Muratori, Ludovico Antonio

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Ludovico Antonio Muratori (Vignola, 21 ottobre 1672 – Modena, 23 gennaio 1750), storico, letterato ed erudito fra i maggiori del sec. XVIII; le sue coraggiose posizioni lo misero spesso in contrasto con l'Inquisizione romana.

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Biografia

La storia delle idee e della cultura hanno affidato ad una personalità imponente come quella del Muratori un ruolo eminente, nella prima metà del '700, nel recupero e nella revisione della memoria storica, «capace di ricondurre a una cifra unitaria un largo ventaglio di interessi e di offrire un modello di singolare efficacia operativa» [Martino Capucci, L' erudizione storica e L. A. Muratori, p. 369]. Muratori fu il motore di un movimento di cultura che vide avvalersi le menti migliori (italiane e straniere) di grandi strumenti (archivi, biblioteche, giornali e carteggi) con una nuova forma mentis che privilegiava la circolazione delle idee in una prospettiva europea. L'apertura verso coordinate enciclopediche del sapere si univa alla coscienza che il lavoro del letterato trovava il suo significato più alto all'interno di un sistema di relazioni, una koinè che unificava un'ideale “Repubblica delle Lettere”, ed era una nuova pratica di cultura. Nella sua storia intellettuale sono ben visibili delle tracce in rilievo che portano alla sua linea di pensiero: gli interessi della gioventù rivolti ad un preciso programma di riforma della cultura italiana, la riflessione sulle forme della spiritualità e sui doveri dell'apostolato pastorale, le grandi questioni civili. Sono tutte direttrici che avanzano insieme senza cesure e convergono in una sola direzione dove si collocano pietà religiosa, sentimento civile e ricerca storica. Le date e gli eventi per coagulare la vita piuttosto tranquilla del Muratori sono poche: la nascita a Vignola (Modena) nel 1672, l'amore per gli studi, precocissimo e la vivezza dell'ingegno (come lui stesso ammetteva nella breve Memoria autobiografica al Conte Giovanni Artico di Porcìa nel 1722) sfociarono prima negli studi al Collegio Gesuitico di Modena, per poi proseguire gli studi filosofici, civilistici e canonistici alla facoltà giuridica dell'Università, dove nel 1694 ricevé la laurea in utroque iure.
Primo elemento fondante della sua personalità fu l'autentica vocazione religiosa che gli farà prendere i voti nel 1695 e impregnerà tutta la sua vita di studioso; sarà infatti alla base del suo pensiero, in un'ottica anelante ad un operoso Cristianesimo sociale che, per lui doveva fondare la società civile e dirigere il governo del principe. Una Chiesa militante e non politica, cui il Muratori aderì sempre, pur con le lacerazioni e i dubbi di un'intelligenza razionale, che lo portò a isolarne storicamente le criticità e gli errori. Avviato verso una probabile carriera di giusperito al servizio della Corte estense e della Curia, optò presto per seguire la sua vera indole : gli studi eruditi, vivificati dalla guida spirituale del suo dichiarato mentore, il monaco benedettino Benedetto Bacchini, e alla luce del suo insegnamento, portò al livello più alto e maturo la revisione della ricerca erudita e storiografica, anzi, come lui stesso ammise, fu condotto dall'erudizione profana all'erudizione sacra. Al suo alto magistero intellettuale, Muratori apprese la lezione di libertà mentale e di metodologia dello studio critico delle fonti religiose, elaborato dai Bollandisti e dai Maurini, che lo portava allo studio critico della tradizione religiosa anzi a sovvertirne (non senza ostracismi) pregiudizi e credulità popolari. La stessa ricerca che portava alla ricerca genealogica, cronologica, diplomatica poteva scardinare acclamate superstizioni o leggende,come quella che voleva inserito nella corona ferrea di Monza uno dei chiodi della Croce, che il Muratori screditò con lucidità mostrando quanto la tradizione sacra fosse impregnata di falsità.
Il giovane Muratori aveva già cominciato a coltivare l'ideale di una conoscenza a tutto tondo, capace di comprendere e collegare organicamente la sapienza degli antichi e dei moderni. Nel 1695 su invito del conte Carlo Borromeo si recò a Milano, dove rimase all'incirca fino al 1700 come Dottore della Biblioteca Ambrosiana e qui mise a frutto l'indole filologica appresa nelle dotte conversazioni con l'Accademia di S. Pietro di Modena, per compiervi importanti scoperte antiquarie e stringere legami con intellettuali locali (come il poeta milanese Carlo Maria Maggi e il bibliofilo fiorentino Antonio Magliabechi ed attendere alla stesura delle prime opere letterarie e filologiche Anecdota latina (2 volumi).
Il ritorno a Modena avvenne nel 1700, quando fu promosso da Rinaldo I d'Este al grado di Archivista e bibliotecario ducale al posto del Bacchini; è questo un momento cruciale per la sua vita, perché ne scaturì il futuro impegno come storiografo della casa d'Este, impegnato nella disputa sul possesso di Comacchio (tolto agli Este dalla Chiesa nel 1598 con Ferrara, ma nel 1708 rioccupato dall'Impero) e nella stesura di una storia estense. A tal fine Muratori, in sinergia con il Leibniz, storico della Casa di Hannover, intraprese un sistematico vaglio delle fonti antiche per accertare i fondamenti giuridici delle pretese imperiali ed estensi sull'area annessa dalla Chiesa, studio da cui scaturirà la Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio (1712) e diede origine ad una serie di opere monumentali che cementarono la fama del Muratori a livello europeo: le Antichità estensi ed italiane (1717-40); i Rerum Italicarum scriptores (1723-38), le Antiquitates italicae medii aevii (1738-1742), gli Annali d'Italia (1744-49).
Proprio in questi anni, dopo il suo ritorno a Modena e il nuovo incarico alla Corte degli Este, matura una svolta di pensiero che si riverbera anche nell'attività, sebbene nella percezione collettiva, la sua grandezza di storiografo e letterato oscuri quella dell'uomo d'azione. Di fatto comincia il suo magistero di precettore al principe ereditario, il futuro duca Francesco III d'Este, che educherà ai valori riformatori dell'Illuminismo e che lo ricambierà sempre con sentimenti di stima affettuosa; successivamente si svela anche la sua vocazione di “pastore d' anime” maturata dopo una crisi religiosa per le sofferte critiche per la rivalsa di Comacchio, rivoltegli dalla fazione più conservatrice della politica ecclesiastica romana, con a capo Giusto Fontanini.
Nella fase tumultuosa di questa rivalsa per le oltraggiose censure subite come prete cattolico e scrittore, sentì il fascino di un ritorno alle origini della fede (anche grazie alle appassionate missioni del Padre Paolo Segneri junior nel 1712), ma in maniera non ascetica bensì operativa e calata nel sociale. Fu quindi accontentato nel suo desiderio, a lungo espresso, di ottenere una cura d' anime e nel 1716 gli fu affidata la Prepositura di S. Maria della Pomposa, la parrocchia più povera di Modena. Sono queste due esperienze che sembrano distanti fra loro a incidere profondamente sulla formazione del suo pensiero e momento centrale della sua vita spirituale e civile. Infatti fino al 1733 (anno in cui lascerà la Prepositura della Pomposa al nipote Gian Francesco Soli Muratori, suo biografo) per circa due decenni si dedica alla pastorale dei poveri e ad un'applicazione operativa del suo credo religioso, spendendosi anche in parole ed esempi per additare ai pubblici poteri gli interventi strutturali per alleviare le miserie morali della società. Il suo braccio operativo diventa la Confraternita che fonda nel 1721, la Compagnia della Carità, dove si applica in azioni fruttuose per le opere di bene fondare un ospedale, promuovere una lotteria di beneficenza; nell'insieme le sue proposte tendevano ad imporre un nuovo modello ispirato da un rinnovato anelito cristiano, che coinvolgesse a vari livelli la società nel suo insieme. La teorizzazione del suo operato sarà il trattato Della carità cristiana in quanto essa è amore del prossimo edita nel 1723, dove rivolge il suo appello a tutti i Cristiani per sollecitarli all'amore verso il prossimo ma avviandosi, da questi anni, ad una riflessione che lo porterà a mediare un equilibrio tra l'etica cristiana ed il riconoscimento delle funzioni politiche che spettano al Principe.
Solo negli anni della maturità ritroverà il problema dell'assistenza (e del pauperismo) nella veste di un'attenta gestione politica ed economica dello Stato; nel trattato Della pubblica felicità (1749) i doveri del Principe verso i sudditi, che nelle opere giovanili erano identificati con quelli di un pater familias, nelle opere tarde assumono una valenza più ampia che coniuga il benessere dei sudditi come pubblica felicità, per prendere il posto della Ragion di Stato ed essere il fondamento dello Stato.
Proprio la creazione del novello Istituto caritativo della Compagnia della Carità costituisce un esempio illuminante del mutato approccio all'annosa piaga della mendicità, tramite una politica lucida e innovativa che consisteva nel soccorrere le persone in condizioni di criticità, lasciandoli nella propria abitazione (non deportandoli in ospizi assistenziali) procacciando loro lavoro anziché elemosine e fornendo altresì l'insegnamento di una professionalità (anche alle donne consigliava di andare da maestre di cucito per apprendere l'arte). In pratica un progetto operativo che presupponeva un intervento organico a favore della categoria dei bisognosi da gestire ad opera di un Ente, nel quale potessero spendersi con impegno uomini e donne di buona volontà, magari per costituire un modello assistenziale, dove il Duca coadiuvato da privati con opere di carità, concretizzava l'attività assistenziale dello Stato. Di fatto nel 1721 il Muratori sperimentava alla Pomposa un laboratorio di politica sociale per la città e il Ducato; nel suo pensiero sociale si saldano due aspetti distinti ma connessi fra di loro: l'aspetto religioso e quello civile; la povertà diventerà una costante del suo pensiero e uno dei capisaldi, dove potevano saldarsi buon governo e regolata devozione per costruire una società migliore. Il tema ritornerà negli anni della maturità con lo scritto Sulla regolata devozione dè cristiani (1747) che proponeva un vissuto religioso adulto, sfuggente agli eccessi del rito che la devozione popolare faceva sfociare in superstizione e dove, ancora una volta, ribadiva la sua autonomia nei confronti del potere temporale della Chiesa.
Gli anni della piena maturità sono densi di studi e di opere dal taglio enciclopedico, dove sistematicamente riprendeva temi ed opere già trattate ma improntate dalla stagione delle riforme che animavano il nuovo tempo. In questa stagione concepisce le opere conclusive, Annali d'Italia (1744-1749), e Della pubblica felicità (1749), il suo testamento spirituale, dove si fondono i suoi ideali di buon governo e di carità cristiana.
L'ambizioso programma riformatore delineato negli anni quaranta verrà poi intrapreso nella seconda metà del '700 da Francesco III e dai suoi ministri e poi completato (sotto Ercole III°) da Lodovico Ricci.
La morte lo coglie a Modena il 23 gennaio 1750, dopo una breve malattia che negli ultimi mesi gli aveva tolto la vista ma non la lucida potenza della mente; nell'ultima lettera al suo Duca, Francesco III, il 25 agosto 1749 scrive… «sempre vivo et ardente sarà il desiderio nostro pel buon servigio di tanto Benefactore e di tutta la Serenissima Casa», ultima testimonianza della sua fedeltà e della sua devozione; dopo aver illuminato tutto il '700 europeo, ed essersi posto come filtro e moltiplicatore dei temi dibattuti nel suo tempo, trasversale all'idea di patria, ma primo cittadino di un' Europa unita nel culto della storia e dell'erudizione critica.

Muratori bibliotecario e archivista alla corte degli Este e il suo ruolo di Consigliere Ducale

Per una migliore comprensione del percorso culturale e ideologico del Muratori e di quanto spostasse il baricentro dei suoi interessi, è opportuno incentrare il focus sul ruolo con cui si identificò alla Corte degli Este (dal 1700 in poi, fino alla morte) : Bibliothecarius e archivista della Casa, ruolo che officiò con leale partecipazione agli interessi dinastici. Di fatto con la chiamata a Corte del Muratori, il Duca Rinaldo I d'Este si era aggiudicata una presenza di sommo prestigio che aveva saputo dirottare i propri interessi votati alla letteratura, verso l'immane scavo archivistico e lo studio delle fonti. Tale ricerca sarà sempre contrassegnata dalla totale devozione verso le rivendicazioni estensi senza alcuna piaggeria e cortigianeria di circostanza: ciò non gli evitò però le critiche postume dei suoi successori nella Biblioteca Estense, come il Tiraboschi, che non gli lesinò sospette operazioni per favorire la Casa Ducale come confidava in una lettera ad Ireneo Affò (nel 1784), dove rimproverava apertamente il Muratori di avere dissimulato dei documenti d'archivio per non dover confessare di donazioni matildiche del modenese fatte alla Chiesa.
Vi è da dire però, che in quel momento storico urgeva al Duca un archivista storico della Casa anziché un ligio funzionario, visto che il concetto di Archivio e Biblioteca erano fusi e, ad un Bibliotecario di Corte, si chiedeva di gestire il materiale ad uso del Sovrano e di immergersi nei libri per redigere storie e cercare difese ad interessi patrimoniali, fino a costituire una figura di vero e proprio storico della Casata. Era un'ottica del ruolo e della funzione del Bibliotecario (lontana da quella odierna) che veniva da lontano; già Pellegrino Prisciani, Fulvio Testi, nella Biblioteca di casa d'Este, erano stati personaggi che si attanagliavano bene a quel ruolo e il Muratori lo continua al massimo livello.
In pratica gli fu concessa mano libera in archivio, in biblioteca, a Corte, ma nondimeno dai suoi successori non gli fu accordato merito nell'organizzazione della stessa biblioteca, per un impegno tecnico reputato insufficiente sul fronte dell'attività catalografica e dello specifico bibliotecario. Ai fini dell'accrescimento delle raccolte bibliografiche ducali, il Muratori mostrò primaria l'esigenza di voler dare spazio alla storiografia religiosa, come mostra lo scandaglio del ricco Archivio Muratoriano ( conservato nella Biblioteca Estense di Modena). Da questo suo Archivio privato emergono note e liste di libri dove si vede chiaramente concretizzato questo passaggio da letterato a riformatore, attraverso il lavoro di acquisizione di materiali per la Biblioteca estense si configura il suo iter intellettuale «l'elenco dei libri e le liste selezionate dallo stesso Muratori possono essere intesi come il riflesso concreto dell'ossatura intellettuale del suo progetto »[Andrea Lamberti, Muratori bibliotecario tra cataloghi e libri proibiti, Pisa 2014].
Anche il carteggio con il suo editore di lunga data, il bolognese Filippo Argelati, mostra nelle richieste fatte, uno dei suoi canali preferenziali nel reperimento di testi ultramontani, vera spina dorsale del suo progetto di riformatore. Il suo sforzo per ampliare la Biblioteca ducale continuerà proprio sulla strada tracciata dal suo maestro Bacchini, ovvero quella del rinnovamento religioso attraverso l'erudizione ecclesiastica. E che ci sia una promiscuità nella gestione del possesso e degli acquisti bibliografici tra la Corte e il Muratori, sembra convalidarlo, sia una nota di un testamento redatto dallo stesso Muratori nel 1734, dove lascia alla Biblioteca della Corte «alcuni libri di mia ragione non esistenti nella medesima»; sia un documento archivistico, Inventario di libri del Muratori, (ASMo, Amministrazione della Casa, Biblioteca, filza 4, fasc.I) databile al 1756, redatto dopo la sua morte dall'estensore Archivista Pellegrino Nicolò Loschi, dove annotava una lista di 76 libri «libri a Ludovico A.Muratori vero clarissimo pro se aut pro atestina biblioteca».
Questione più complessa è decifrare la valenza del Muratori archivista, fra piano propriamente tecnico e professionale; rifulge invece il lustro che diede al ruolo come emerge dal giudizio postumo che ne diedero i successori dell'Archivio modenese, da quello un po' bistrattato del Loschi «lo stato dell'archivio ducale, sotto il governo del “grand'homo” era peggiorato assai», ai moderni archivisti del '900 ; a Filippo Valenti «non si può dire che abbia corrisposto sul piano strettamente archivistico alle speranze che il principe aveva riposto in lui (Profilo storico dell'Archivio Segreto Estense, Roma 1953), forse solo il Pascucci (Muratori archivista, Roma 1951) ne ha individuato il vero valore nell'essere stato «archivista ma non studioso di archivistica».
Di certo lo stesso Muratori operò una valorizzazione sia del ruolo dell'Archivista, che dell'Archivio stesso nelle sue funzioni, pur se ancorato ancora ad una gestione privatistica e dinastica che non a quella di un moderno Stato; basta leggere le definizione e le parole che riserva nella sua opera Della Pubblica felicità (Cap. XXV, Dè pubblici archivi e notai) al ruolo e alla integrità morale dell'Archivista «s'ha da aprire gli occhi per non deputare a gli archivi se non persone di sperimentata onoratezza e timorate di Dio», sulla funzione dell'Archivio che deve «perpetuare il più che si può le pubbliche memorie», sullo stato di diritto che si fonda sulla funzione dell'Archivio stesso «troppo è soggetto il mondo alle frodi e alla malizia de gli homini e massimamente dove manca il pubblico archivio». Certo il fine ultimo per lui, che aveva compulsato sempre carte e documenti per il suo Principe era che «conviene ricorrere a tali atti o per chiedere giustamente il suo o per ripulsare le ingiuste altrui pretensioni».
In effetti questo incarico di Bibliotecario-archivista e gestore del patrimonio della documentario della Casa, avrebbe spinto il Muratori oltre il ruolo stesso, per definire un suo impegno politico e di legato e a spostare il suo asse di interessi fino alla “ghibellina” difesa di Comacchio. Dietro la devozione professata per il Duca Rinaldo I d'Este, come si intravede dal carteggio (ASMo, Archivio per materie, Letterati, Muratori, b. 46/2) si deve cogliere, oltre la deferenza del loro rapporto, l'autentica stima personale che portò il Duca a sceglierlo quale precettore dei suoi figli, soprattutto del futuro erede Francesco III, stima ricambiata dal Muratori con compassato pudore. La singolarità di tale rapporto l'aveva colta bene anche l'archivista ottocentesco Cesare Foucard (Scritti inediti di L.A.Muratori, Modena 1872), che ne ordinò le carte nell'Archivio modenese, annotando «Muratori ebbe il coraggio di suggerire le riforme indispensabili per rimettere la Casa in assetto economico, d'indicare la necessità di provvedere all'educazione dei Principi e di pensare al rimedio in alcuni affari di finanza».
Dal carteggio con Rinaldo emerge anche il ruolo di consigliere politico svolto dal Muratori e la spinta che diede nell'orientare la politica ducale e indirizzarla in positivo, come fece soprattutto negli anni della contesa di Comacchio, e come documentano lettere e missive. Poi il suo ruolo, negli anni del Ducato di Francesco III, si fece più defilato sotto il profilo politico, forse perchè assorbito dalle grandi opere storico-erudite, e l'immagine che ci restituisce è «quello del bibliotecario e intellettuale di Corte, consegnato alla repubblica letteraria e di quando in quando coinvolto in affari di Stato sulla scorta della propria esperienza e perizia [Matteo Al Kalak, Edizione Nazionale del Carteggio L.A. Muratori, vol 16, Firenze 2012]. Ma dai brani delle lettere intercorse fra i due compare un latente, sincero affetto, sia da parte del Duca Francesco per il suo antico maestro, che da parte dell'anziano Muratori verso il Principe, cui aveva ispirato i germi del suo pensiero riformatore.

Le opere storiche ed erudite

Motivo di fondo del pensiero muratoriano è la ricerca della verità filologicamente accertata (anche quando mina comode certezze e consolidate tradizioni), unita ad un solido credo morale e religioso. La sua vicenda intellettuale ed umana si snoda all'insegna di un sorvegliato intelligente impegno di composizione delle tensioni imposte dalla sua situazione di «tensione tra la fedeltà alla Chiesa di Roma di cui è, e vuole essere, servo ossequiente, e la lealtà dovuta ai principi, di cui intende essere suddito fidato e "utile" [Albano Biondi, Gli eretici modenesi nell'opera di L.A.Muratori]. L'idea che sarà alla base del suo credo è che la falsificazione della verità storica è dannosa non solo per la cultura ma per la Chiesa stessa; la stessa indagine filologica-erudita deve portare a un'elaborazione concettuale e filosofica della storia, senza la quale la raccolta dei materiali è fine a sé stessa e non genera autentica cultura. Il suo metodo storico - creare piuttosto una storia attraverso le fonti, che non una raccolta di fonti per la storia – debito della cultura religiosa dei Maurini, fa subentrare alla preoccupazione filologica l'urgenza del quadro storico, il tutto in un'ottica di modernità come mostrano appunto i suoi rapporti intellettuali con il mondo germanofono (con ricambiata ammirazione del mondo d'oltralpe). La sua capacità di cogliere consensi trasversali alle parti avvenne proprio in virtù della cifra unificante della sua cultura con il portato di rinnovamento che implicava.
Con una forte sensibilità alle nuove istanze, in un contesto ideologico di grande fermento, Muratori mantenne la sua piena fedeltà alla Chiesa di Roma a al Pontefice, ma non senza difficoltà, come si verifica anche dalle opere storiche. All'epoca della questione di Comacchio e in difesa della Casa d'Este, affronta il problema della formazione dello Stato della Chiesa e del potere temporale dei Pontefici; le acquisizioni derivate dalla polemica che ne conseguirono, le accuse di eresia mosse dalle penne ingaggiate (Giusto Fontanini) presero forma nell'opera Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi (1712) e diedero voce al suo giusnaturalismo. La sua posizione, definita di "eretico" dalla parte romana, lo indusse a ribadire la soggezione politica dei territori ecclesiastici all'Impero e indicò nell'arricchimento della Chiesa e nella sua intromissione in questioni temporali una delle cause della sua decadenza. «La sua delicatissima posizione – prete cattolico e fidato consigliere estense – amplificava una riflessione sul senso della storia, sul valore dell'indagine filologica» [Matteo Al Kalak, “La provvidenza deciderà”] e sembrava senza soluzione poiché toccava il ruolo dell'indagine conoscitiva, i punti deboli dei rapporti tra Stato e Chiesa. La controversia per Comacchio fu decisiva anche per l'indirizzo successivo degli studi del Muratori; infatti l'esperienza contribuì a sviluppare oltre alle competenze giuridiche, diplomatiche, genealogiche un più generale orientamento per il Medioevo, per la nascita dell'Europa dall'incontro tra Romani e barbari, per una storia delle istituzioni e della civiltà che mirasse alla ricostruzione di quadri complessivi [Paola Vismara, Muratori, Ludovico A. in DSI, vol.II, Pisa 2014].
Di questo ciclopico lavoro di medievista danno ragione varie opere : le Antichità Estensi (1717), dove si apre ad un'idea integrale di storia che si sostanziava nel riconoscimento del vero volto della realtà; la genealogia (degli Este) era rivista con rigore, senza l'esercizio servile di un cortigiano o di un aedo ma applicando un procedimento rigoroso. Seguirono i Rerum Italicarum scriptores (in 28 voll.), ampia raccolta di testi, cronache e documenti storici, editi ed inediti riprodotti in collaborazione con studiosi di ogni parte d'Italia (pubblicati tra il 1723-1738), dove guardava oltre la mera raccolta di documenti, per mirare ad una storia civile dell'Italia, applicando il suo ethos di studioso : lo scrittore deve cercare e dire la verità e la fonte deve accertarne la natura ed essere funzionale allo scopo. Il suo interesse andava ai fatti e quindi alla verità prima che alla resa letteraria, per fare una storia dell'Italia e non della storiografia, né dare della storia un'immagine alta e oratoria. Anche le Antiquitates Italicae medii aevi (6 tomi tra il 1738 e il 1742) vogliono offrire un disegno unitario nel quale fossero rappresentate le molte forme in cui si era sviluppata la vita nel Medioevo (sempre con un'attenzione speciale alla storia delle Istituzioni).
«La scoperta del Medioevo è scoperta del momento storicamente fondante dell'Europa» [Martino Capucci, L'erudizione storica e Ludovico A. Muratori], nell'ultima grande fatica storica gli Annali d' Italia (9 tomi dal 1744 al 1749) lo sguardo è ancora rivolto alla storia civile dell'Italia in un disegno unitario, che partendo dall'individuazione delle sue radici si apriva a prospettive di rinnovamento etico e religioso.

Le opere religiose e le censure del S.Uffizio

In tutta la vasta produzione storica del Muratori lo studio del Medioevo è esaltato al punto, che anche oggi la cultura italiana non può fare a meno del suo contributo, ma non meno importante - e tale da coprire tutta la vita dello scrittore - fu la sua attenzione alle ragioni di una spiritualità misurata che doveva regolare i rapporti tra gli uomini. Il suo richiamo ad un Cristianesimo fedele alle Scritture, ripulito dalle scorie che la storia e le superstizioni avevano prodotto, sarà una costante fino alla fine ,«l'attenzione fu costantemente tenuta su alcuni capisaldi essenziali, da un rigoroso Cristocentrismo del culto alla necessità di una consapevole partecipazione dei laici alla liturgia, alla possibilità di accedere al testo sacro» [Matteo Al Kalak, “La provvidenza deciderà “].
Percio' non stupisce l'aperta ostilità degli ambienti cattolici più conservatori con cui il Muratori si scontrò; la censura romana usò contro di lui argomenti in cui politica, religione ed erudizione erano distorti e usati per ferirlo ed ostacolarlo, e non solo le per le opere religiose (comprensibile per l'Istituzione) ma anche per quelle storiche, come i Rerum, che nel 1723 preoccuparono Roma per la supposta violazione della giurisdizione ecclesiastica, poiché l'Inquisitore di Milano aveva deputato alla revisione censoria, Martino Colla, già incaricato dal Governo a tal fine. Ma le denunce contro Il Muratori all'Inquisizione di Modena erano di vecchia data; fin dal 1718 una lettera anonima (presente nell'Archivio Muratoriano) diretta all'Inquisitore di Modena denunciava…lo scandaloso libro le Antichità Estensi ed italiane dedicato al re Giorgio d'Inghilterra eretico …che ha versato tanto sangue cattolico da un autore che già aveva dato pessima prova con un altro libro pieno di eresie cominciando dal titolo.
In effetti Muratori scontò agli occhi del mondo cattolico più reazionario l'applicazione del suo metodo storico-critico che applicava anche alla sfera religiosa; anche un altro testo lo aveva messo sotto l'occhiuto sguardo degli Inquisitori La vita di Lodovico Castelvetro (1727), dove compendiava il suo giudizio sulle vicende ereticali di Modena nel '500 ed inseriva la vita del letterato modenese in un ampio disegno di riforma della cultura unita all'esigenza di una riforma religiosa. Muratori con la biografia del Castelvetro voleva proporre ai letterati italiani un paradigma da seguire, un modello di eccellenza letteraria e di libertà intellettuale di cui la “Repubblica delle Lettere” doveva riappropriarsi, ma non potè evitare gli strali velenosi della penna del suo storico avversario, il Fontanini, che non esitò a dipingerlo come ”l'apologista” di un eretico manifesto.
Ancora più esposta alle censure di Roma fu l'opera De ingeniorum moderatione in religionis negotio, la cui censura fu affidata nel 1737 al qualificatore del S. Uffizio, Tommaso Sergio, che definì il Muratori immoderato [Paola Vismara, Muratori immoderato...] e su alcuni punti propose note censorie gravi : il rifiuto dell'autore verso la capacità di Roma di essere interprete viva della Scrittura; il problema dei “fatti dogmatici” che implicava ragionare sulle modalità di esercizio del magistero della Chiesa su dogma e disciplina, l'esegesi biblica, campo in cui il Muratori mostrava la volontà di scindere la Rivelazione e i dati umani (tra cui la scienza) nel richiamo alla libertas ingenii, ampliando l'ambito di esercizio della ragione e della critica. Anche se il parere del censore si areno' per l'intervento della Segreteria di Stato a nome del Pontefice, le battaglie contro la censura del Muratori furono a corrente alternata sia sul versante della stampa editoriale (che richiese all'autore cambi di luoghi di edizione e talvolta il ricorso a pseudonimi) che su quello ideologico. Un altro nodo posto in evidenza nelle censure romane e' quello relativo all'ostilità muratoriana verso il voto sanguinario espresso a favore dell' Immacolata Concezione (ovvero a difendere tale dottrina con la vita) verso cui prese posizione con il De superstizione vivanda (1740).Anche la Regolata devozione poté uscire solo nel 1747 poiché esponeva opinioni non consuete : polemiche sul culto dei Santi, sulla adorazione delle reliquie e la diminuzione delle feste di precetto (con risvolti sociali per il lavoro dei meno abbienti).
Nella storia personale del Muratori si nota pero' come egli si sia costruito un codice di comportamento assunto a codice-guida della sua scrittura ed abbia attuato nella sua posizione,una calcolata selezione di quanto potesse dire contro le istituzioni che rappresentavano l'intolleranza ecclesiastica e contro lo stesso Tribunale dell'Inquisizione di Modena, che ancora esercitava un duro controllo sulle idee, i comportamenti e la vita dei cittadini. E' significativo ad esempio, un caso occorso proprio nella Parrocchia della Pomposa, ad un cittadino, tale Vincenzo Pellicciari tessitore, incarcerato, processato come eretico e poi condannato all'impiccagione nel 1727 per "proposizioni ereticali" sulla figura della Vergine Maria e per i dubbi sulla sua purezza. Al riguardo non sembra che Muratori abbia assunto alcuna posizione (era in pratica un suo parrocchiano) ne' vi sono testimonianze che si sia espresso in merito; quindi il suo silenzio sembra significativo, anche perché' il tema fu da lui trattato con vigore nell'ambito dei dibattiti mariani del suo tempo negli anni della maturità'; di certo aveva buone ragioni di cautela ad essere riservato in quanto sapeva che certi ambienti della Curia lo tenevano costantemente d'occhio.
Affiliata alla lotta alla superstizioni era anche anche la svalutazione muratoriana di fenomeni quali l'ossessione diabolica, la magia, la stregoneria, ormai vuoti scheletri e esercizi aberranti di fantasie malate, che razionalmente l'ottimismo illuministico aveva rigettato. In pratica, per il Muratori la stregoneria era un'aberrazione della fantasia perciò riduceva le credenze, i riti e i fenomeni legati alla superstizione a pura ignoranza, in compagnia di tanti illuministi del suo tempo. Cio' gli valse una denuncia al S.Uffizio (come gli scriveva nel 1745 il cardinale Tamburini da Roma) perché' la sua dissacrazione dell'ossessione demoniaca, considerata puro isterismo, svuotava di significato l'esistenza dei demoni ma anche l'implicita deduzione dell'esistenza di Dio. Di fatto il Muratori, se all'apparenza si cautelava col silenzio, riservava pero' critiche corrosive all'istituzione "Chiesa" e le consumava con argomentazioni teologiche che non toccavano la sua intima adesione e il suo personale sentimento di fede.
Solo il Papa Benedetto XIV (Prospero Lambertini) dimostro' benevolenza verso di lui, anzi condivise la stima anche di altri ambienti curiali, evitandogli censure e riconoscendone pubblicamente il valore perché' come affermo' in una lettera del 1748 diretta al Muratori …" Ella resti pur sicura, che se le dette cose fossero state inserite da qualchedun altro nelle sue opere, non si sarebbe lasciato da questa Congregazioni di proibirle…". Alla base di tale tolleranza pero' vi fu sempre l'indiscusso riconoscimento che il Muratori aveva sempre professato salde convinzioni sul ruolo della Sede romana e sulla sottomissione ai suoi giudizi, e aveva sempre manifestato con convinzione la norma etica di essere…" saldo sempre colla Chiesa e colle nostre colonne".
E certo non si può' pensare che in lui vi fosse una semplice convenienza ma bensì' un sincero sentimento religioso che si palesava da tutti i suoi scritti; le sue critiche erano contro gli errori della ragione e le false superstizioni, ciononostante rimase sempre nella Chiesa, anche perché in fondo non smise mai di essere "Pastore di anime" come lo era stato per tanti anni alla Pomposa. In un documento manoscritto autografo inedito conservato nell'Archivio modenese (ASMo, Archivio per materie,Letterati, Muratori, b. 46/4, fasc. 3 "Invito agli ecclesiastici") composto probabilmente negli anni della sua Prepositura (1716-1733) per gli esercizi spirituali da svolgersi nella sua Parrocchia, si rivolge soprattutto al clero invitandolo ad un atteggiamento di decoro (anche per la città'), di esempio per l'educazione dei giovani (a porsi come un magistero spirituale), di autentica fede e di pietà (anziché di vuoto formalismo) e di obbedienza alla Chiesa…"di quale importanza sia tanto per gloria di Dio, quanto per utile alla Chiesa, e decoro della Citta', che gli Ecclesiastici siano morigerati,ed esemplari, e risplendano per opera di vera Pietà' e Carita' Cristiana "(c. 1).
Vi sono esplicitate tutte le note che si ritrovano nella sue opere religiose e che rivelano la sua vocazione pastorale, il vero strumento che lo aiuto' a condurre con impegno le sue battaglie in campo teologico e dottrinario. Il Muratori che aveva lavorato sui grandi temi della cultura europea, che avrebbe dato un apporto deciso al dibattito religioso, e' tutto in queste esortazioni, che in ultima analisi, sostanziavano il suo credo morale.

Bibliografia essenziale

  • Matteo Al Kalak, "La Provvidenza decidera".Comacchio, Paolo Segneri e i dilemmi di Muratori" in "Rivista di Storia del Cristianesimo,", 11, 2014, pp.115-140
  • Matto Al Kalak, Simpatie sospette: Muratori, gli "eretici tedeschi e l'occhio vigile dell'Inquisizione in "Muratoriana on line" a. 2011
  • Albano Biondi Gli eretici modenesi nell'opera di L.A.Muratori in "Il soggetto e la storia.Biografia e autobiografia in L.A.Muratori,"Atti della II giornata di studi muratoriani, 1993, Olschki, Firenze 1994
  • Martino Capucci, L'erudizione storica e l.A.Muratori in "Storia della Letteratura italiana, Il Settecento", vol.VI, Salerno, Roma 1999
  • Carteggi con D'Abramo … Evangelista, a cura di Matteo Al Kalak, (Edizione nazionale del Carteggio di L.A.Muratori, vol. 16) Olschki, Firenze 2012
  • Giorgio Falco - Fiorenzo Forti, Introduzione alle Opere di L.A.Muratori, t.I-II, Ricciardi, Napoli 1964
  • Cesare Foucard, Scritti inediti di L.A.Muratori, Zanichelli, Modena 1872
  • Daniela Grana, Per una storia della pubblica assistenza a Modena. Modelli e strutture fra '500 e '700, Aedes Muratoriana, Modena 1991
  • Andrea Lamberti, Muratori bibliotecario tra cataloghi e libri proibiti, in Biblioteche filosofiche private: strumenti e prospettive di ricerca, Edizione della Normale, Pisa 2014
  • Giuseppe Orlandi, L.A.Muratori negli Archivi del Sant'Officio Romano.La censura dei "Rerum italicarum Scriptores" in "Lateranum", LXV, 1999, fasc. I, pp. 8-39
  • G.B. Pascucci, L.A. Muratori archivista, in "Miscellanea di studi muratoriani", pp.501-510, Aedes Muratoriana, Modena 1951
  • Angelo Spaggiari, Giuseppe Trenti, L.A.Muratori e gli Estensi, in "Corte, buon governo, pubblica felicita'," Olschki, Firenze 1997
  • Filippo Valenti, Profilo storico dell'Archivio Segreto Estense, Ministero dell'Interno, Roma 1951
  • Paola Vismara, Muratori, Lodovico Antonio, in DSI, vol. II, Edizioni della Normale, Pisa 2014
  • Paola Vismara, Muratori"immoderato". Le censure romane al De ingeniorum moderatione in religionis negotio, in "Nuova Rivista storica", LXXXIII, 1999, pp. 315-344

Riferimenti Archivistici

  • Archivio di Stato di Modena (ASMo), Archivio per materie, Letterati, Muratori, bb.40-45; b.46a - b, b.46/1, 1-4
  • ASMo, Arch.Segreto Estense,Casa e Stato,Genealogie, b.60
  • ASMo, A.S.E., b.8
  • ASMo, A.S.E., Controversie di Stato, b.60
  • Biblioteca Estense Universitaria (BEU), Archivio Muratoriano, bb.1-300 (on line in INTERNET Culturale, bb. 1-68)

Link e risorse on line

Article written by Rosa Lupoli | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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