Franco, Nicolò

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Nicolò Franco (Benevento, 13 settembre 1515 – Roma, 11 marzo 1570) è stato un poeta e umanista, condannato a morte dall'Inquisizione romana.

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Vita e opere

Letterato tra i più originali e controversi del Cinquecento, fu allievo di Antonio Sebastiano Minturno ed esordì con gli Epigrammi latini (Hisabella, Napoli, 1535), dedicati a Isabella di Capua, principessa di Molfetta. Trasferitosi a Venezia nel 1536, dove entrò in contatto con Francesco Marcolini e Pietro Aretino, pubblicò il poemetto Il tempio di Amore (1536), opera derivata da un modello napoletano, e collaborò all’allestimento del primo libro delle Lettere aretiniane, fornendo l’erudizione latina di cui Pietro difettava. La rottura con l’Aretino, di cui fu segretario, seguita all’uscita delle Pistole vulgari (1539), segnò l’inizio di un’accesa rivalità che ebbe riflessi violenti non solo sul piano letterario. Nel pieno della polemica, Franco fu aggredito e pugnalato al volto da un sicario dell’Aretino, Giovan Ambrogio degli Eusebi.

Le Pistole vulgari, i Dialoghi piacevoli e Il Petrarchista (tutti del 1539), stampati da Giolito, attestano la sua piena maturità: in essi Franco sperimenta un linguaggio brillante e corrosivo, oscillante tra moralismo e satira, che mira a smascherare le ipocrisie del costume e dell’erudizione contemporanea.

Stabilitosi poi a Casale Monferrato (1539-1546), trovò nella corte di Sigismondo Fanzino e nel cenacolo degli “Argonauti” un ambiente favorevole. Qui compose le Rime contro Pietro Aretino e la Priapea (pubblicate a Basilea nel 1548), raccolte di sonetti satirici e lussuriosi, animate da un’ironia feroce e anticlericale che segnerà la sua fama di autore libertino e di “polemista implacabile”. Nello stesso periodo curò edizioni teatrali (Li sei contenti, Sophonisba) e fondò l’Accademia degli Argonauti, assumendo il nome accademico di Cloanto.

Durante il successivo soggiorno a Mantova pubblicò la Philena (1547), romanzo morale e psicologico nel quale tentò una riflessione sulla rigenerazione spirituale dell’uomo, ispirandosi alla tradizione dantesca. Seguì nel 1548 il viaggio a Basilea per la stampa della terza edizione della Priapea, arricchita di nuovi componimenti anticlericali e antifarnesiani.

Tra il 1550 e il 1558 soggiornò tra la Calabria, Napoli e Roma, legandosi a Giovanni Cantelmo e Pietro Antonio Sanseverino. In questi anni redasse nuovi componimenti satirici (Del sei, Del sette, Dell’otto, Sull’uso della berretta) e lavorò a progetti rimasti incompiuti, come la Vulgare historia in dieci libri e i Quattro libri di lettere. Della sua vasta produzione epistolare resta un importante copialettere autografo (Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5642), che conserva oltre ottocento missive scritte fra il 1540 e il 1559 e rappresenta una preziosa testimonianza della vita letteraria e cortigiana dell’epoca.

Legato al giurista napoletano Bartolomeo Camerario, fu da lui ospitato a Roma nel giugno 1558, regnante papa Paolo IV (di cui Camerario era commissario all'annona). Ma poco dopo, il 15 luglio 1558, fu arrestato (così come il Camerario, accusato di malversazione). Dopo otto mesi di carcerazione fu liberato. Si vendicò di Paolo IV e dei Carafa scrivendo il violento libello Commento sopra la vita et costumi di Giovan Pietro Carafa che fu Paolo IV chiamato, et sopra le qualità de tutti i suoi et di coloro che con lui governaro il pontificato su incarico di Alessandro Pallantieri, che, in qualità di procuratore fiscale, conduceva il processo intentato da Pio IV contro i nipoti di Paolo IV e affiliati. Subì per questo la vendetta di Michele Ghislieri, delfino di Paolo IV, che, divenuto papa nel 1566 col nome di Pio V e disposta la revisione del Processo Carafa, lo fece arrestare (1568) e sottoporre a tortura: Franco confessò la piena paternità del libello anti-carafesco. Il processo inquisitoriale contro di lui si concluse con la sua condanna a morte, eseguita tramite impiccagione a Ponte Sant'Angelo l'11 marzo 1570.

Bibliografia essenziale

  • Nicola Badaloni, Inquietudini e fermenti di libertà nel Rinascimento italiano, ETS, Pisa 2004, pp. 53-91.
  • Sebastiano Martelli, Nicolò Franco: intellettuali, letteratura e società, in Dal progetto al rifiuto. Indagini e verifiche sulla cultura del Rinascimento meridionale, a cura di P.A. De Lisio e S. Martelli, Edisud, Salerno 1979, pp. 127-179.
  • Sebastiano Martelli, Nicolò Franco dentro e fuori l’“officina” aretiniana, in Conflitti dell’umanesimo letterario. Studi in onore di Francesco Tateo, a cura di M. De Nichilo, G. Distaso e A. Iurilli, Roma, Roma nel Rinascimento, 2003, pp. 859-888.
  • Ugo Rozzo, Erasmo espurgato dai “Dialoghi piacevoli” di Niccolò Franco, in Erasmo, Venezia e la cultura padana nel Cinquecento, a cura di A. Olivieri, Minelliana, Rovigo 1995, pp. 191-208.
  • Angelo Mercati, I costituti di Nicolò Franco (1568-1570) dinanzi l’Inquisizione esistenti nell’Archivio segreto Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1955.
  • Franco Pignatti, Franco, Nicolò, in DBI, vol. 50 (1998) (e bibliografia ivi citata).
  • Processo Carnesecchi, vol. II, ad indicem.
  • Processo Morone2, voll. I-II-III, ad indicem.
  • Carlo Simiani, La vita e le opere di Nicolò Franco, L. Roux e C., Torno-Roma 1894.

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Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013-2025

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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