Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Giacinto Parpera (Genova, 1633 – 1700) è stato un sacerdote dell’Oratorio di Genova, distintosi per il suo contributo alla teologia mistica e alla difesa dell’ortodossia. La sua attività intellettuale si colloca nel contesto delle polemiche religiose del XVII secolo, in particolare contro il quietismo.
Tra le sue opere si distingue il manoscritto Pietra di paragone per discernere la vera contemplazione dalla falsa, concepito per contrastare le teorie di Miguel de Molinos e per definire una pratica mistica autentica. Tuttavia, nel 1688, il testo fu censurato dall’Inquisizione, che ne vietò la pubblicazione e lo trattenne, temendo che potesse generare confusione o deviare dalla dottrina ufficiale. Parpera, pur accettando con umiltà il giudizio delle autorità ecclesiastiche, difese sempre il valore del suo lavoro come contributo al dibattito teologico.
Nonostante la censura subita, Parpera ebbe un ruolo significativo nell’evoluzione del dibattito mistico e nell’affermare l’ortodossia cattolica. La sua concezione della contemplazione, radicata nella Scrittura e nella tradizione patristica, integrava fede, ragione e disciplina teologica, ponendosi in netta opposizione alle pratiche mistiche che ignoravano la dimensione intellettuale e la guida della Chiesa.
Bibliografia
- Paolo Fontana, Il censore censurato. Giacinto Parpera, l’Inquisizione, il quietismo e l’antiquietismo a Genova tra il 1688 e la metà del XVIII secolo, in "Ricerche Teologiche", 23, 2011, pp. 219-239.
- Paolo Fontana, Celebrando Caterina. Santa Caterina Fieschi Adorno e il suo culto nella Genova Barocca, Marietti, Genova 1999.
- Paolo Fontana, Patriziato e santità. La principessa Violante Lomellini Doria (1632-1708), Carocci, Roma 2004.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]