Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Gian Pietro Faceti, detto Parisotto, è stato un prete bergamasco del XVI sec.
Viceparroco di Sant'Alessandro della Croce in Bergamo, aveva preso dimora pressoché stabile presso il monastero benedettino femminile di San Fermo, dove risiedeva suor Dorotea, al secolo Mobilia Sonzogno, che egli aveva sposato in segreto. Il caso venne a conoscenza del vescovo Vittore Soranzo, di cui Parisotto era uno stretto collaboratore (il vescovo di Bergamo lo aveva anche nominato confessore delle suore domenicane di Santa Maria Matris Domini e se ne serviva per trascrivere testi eterodossi), nel corso di una visita al monastero nell'ottobre 1549. Parisotto godeva di ampie solidarietà nel monastero (a partire dalla badessa, che lo proteggeva), che era caratterizzato da una forte libertà delle monache, e vi teneva nascosti libri eterodossi. La scelta di sposarsi con suor Dorotea era un esplicito rifiuto del celibato ecclesiastico fondato su una convinta adesione al luteranesimo.
Poco dopo Soranzo promosse Parisotto a parroco di San Salvatore in Almenno. La Sonzogno si spogliò dell'abito per raggiungere Parisotto e vivere con lui in concubinato.
Il 29 novembre 1550 Parisotto fu privato del sacerdozio e dei benefici ecclesiastici, bandito dal territorio della diocesi di Bergamo e ne fu ordinata la consegna al Sant'Uffizio. Probabilmente coperti dal Soranzo, Parisotto e la Sonzogno fuggirono in Svizzera, dove la loro relazione durò nel tempo ed ebbero dei figli. Parisotto rimase vedovo nel 1558 ed esercitò fino alla morte, avvenuta nel 1584, come pastore riformato di Samedan e Pontresina.
Bibliografia
- Massimo Firpo, Vittore Soranzo vescovo ed eretico. Riforma della Chiesa e Inquisizione nell'Italia del Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 2006.
- Processo Soranzo, ad indicem.
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2014
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]