Locati, Umberto

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Umberto Locati (Castel San Giovanni, Piacenza, 4 marzo 1503 - Piacenza, 17 ottobre 1587) è stato un inquisitore domenicano.

Entrò nell'ordine domenicano nel 1520. Studiò teologia e insegnò negli Studi annessi a vari conventi dell'Italia centrosettentrionale. Negli anni quaranta si legò a Michele Ghislieri e tale amicizia favorì notevolmente la sua carriera.
Nel 1558 fu nominato Inquisitore di Pavia e contemporaneamente ricoprì la carica di Priore del Convento di S. Giovanni in Canale dove si occupò della costruzione delle nuove carceri dell’Inquisizione nell’area dell’ex Chiesa di S. Maria del Tempio (detta dei Crocesegnati), cosa che conseguì con proventi di multe e confische ed anche apporti finanziari personali.
Nel 1560 fu nominato Inquisitore di Piacenza ed è datata a questi anni, la scrittura di opere storiche di modesto interesse, caratterizzate da una forma prevalentemente annalistica e riconducibili soprattutto alla tradizione cronachistica cittadina di ascendenza tardo medievale - sono rispettivamente il De Placentinae urbis successu et laudibus e l’Italia travagliata - anche se pubblicate tra il 1564 e il 1576, diversi fattori interni le ascrivono a quel periodo.
All’inizio del 1566, non appena Michele Ghislieri ascese al soglio Pontificio con il nome di Pio V, il Locati fu convocato a Roma dove divenne presto un personaggio influente, infatti fu nominato Commissario generale del S. Uffizio e poi investito dell’ufficio di Confessore papale. Mantenne tale carica – probabilmente congiunta con quella di Inquisitore di Piacenza fino al 1568 – e nel 1571 si dimise progressivamente dai prestigiosi incarichi assunti, forse per motivi di salute, deponendo anche la mitra episcopale di Bagnorea (Bagnoregio), assegnatagli nel 1568. Ritornato a Piacenza (dove morì nel 1587), testimonianze di storici locali, attestano nel 1585 una sua intensa attività di mecenatismo e di cura verso le strutture materiali e simboliche della Chiesa locale, a testimoniare un’attività di storico e soprattutto, nella grande considerazione che gli fu deputata, per le alte cariche ricoperte nell’Inquisizione e nella corte papale.
Le sue opere valgono a testimoniare entrambi i percorsi e a definirli : delle due operette storiche, la prima De Placentinae urbis origine successu et laudibus – la cui traduzione in volgare fu pubblicata dallo stesso autore con il titolo Cronica dell’origine di Piacenza (nel 1564) – è un’opera interessante di storia municipale, che non è possibile far rientrare nel genere consueto della storiografia italiana del XVI secolo. Essa offre una sintetica narrazione della storia di Piacenza dalle origini al periodo contemporaneo all’autore ed è redatta in forma annalistica; semmai la Cronica sembra presentare evidenti analogie sia con il genere della descriptio urbis nelle appendici di tipo inventariale di rassegne delle ricchezze monumentali di Piacenza, sia con la tradizione cronachistica cittadina precedente, ma è comunque priva di profondità di analisi.
Altra opera storica di modesto valore è l’Italia travagliata (edita a Venezia solo nel 1576 da Daniele Zanetti), una vasta e disordinata congerie di materiali incentrati sul tema delle invasioni dell’Italia, avvicinabile al genere popolare di storia come compendio di storia altrui, testo in complesso poco classificabile, sfuggente a ogni definizione, che respinge il lettore per lo stile difficile e la sovrapposizione di eventi e sventure non illuminate da alcuna interpretazione. Invece l’opera che ha consegnato il Locati alla fama (non solo dei contemporanei) e l’Opus quod iudiciale inquisitorum dicitur (1568), un testo di grande valore teologico e giuridico (in latino), significativamente dedicato al domenicano Pio V, coerente prodotto di una lunga e variegata carriera inquisitoriale.
La sua importanza è testimoniata dalle due ristampe e rientra a pieno titolo nel genere di manuali inquisitoriali di antica tradizione, inserendosi nel quadro vivace della pubblicistica sulla produzione canonistica contro i reati di opinione religiosa e offre al riguardo un grande prontuario giudiziario. Vi è certo da dire che si tratta di un lavoro con finalità pratiche, che rispecchia e riassume l’esperienza del Locati nella sede inquisitoriale di Piacenza (databile dal 1556 al 1565), fra i primi ad essere pensati per l’attività dell’Inquisizione romana; consta di quattro parti: 1) un repertorio alfabetico di temi inquisitoriali, 2) un elenco di quaestiones affrontate nei giudizi, 3) una discussione sui processi (alcuni dei quali trasmessi a Roma), 4) un formulario per la redazione corretta degli atti giudiziari da parte degli Inquisitori.
La seconda edizione (del 1570, sempre edita da Blado) presenta dei lemmi in più (40), aggiunge altre 13 quaestiones, relative alla confisca dei beni dei condannati, inoltre offre una collezione di decreti emanati dalla S. Congregazione in cui si precisano alcuni aspetti della procedura seguita.
La terza edizione, del 1583, pubblicata a Venezia da Zenaro, presentò un titolo diverso, Praxis iudiciaria inquisitorum, ed è un aggiornamento rispetto al passato con altri 11 casi concernenti le posizioni della recidiva e dell’impenitenza; fu accolta con tale favore dai contemporanei da influenzare i caratteri del genere letterario che illustrava e da essere citata da parte dei futuri autori di manuali anche nel secolo successivo. Tuttavia l’opera risultava non facilmente consultabile a causa della vastità e dell’organizzazione frammentaria della vasta materia, per cui le fu preferita la consultazione di più felici modelli editoriali che andavano nascendo e che avevano il pregio di affrontare la materia in maniera parallela rispetto alla procedura inquisitoriale (come il Directorium inquisitorum dell Eymerich commentato dal Peña) che aveva il pregio di reperire facilmente la specifica norma processuale di cui l’Inquisitore aveva bisogno in ciascun momento della procedura. Malgrado l’opera redatta dal Locati affrontasse ogni tema con particolari esaustivi e con una ricca documentazione di fonti e dottrine, il risultato era un manuale non unitario e poco proficuo per il lettore, che non disponeva di un articolato chiaro del processo inquisitoriale, ma di un vasto ed eterogeneo lavoro, dove la trattazione della procedura si disperdeva nelle varie parti che componevano l’opera.

Bibliografia

  • Piero Castignoli, Un contributo alla ricerca sull’eresia “luterana” e la repressione inquisitoriale a Piacenza nel ‘500, in “Bollettino Storico Piacentino”, XCIII, 1998, pp. 3-41.
  • Andrea Del Col, Commissario del Sant'Uffizio, Italia, in DSI, vol. 1, pp. 351-352.
  • Simon Ditchfield, Umberto Locati OP (1503-87) - Inquisitore, storico e vescovo, in "Bollettino storico piacentino", LXXXIV, 1989, pp. 205-221.
  • Andrea Errera, Processus in causa fidei: l’evoluzione dei manuali inquisitoriali nei secoli XVI-XVIII, Monduzzi, Bologna 2000.
  • Simone Ragagli, Locati, Umberto, in DBI, vol. 65 (2005).
  • Herman H. Schwedt, Die Anfänge der Römischen Inquisition. Kardinäle und Konsultoren 1542 bis 1600, Herder, Freiburg 2013, pp. 164-166.

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Article written by Rosa Lupoli | Ereticopedia.org © 2016

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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