Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Reginaldo Nerli (Mantova, 1494 - Bologna?, post 1565) è stato un predicatore ed inquisitore appartenente all'ordine domenicano.
Biografia
Entrò nel convento di San Domenico a Bologna verso il 1512, dove compì gli studi e intraprese l'attività di insegnamento sino ad ottenere il grado di magister studiorum nel 1552.
Nel 1536-37 collaborò col cardinale Ercole Gonzaga a Mantova per la riforma dei conventi femminili. Fu anche uno stretto collaboratore del vescovo di Verona Giberti sin dalla fine degli anni trenta (nel 1537 predicò a Verona sulle lettere di San Paolo; redasse inoltre il testamento del vescovo, sotto sua dettatura). Nel 1542, da Somasca (vicino a Como) informò Fabio Mignanelli, nunzio a Venezia, della fuga di Bernardino Ochino, che aveva incrociato a Chiavenna.
Collaborò quindi col Morone a Modena, dove nel 1545 predicò la Quaresima, fu nominato da Morone stesso visitatore della diocesi e assunse la carica di vicario dell'Inquisizione locale. Fu presente alla prima sessione del concilio a Bologna (la nona dall'inizio a Trento) il 21 aprile 1547. Dal 1547 al 1549 fu di nuovo a Mantova presso il cardinal Gonzaga. Nel 1549 si trasferì a Bologna, dove dal 1552 al 1554 diresse l'Inquisizione locale. La sua destituzione da Inquisitore di Bologna a favore di Eustachio Locatelli fu probabilmente legata alla sua vicinanza ai cardinali Pole e Morone, sui quali il Sant'Uffizio romano guidato dal cardinal Carafa stava indagando. Sempre più vecchio e stanco, da questo momento in poi Nerli si eclissò. Dopo che il Morone fu fatto arrestare da Paolo IV nel 1557, fu sentito più volte come testimone nel processo. Morì probabilmente a Bologna dopo il 1565.
Bibliografia
- Processo Morone2, vol. I, pp. 26 sgg., 120 sgg., 712 sgg.
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]