Castagnino, Maria Geronima

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Maria Geronima Castagnino, vedova di Antonio e conosciuta con il soprannome di "la Perrisola", fu al centro di un clamoroso processo per stregoneria avviato nel 1698 a Rupinaro, un borgo vicino a Chiavari.

Geronima era nota per vantarsi di saper curare malefici e per il suo presunto coinvolgimento in pratiche magiche. Secondo le testimonianze, minacciava spesso chi litigava con lei con frasi come “me la pagherai”, e non era raro che i suoi avversari si ammalassero subito dopo, alimentando la sua fama di strega. Uno degli episodi chiave del processo riguardò l’accusa di aver manipolato il cuscino di un malato, dal quale sarebbero stati estratti oggetti insoliti e inquietanti come chiodi, ossa e piume legate.

Nel 1698, un gruppo di abitanti di Rupinaro decise di agire: Geronima fu catturata e rinchiusa nella casa di Alessandro Ferralio, dove i suoi carcerieri la minacciarono di morte se non avesse guarito le persone che aveva presuntamente affatturato. Durante la prigionia, Geronima affermò di poter preparare una bevanda con erbe e “olio di sepoltura” per liberare le sue vittime. Alcuni degli accusatori riferirono che, durante una notte, strani rumori provenivano dalla stanza dove era rinchiusa, che lei attribuì a topi, ma che i presenti interpretarono come opera del diavolo.

Il processo formale, avviato dal capitano di Chiavari Domenico Rivarola, portò alla raccolta di numerose testimonianze contro di lei. Maria Geronima era accusata di aver causato malattie e morti, come nel caso del mulattiere Giuseppe Oneto, che si ammalò gravemente dopo un suo intervento, o di aver tentato di ostacolare il matrimonio della sua padrona, Maria Marsilia Canepa, predicendo disgrazie che poi si sarebbero avverate.

Nonostante le accuse, il processo evidenzia come la figura di Geronima fosse complessa: praticava cure popolari con erbe e rituali, unendo conoscenze mediche e superstizioni, ma la comunità interpretava le sue azioni come stregoneria. Non si conoscono gli esiti del processo, ma il caso rappresenta un esempio significativo delle accuse di stregoneria nell’Italia moderna, dove superstizione, conflitti personali e pratiche curative spesso si intrecciavano.

Bibliografia

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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