Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Maria Panzona è stata una benandante friulana, perseguitata dall'Inquisizione veneziana.
Originaria di Latisana, fu arrestata per furto di ex voto ed elemosine in chiesa. Il suo processo cominciò a Latisana alla fine del 1618 e finì a Venezia nel 1619, dove fu successivamente trasferita. Il primo a interrogarla fu il parroco di Latisana in quanto vicario foraneo dell'Inquisizione. Confessò di aver partecipato al sabba, dominato da una figura di diavolo-badessa, di aver compiuto degli incantesimi ma anche di aver liberato alcune persone dalle malie delle streghe. Nominò alcune di queste, tra le quali le sorelle Ursula e Luigia Masutti (dette la Tazzotta e la Tabacca), che furono arrestate. Durante gli interrogatori manifestò crisi e svenimenti, forse di origine epilettica. Trasferita a Venezia con le altre due donne che aveva denunciato, del suo caso si occuparono il nunzio Sigismondo Donati, l'inquisitore Giandomenico Vignuzio e il cardinale Francesco Vendramin (patriarca di Venezia). Questi, per niente interessati a sabba e stregoneria diabolica, fecero presto rilasciare le due presunte streghe. Per loro la Panzona era una semplice apostata dalla fede. Quest'ultima, dal canto suo, tra febbraio e maggio 1619 ritrattò a Venezia tutto quel che aveva confessato poco prima al parroco di Latisana e si sforzò di esporre le credenze dei Benandanti ai quali apparteneva in modo piuttosto "tradizionale", presentandoli come guaritori benefici e non come adoratori del demonio (come lasciavano intendere le confessioni di Latisana). Fu infine condannata, in quanto eretica e apostata dalla fede (per i giudici veneziani i Benandanti erano essenzialmente degli eretici), a tre anni di prigione e all'esilio perpetuo da Latisana.
Ginzburg ha ritenuto "inspiegabile" la profonda discordanza tra le confessioni rese dalla Panzona a Latisana e quelle rese a Venezia. Nardon, che ha smontato la tesi di Ginzburg sulla progressiva trasformazione dei Benandanti nella percezione di loro stessi e nell'immaginario popolare da guaritori benefici ad adoratori del demonio, le ha definite come facilmente spiegabili sulla base del diverso orientamento dei giudici della fede coinvolti.
Bibliografia
- Carlo Ginzburg, I benandanti. Ricerche sulla stregoneria e sui culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Einaudi, Torino 1966.
- Franco Nardon, Benandanti e inquisitori nel Friuli del '600, Edizioni dell'Università di Trieste, Trieste 1999.
Voci correlate
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2014
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]