31 luglio 1587.
Bibliografia
- Romano Canosa, Storia dell'Inquisizione in Italia: dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, vol. 2: Venezia, Sapere 2000, Roma 1987, pp. 25-26.
- John J. Martin, Venice's hidden enemies: Italian heretics in a Renaissance city, University of California Press, Berkeley 1993, pp. 221-223.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]