Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphilj (Roma, 6 maggio 1574 – Roma, 7 gennaio 1655), fu papa dal 1644 al 1655. Giurista e diplomatico di carriera, già nunzio a Napoli e in Spagna, venne eletto come figura di compromesso dopo il lungo conclave del 1644. Il suo pontificato fu caratterizzato dall’influenza della cognata Olimpia Maidalchini, da una linea di marcata intransigenza dottrinale (condanna del giansenismo, questione dei riti cinesi) e dal rifiuto della pace di Vestfalia, ma anche da iniziative come la seconda guerra di Castro che segnarono la sua memoria in senso ambivalente.

Biografia
La carriera curiale
ntrodotto negli ambienti curiali grazie allo zio cardinale Girolamo Pamphili, ricevette la sua formazione al Collegio Romano e intraprese una carriera giuridica che lo portò, nel 1604, alla nomina ad auditore della Sacra Rota. Nel 1621 fu inviato come nunzio a Napoli, incarico che mantenne fino al 1625. In quel contesto si trovò ad affrontare il complesso rapporto fra la Santa Sede e la monarchia spagnola in un territorio dove il peso politico e militare della corona si intrecciava con i privilegi ecclesiastici locali. Dovette occuparsi delle consuete controversie in materia di giurisdizione, benefici e immunità, muovendosi con prudenza in una realtà segnata dal potere del viceré e dalle tensioni tra clero secolare e ordini religiosi. La sua attività a Napoli gli valse una reputazione di legale esperto e di diplomatico attento alle esigenze della corte spagnola senza però trascurare le direttive romane.
Accompagnò poi il cardinale Francesco Barberini nelle sue missioni in Francia (1625) e in Spagna (1626), prima di essere destinato in prima persona alla nunziatura di Madrid (1626-1630). Qui si trovò a operare in una fase di grande tensione politica e religiosa, segnata dal conflitto con la Francia e dal peso della guerra dei Trent’anni. A Madrid dovette difendere le prerogative della Santa Sede in materia di giurisdizione ecclesiastica e di nomine episcopali, spesso contestate dal governo spagnolo che rivendicava il controllo quasi esclusivo della vita religiosa nel regno. Cercò di mantenere aperto il canale diplomatico, garantendo che la nunziatura non perdesse il suo ruolo di intermediazione, pur scontrandosi con la rigida politica regalista degli Asburgo.
Fu creato cardinale in pectore da Urbano VIII il 30 agosto 1627 e ricevette il cappello cardinalizio solo al suo rientro dalla Spagna. Dal 1630 entrò a far parte delle principali congregazioni romane, in particolare quelle del Concilio e de Propaganda Fide, quest’ultima divenuta uno snodo centrale per il governo universale della Chiesa. Nel 1639 fu nominato prefetto della Congregazione del Concilio, incarico mantenuto fino all’elezione al soglio pontificio: in tale veste esercitò un ruolo di primo piano nella gestione dell’applicazione delle riforme tridentine, intervenendo in numerose cause riguardanti i rapporti tra vescovi, capitoli e ordini religiosi, e sostenendo un’interpretazione fortemente centralizzatrice a vantaggio dell’autorità pontificia.
Nel novembre 1642 fu incluso nella Congregazione del Sant'Uffizio (giurò come cardinale inquisitore il 19 novembre 1642)1. Anche qui si distinse per l’intransigenza: fu tra i più convinti sostenitori della condanna del giansenismo, che riteneva una minaccia diretta non solo all’ortodossia cattolica ma anche alla stessa autorità del papato. L’impegno profuso nel Sant’Uffizio rafforzò ulteriormente la sua immagine di difensore rigoroso dell’unità dottrinale della Chiesa e ne consolidò la reputazione in vista del conclave del 1644.
Il papato
L’elezione di Giovanni Battista Pamphilj al soglio pontificio (15 settembre 1644) si collocò al termine di un conclave lungo e tormentato, dominato dallo scontro fra le fazioni cardinalizie di orientamento francese e spagnolo. La sua candidatura prevalse come soluzione di compromesso, appoggiata dai due fronti in quanto considerata accettabile. La scelta si basò anche sulla sua esperienza di giurista e diplomatico, maturata nella Sacra Rota e nelle nunziature. Una volta divenuto pontefice, Innocenzo X mostrò tuttavia un temperamento autoritario e accentrato. La figura della cognata Olimpia Maidalchini, vedova del fratello Pamphilio, ebbe un ruolo determinante nella gestione del governo e delle finanze. La sua influenza, che trovava espressione in nomine e decisioni curiali, suscitò diffusa ostilità e divenne oggetto di polemiche e satire, contribuendo a caratterizzare negativamente l’immagine del pontificato.
Intransigenza dottrinale e disciplinare
In campo dottrinale Innocenzo X mantenne un atteggiamento inflessibile. Nel 1653, con la bolla Cum occasione, condannò le cinque proposizioni tratte dall’Augustinus di Cornelius Jansen, definendole eretiche. La decisione, frutto di pressioni gesuitiche, costituì un passaggio importante nella lotta al giansenismo, ma aprì un lungo periodo di tensioni con parte del clero francese, in particolare con l’ambiente di Port-Royal. Nel 1645 si pronunciò inoltre sulla questione dei riti cinesi, vietando la tolleranza di pratiche religiose locali come il culto degli antenati. Il provvedimento accentuò i conflitti interni al fronte missionario e prefigurò lo scontro che avrebbe diviso la Chiesa sul tema per oltre un secolo. In generale, il pontefice rafforzò il controllo del Sant’Uffizio e si oppose a ogni tentativo di mediazione con forme di dissenso o di adattamento culturale, confermando la linea di centralizzazione romana nell’età post-tridentina.
Visione e azione politica
Sul piano internazionale Innocenzo X respinse con decisione l’assetto definito dalla pace di Vestfalia (1648), che sanciva la coesistenza confessionale e ridimensionava il ruolo del papato. Con il breve Zelo domus Dei dichiarò nulli i trattati, ma la condanna non ebbe seguito concreto e segnò piuttosto la marginalità politica della Santa Sede nell’Europa del tempo. Entrò inoltre in conflitto con la famiglia Barberini, dominante sotto [[Urbano VIII]], accusandola di malversazioni e costringendo i cardinali Antonio e Francesco all’esilio in Francia.
In Italia la sua politica fu segnata dalla seconda guerra di Castro (1646-1649) contro Odoardo Farnese, duca di Parma. La distruzione della città e la soppressione del ducato misero fine al contenzioso, ma suscitarono aspre critiche per la durezza delle operazioni e per l’evidente intreccio fra interessi dinastici e decisioni pontificie. Sul fronte mediterraneo, Innocenzo X cercò di promuovere una lega cristiana contro l’Impero ottomano, sostenendo Venezia nella guerra di Candia, senza però riuscire a coordinare stabilmente le potenze cattoliche.
Politica interna ed ecclesiastica
In ambito interno il pontefice cercò di rafforzare le congregazioni e il controllo centrale sulle nomine, accentuando il peso della Curia nella vita della Chiesa. Roma conobbe iniziative edilizie e urbanistiche in continuità con la stagione barocca, ma meno imponenti rispetto al pontificato precedente. La presenza ingombrante di Olimpia Maidalchini nella gestione delle finanze e delle cariche consolidò l’immagine di un governo segnato dal nepotismo e dalle fazioni familiari.
Bilancio del pontificato
Il pontificato di Innocenzo X fu caratterizzato da fermezza dottrinale e disciplina rigorosa, con la condanna del giansenismo, la chiusura sulla questione dei riti e il rifiuto dell’assetto vestfaliano. Sul piano politico internazionale emersero però limiti evidenti: la condanna della pace rimase senza effetti, la politica italiana fu segnata da conflitti dinastici e la proiezione mediterranea non produsse risultati concreti. La memoria del pontefice rimase segnata da questa contraddizione: intransigenza religiosa e volontà di centralizzazione da un lato, debolezza politica e peso del nepotismo dall’altro. Morì a Roma il 7 gennaio 1655 e fu sepolto in San Pietro.
Bibliografia essenziale
- Ignazio Ciampi, Innocenzo X Pamfili e la sua corte. Storia di Roma dal 1644 al 1655 da nuovi documenti, Coi tipi dei Galeati in Imola, Roma, 1878.
- Ludwig von Pastor, Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, vol. XIV, t. 1, Desclée, Roma 1932, pp. 11-307.
- Olivier Poncet, Innocenzo X, in EP, vol. 3.
- Herman H. Schwedt, Die Römische Inquisition. Kardinäle und konsultoren 1601 bis 1700, Herder, Freiburg 2017, pp. 455-456.
Link
- Scheda su Innocenzo X sul sito Symogih.org
Voci correlate
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]