Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Lisabetta, serva senese che occasionalmente assisteva le partorienti, subì un processo inquisitoriale per stregoneria da parte dell'Inquisizione di Siena nel 1594. In precedenza, era già stata sottoposta a un'indagine da parte di un giudice laico per lo stesso reato. Il suo caso è interessante perché offre una dimostrazione di come potesse nascere la fama di strega e trasmettersi di madre in figlia, per più generazioni.
Lisabetta, durante il suo processo inquisitoriale, fu sottoposta a tortura, ma resistette alle accuse. Anzi, in una pausa dalla tortura, dichiarò che la madre era caduta nella fama di strega dopo uno specifico episodio: la donna era andata a procurarsi l'acqua, aveva visto un bambino tutto bagnato e lo aveva pulito; pochi giorni dopo il bambino era morto e a causa di ciò alla donna era stata affibbiata la fama di strega, che aveva trasmesso alla figlia. Lisabetta era stata accusata di aver procurato con la sua presenza la morte dei bambini di alcune partorienti che aveva assistito. Il processo inquisitoriale contro di lei si concluse con la sua assoluzione e fu liberata, ma questo non bastò per restituirle la reputazione tra gli abitanti del suo quartiere, che continuarono a ritenerla una strega, tant'è che l'Inquisizione dovette addirittura intimare a un sarto del suo quartiere di non calunnarla più sotto la minaccia di una sanzione pecuniaria.
Bibliografia
- Oscar Di Simplicio, Inquisizione, stregoneria, medicina. Siena e il suo Stato, Il Leccio, Monteriggioni 2000, pp. 159-169
- Oscar Di Simplicio, Autunno della stregoneria. Maleficio e magia nell'Italia moderna, Il Mulino, Bologna 2005, pp. 170-171.
Article written by Daniele Santarelli & Domizia Weber | Ereticopedia.org © 2020
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]