Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Lucio De Santi è stato un predicatore originario di Barletta, perseguitato per eresia nella Repubblica di Genova nel 1565.
Si dichiarava dottore, filosofo e teologo e vestiva l'abito domenicano. Nel 1565 predicò a Levanto, senza autorizzazione.
Le sue predicazioni includevano insegnamenti dottrinali controversi, tra cui la teoria del "triplice corpo di Cristo". Si trattava di una teoria risalente all'Alto Medioevo. secondo la quale il corpo di Cristo era triplice: quello nato dalla Vergine e risorto, quello presente sulla terra e quello deposto nel sepolcro. Tale dottrina, inizialmente proposta da Amalario di Metz, fu condannata nel Concilio di Quierzy nell’838, ma evidentemente sopravviveva in contesti marginali ancora nel XVI secolo. Oltre a predicare, aprì una scuola per giovani e bambini dove insegnava questioni teologiche. Il carisma e l'eloquenza di Lucio De Santi attirarono un certo seguito. La sua figura fu addirittura percepita da alcuni come quella di un novello San Paolo, mandato dal cielo, mentre altri lo consideravano un pericoloso eretico. Le sue narrazioni includevano racconti di straordinarie esperienze, come la partecipazione al concilio di Trento e la liberazione dalla prigionia turca da parte di navi spagnole, che sollevarono dubbi sulla loro veridicità.
La denuncia contro Lucio De Santi giunse al Doge di Genova il 19 novembre 1565, per iniziativa di Santo Pigolo, che lo accusò di diffondere eresie e di turbare l’ordine religioso e sociale. Non si hanno ulteriori notizie sul seguito della vicenda.
Bibliografia
- Paolo Fontana, I confini della Repubblica e i confini della fede. Eresia e inquisizione nella Repubblica di Genova tra XVI e XVII secolo tra centro e periferia, in Controllare il territorio. Norme, corpi e conflitti tra medioevo e prima guerra mondiale, a cura di Livio Antonielli e Stefano Levati, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2013, pp. 469-488.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]