Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Giovan Battista Chiesa è stato un prete, esorcista e taumaturgo del XVII sec.
Nacque attorno al 1657 a Ceresole Reale, minuscolo borgo montano situato in alta Valle Orco, in Piemonte, nei feudi dei Roero, dal notaio Giulio Cesare e da Angela Margherita, probabilmente figlia illegittima di Giovan Battista Tana, marchese di Santena. Per parte paterna Giovan Battista proveniva da una famiglia che nel corso dei primi decenni del XVII secolo si era data molto da fare per ascendere la scala sociale, poiché il nonno, Gian Galeazzo, che era sia appaltatore della macina sia commerciante di granaglie, aveva saputo intessere saldi e robusti legami con i nobili del luogo. Tuttavia i beni immobiliari, che nel 1647 la famiglia Chiesa possedeva a Ceresole Reale, non superavano la pur ampia abitazione di residenza. Sebbene non si conosca con certezza la data del matrimonio tra Giulio Cesare e Angela Margherita, è altamente verosimile che si possa collocare dopo il 1647, allorché Giulio Cesare arrivò a Santena, andando a vivere nel castello dei Tana d’Entracque, una delle famiglie aristocratiche più influenti del Piemonte, per svolgervi funzioni amministrative e podestarili, esercitando nel contempo la professione notarile; a Santena, con ogni evidenza, conobbe quella che sarebbe diventata sua moglie. Giovan Battista ebbe una sorella, Vittoria, coniugata con il medico Giovan Battista Massia, residente a Martinengo, ed un fratello, Francesco Maurizio che, sposatosi una seconda volta, si trasferì a Torino. Giovan Battista, durante la fanciullezza e l’adolescenza, non seguì corsi regolari in istituti pubblici o in collegi religiosi, ma venne educato privatamente. Risiedette temporaneamente presso il Seminario Arcivescovile di Torino, approfondendo gli studi teologici; periodo, tuttavia, di cui non rimane alcun indizio documentario al di fuori di una testimonianza processuale. Ordinato sacerdote, non diede segno d’idee eterodosse, ponendosi nel solco della tradizione cattolica e divenendo parroco vicario a Santena il 5 settembre 1689, ove fu assunto per volontà del priore Bronzini, vero titolare della parrocchia, il quale non aveva obbligo di residenza. Dal 1694, anno del primo processo attribuibile all’uso prevaricatorio della carica di viceparroco, Giovan Battista cominciò una densa attività di esorcista e taumaturgo a Santena e dintorni; poi, per via della fama che si espandeva ulteriormente anche nei paesi vicini, fu chiamato finanche a risolvere casi ritenuti disperati. Iniziò contestualmente a predicare, destando l’attenzione dell’Arcidiocesi di Torino che, nella persona del canonico Giovan Battista Basso, protonotario apostolico e vicario generale dell’arcivescovo Giulio Cesare Barbera, il 13 luglio 1697 lo chiamò a colloquio privato, intimandogli di astenersi dal praticare esorcismi, dato che era privo di permesso e di conseguenza patentemente abusivo. Giovan Battista però non si discostò dalle proprie inveterate abitudini; pertanto il richiamo ufficiale ebbe effetti pratici nulli e la curia fu costretta ad adire di nuovo la via giudiziaria. Nel mese di novembre del 1697, nel secondo processo ecclesiastico, tenutosi a Torino, alla presenza, tra gli altri, del procuratore fiscale (equivalente al pubblico ministero) don Francesco Leonetti, Giovan Battista ebbe a dichiarare che «Et essendo io venuto [a Torino] con il signor don Vittorio Negro, cappellano di detto luogo di Santena, appresso noi venne una gran turba di gente e per strada si moltiplicava; e molti tra essi [erano] stropiati, zoppi, gobbi et altre persone difetose», ammissione visibilmente compiaciuta che esplicitava la popolarità goduta dall’esorcista, il quale operava in diversi centri, come Chieri e Carmagnola, della grande provincia torinese, suonando spesso con virtuosismo un violino, per cui risultava essere di carattere balzano. Don Gaspare Garis, durante l’escussione dei testimoni, disse, in modo circostanziato, che Giovan Battista «si metteva a giocare del violino di compagnia di altro sonadore che seco era e comandava a dette creature…di dover ballar et saltar in honore di Santo Antonio et di altri Santi al di loro suono, come così facevano». Il medesimo Don Garis, che in circostanze pregresse era stato già a contatto con Giovan Battista, asserì apertamente di conoscerlo «in occasione che studiavamo assieme in Torino dieci o dodici anni prima. Sino da quel tempo haveva già talli frascarie, come io le stimo, in capo». In sede processuale, altresì, Giovan Battista consegnò al cancelliere un libro intitolato Manuale exorcistarum e un corposo registro in cui aveva scrupolosamente segnato «le liberasioni degli obsessi e maleficiati sino a quel tempo seguite per opera mia». Infatti, negli anni posteriori al 1694, facendo base a Santena, Giovan Battista fu sistematicamente impegnato in qualità di esorcista e pranoterapeuta; si consideri solo che nel già citato brogliaccio, intitolato «Libro delle liberasioni fatte dell’anno 1697 in malefici, ecc.», che molto presumibilmente non doveva essere l’unico, Giovan Battista annotò i nomi, il paese d’origine e il tipo di male di 539 persone da lui esorcizzate fra il 29 giugno e il 15 agosto 1697; documento che consente di seguire il suo raggio d’azione geografico, evidentemente oltremodo preoccupante per l’istituzione ecclesiastica. Senz’ombra di dubbio, oltre all’intensa attività esorcistica, suscitava timore anche la sua vigorosa predicazione, che esorbitava il controllo capillare della Chiesa post-tridentina. Del processo del 1697 non si conosce l’esito, ma Giovan Battista fu buon avvocato di sé stesso, affermando «che ero corso un poco troppo, che accusavo la mia ignoranza, che domandavo perdono». La sua difesa fu efficace, colpendo nel segno a tal punto che venne liberato. Era plausibile che a farlo scagionare fosse intervenuta la potente famiglia feudale dei Tana, che a Torino, tra le altre proprietà, aveva un bellissimo palazzo in Piazza Castello. Nei giorni successivi al processo la sua firma appare sotto gli atti di morte e di matrimonio della parrocchia di Santena. Ciononostante, gli era stato fermamente proibito di esorcizzare, interdizione comunicata per lettera alla Sacra Congregazione del Santo Uffizio in Roma. Dopo il secondo ed ultimo processo di Giovan Battista si perse ogni traccia, né apparve in documenti posteriori.
Bibliografia e fonti archivistiche
- Giovanni Levi, L’eredità immateriale. Carriera di un esorcista nel Piemonte del Seicento, Einaudi, Torino 1985 (nuova ed.: Il Saggiatore, Milano 2020).
- Archivio Arcivescovile di Torino, 19, 154, Atti Criminali, Del Fisco Arcivescovile di Torino e il Signor Don Chiesa curato di Santena, 1697.
Article written by Armando Pepe | Ereticopedia.org © 2022
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]