Algarotti, Francesco

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Francesco Algarotti (Venezia 1712 - Pisa 1764) fu un letterato, un filosofo e un collezionista d’arte italiano.

I primi studi

Francesco Algarotti nacque a Venezia l'11 dicembre 1712 da una famiglia di mercanti. Il padre era Rocco Algarotti e la madre Maria Merati; ebbe due sorelle e due fratelli uno dei quali morì giovane, l’altro era il conte Bonomo Algarotti. Il padre, all’età di 13 anni, lo mandò a Roma a studiare al Collegio Nazareno. L’esperienza romana durò un anno: subito dopo fece ritorno a Venezia dove studiò greco con Carlo Lodoli. A seguito della prematura morte del padre, il fratello si prese cura della sua istruzione e lo mandò a Bologna. Lì ebbe la possibilità di studiare con Eustachio Manfredi, matematico, astronomo e poeta italiano, che nutrì per l’Algarotti affetto e stima profondi, testimoniati anche dalla vita del Manfredi scritta da Giampietro Cavazzoni Zanotti. Un altro maestro bolognese fu Francesco Maria Zanotti, letterato e filosofo che tentò la conciliazione dell’aristotelismo con le dottrine cartesiane e newtoniane. Anche con Zanotti ebbe una frequentazione assidua testimoniata da un ricco scambio epistolare. A confutazione del De luminis affectionibus di G. Rizzetti, compose in latino una dissertazione sull'ottica newtoniana esposta all’Accademia dell’Istituto Bolognese, alla quale era aggregato. La dissertazione fu pubblicata dapprima nei Commentari dell’accademia, con il titolo De colorum immutabilitate; successivamente entrò nella sua opera sul newtonismo. Lo scritto, meditato dunque a Bologna, doveva chiamarsi Neutonianismo per le dame. L’abate Galiani lo formò in materia di teologia e L. M. A. Caldani lo guidò nell’apprendimento della fisiologia e dell’anatomia. La conoscenza del corpo umano lo interessava anche ai fini di una più precisa riproduzione, vista la sua propensione anche per la pittura. A Bologna scrisse i suoi primi versi di argomento amoroso e filosofico-scientifico. Alcune sue rime furono pubblicate a sua insaputa da Giampiero Zanotti nel 1733. Sulle vicende della vita privata di Algarotti non si sa molto, eccetto che probabilmente fu omosessuale.

Lo studio dei classici e i viaggi

Per alcuni mesi si trasferì a Padova, alla scuola del Lazarini, dove approfondì lo studio del greco continuato a Firenze con Angelo Maria Ricci. Iniziava a sviluppare quella tendenza classicheggiante che caratterizzò le sue produzioni letterarie e lo influenzò nei giudizi critici. quegli L’antichità classica e l’architettura – di cui si era già interessato nel periodo bolognese – furono studiate meglio a Roma, dove iniziò a dare forma alle idee sul Newtonismo concepite a Bologna. La scrittura del suo primo trattato fu proseguita durante il soggiorno parigino, iniziato nel 1733. A Parigi decise di rivisitare profondamente la sua opera a partire dal titolo: Dialoghi sopra l’ottica neutoniana è meno originale ma comunica immediatamente una pretesa di maggiore seritetà. L’opera conobbe una travagliata vicenda editoriale, messa all'Indice nel 1738 fu emendata per due volte prima che una terza revisione (1750), dal titolo Dialoghi sopra la luce, il colore e l'attrazione, superasse il vaglio dei censori. In forma dialogica, nell’opera, l’autore cerca di convertire una marchesa persuasa delle idee cartesiane alle teorie del filosofo inglese. Alla pubblicazione, il volume suscitò l’attenzione di molti studiosi e dunque pareri differenti e discordanti. Tra i critici ci fu Voltaire. Le philosophe aveva da poco scritto i suoi Eléments e leggendo i Dialoghi li trovava una mera copia della Pluralità dei mondi di Monsieur de Fontenelle, al quale l’opera di Algarotti era apertamente dedicata. Agli occhi di Voltaire, i Dialoghi dovevano apparire come un testo dal carattere principalmente letterario ma scientificamente poco pregnante e il loro autore poteva sembrare un semplice continuatore dell’Arcadia più che un vero e proprio scienziato. In ogni caso, l’opera vantò molte edizioni in italiano e varie traduzioni in francese, in inglese, in russo e in portoghese. Dopo i 18 mesi trascorsi a Parigi, Algarotti passò sei mesi in Inghilterra, dove poté approfondire lo studio della lingua inglese intrapreso inizialmente a Bologna. Qui gli incontri furono molti e significativi per la sua formazione: dal Sig. Folkes, che lo fece ammettere alla Società Reale di cui era presidente, al Pope, a Madame Condwin, nipote di Newton che gli mostrò gli strumenti di lavoro dello scienziato. Conobbe anche la poetessa Lady Montagu e in casa di Milord Burlington potenziò le sue conoscenze in materia di architettura. Tornò in Italia, passò per Bologna, Venezia, e Milano, poi si recò nuovamente in Francia e in Inghilterra nel 1738. Nel 1739 salpava da Gravesend alla volta del Baltico. Il racconto di quel viaggio si può leggere nei Viaggi di Russia, opera strutturata in forma di lettere indirizzate a Lord Hervey. L'esame della struttura militare, politica ed economica dell'impero russo era il vero soggetto dell’opera che indugia, inoltre su aspetti etno-antropologici di quel popolo. Si trattava originariamente di otto lettere scritte nel 1739, ma la mancanza originaria di una struttura organica gli permise di aggiungerne altre quattro stese fra il 1750 e il 1751 indirizzate a S. Maffei. Non si spinse oltre San Pietroburgo, tornando indietro passò per Danzica, Dresda e Berlino. In questo viaggio incontrò il principe ereditario di Prussia (Federico II) con il quale iniziò uno scambio epistolare. Attraverso una lettera il Principe gli chiese di trasferirsi a Berlino. Lo seguì così nelle varie residenze e nei vari viaggi guadagnando il titolo di Conte, riconosciuto poi dalla Repubblica di Venezia. Per conto di Federico II ebbe anche un incarico diplomatico presso il re di Sardegna quando occupò il territorio della Slesia (1741). Dal 1742 al 1746 stette presso l'elettore di Sassonia, Augusto III come consigliere di guerra, e ricevette l'incarico di raccogliere in Italia opere d'arte per la Galleria di Dresda.

Gli studi critici e gli ultimi anni

Le competenze dell’Algarotti nel campo dell’arte figurativa lo portarono ad occuparsi direttamente di critica con due trattati: Sopra l'architettura (1756), nel quale difendeva il principio del funzionalismo contro il gusto barocco e Sopra la pittura (1762), nel quale mostrava tutta la sua inclinazione per il gusto classico. I due trattati sono posteriori agli scritti di critica letteraria del nostro autore, con i quali si pongono in rapporto di assoluta continuità. Nel 1744 Algarotti aveva pubblicato le Lettere sulla traduzione dell'Eneide del Caro, nelle quali evidenzia i difetti del Caro traduttore, isolandone gli errori e delineandone lo stile. Salvo l'interruzione d'un lungo soggiorno in Italia nel 1749 e di un altro a Dresda, per sette anni rimase presso la corte del re di Prussia. Là strinse e riallacciò rapporti con scienziati, filosofi e uomini di lettere, tra questi Voltaire. In quegli anni, e in quelli successivi, gli scritti di Algarotti non seguirono un percorso coerente Dal suo superficiale eclettismo deriva la serie di saggi scritti dal ’49 in poi: Saggio sopra la giornata di Zama (1749), Saggio sopra l'Imperio degl'Incas (1753), Saggio sopra il Gentilesimo (1754), Saggio sopra quella quistione perchi i grandi ingegni a certi tempi sorgano tutti ad un tratto e fioriscano insieme (1754), Saggio sopra Orazio (1760), Saggio sopra la quistione se le qualità varie de' popoli originate siano dallo influsso del clima, ovveramente dalle virtù della legislazione(1762), Saggio sopra il commercio (1763), Saggio sopra l'Accademia di Francia che è in Roma (1763). Alcuni saggi sulla lingua fanno pensare che probabilmente se Algarotti non fu un brillante filosofo o uno scienziato innovativo, fu indubbiamente un letterato: il Saggio sopra la lingua francese (1750) illustra con chiarezza la differente storia della lingua francese da quella italiana e il Saggio sopra la necessità di scrivere nella propria lingua si collega al concetto di lingua come espressione del genio di un popolo. A due infelici tentativi teatrali (Enea in Troia e l’Iphigenie in Aulide in francese) segue un Saggio sopra l’opera in musica (1762) che riflette sulla storia e la natura del melodramma, teorizzando la necessità della musica di subordinarsi alla poesia.
Nel 1753, Algarotti lasciò la corte di Prussia per tornare prima a Venezia e poi a Bologna dove fondò un’accademia pensata per giovani studiosi: l’Accademia degli Indomiti. A questo periodo (1757) risale la pubblicazione dei Versi sciolti di tre eccellenti moderni autori (Frugoni, Algarotti, Bettinelli) che recavano come introduzione le Lettere virgiliane del Bettinelli (1757). Algarotti rinnegò la decisione di pubblicare dei versi sciolti nonostante avesse precedentemente difeso il verso sciolto nel Saggio sopra la rima (1752).
Lo scrittore trascorse gli ultimi anni a Pisa, dove prima di morire (3 maggio 1764) poté curare la prima edizione completa delle sue Opere.

Bibliografia

  • Domenico Michelessi, Memorie intorno agli scritti e alla vita di Francesco Algarotti, Venezia, 1770.
  • Ettore Bonora, Algarotti, Francesco, in DBI, vol. 2 (1960).
  • Giovanni Da Pozzo, La coscienza letteraria dell’Algarotti, Stamperia di Venezia, 1964.
  • Vincenzo Lavenia, Algarotti, Francesco, in DSI, vol. 1, p. 42.

Article written by Elisiana Fratocchi | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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