Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
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Fernando Álvarez de Toledo y Pimentel, terzo duca d'Alba (Piedrahíta, 29 ottobre 1507 – Lisbona, 11 dicembre 1582) è stato un generale spagnolo, considerato uno dei campioni militari della Controriforma in Europa. Nel 1555 fu governatore di Milano, quindi viceré di Napoli fino al 1558. Durante il suo viceregno scoppiò il conflitto tra gli Spagnoli e papa Paolo IV. L'Alba condusse le truppe spagnole alle porte di Roma, facendo temere un secondo sacco della città del papa. L'accordo arrivò in extremis nel settembre 1557 (pace di Cave) e fu il preludio della svolta filospagnola di Paolo IV.
La fama dell'Alba è tuttavia legata soprattutto alla sua sanguinosa azione anti-protestante nei Paesi Bassi, dove risiedette dal 1567 al 1574 come capo supremo dell'esercito spagnolo in guerra contro i calvinisti olandesi. Filippo II lo riutilizzò a partire dal 1580 nella guerra di annessione del Portogallo, che l'Alba seppe condurre vittoriosamente. Proprio a Lisbona all'indomani della sua ultima vittoria militare l'Alba morì nel 1582.
Origini e formazione
Discendente da una delle più antiche e prestigiose famiglie della nobiltà castigliana, Fernando Álvarez de Toledo crebbe senza padre – ucciso in battaglia contro i Mori nel 1510 – e venne allevato dal nonno Fadrique con l'obiettivo principale di farne un soldato. La sua formazione fu dunque orientata alla guerra più che alla politica, e se da un lato ricevette anche un’educazione umanistica con precettori italiani e spagnoli, dall’altro fin da adolescente fu avviato al mestiere delle armi.
La precoce esperienza militare in Francia, in Ungheria e contro i corsari barbareschi lo temprò a una disciplina inflessibile, facendone un comandante temuto, più incline alla repressione e alla forza che alla mediazione.
Al servizio di Carlo V
Il duca d’Alba si affermò sotto l’imperatore Carlo V, con cui ebbe un rapporto segnato da rispetto ma non da piena sintonia. Il suo carattere eccessivamente duro e il suo fanatismo religioso non corrispondevano del tutto alla politica di equilibrio perseguita dall’imperatore.
Fu comunque protagonista della vittoria di Mühlberg (1547), dove guidò i tercios imperiali contro i principi protestanti della Lega di Smalcalda. In quell’occasione rivelò tutta la sua spietatezza, invocando la condanna a morte dell’elettore di Sassonia e progettando la profanazione della tomba di Lutero. Carlo V lo frenò, tollerandone gli eccessi in ragione della sua efficacia militare.
Governatore in Italia
Con l’avvento di Filippo II la sua carriera politica e militare decollò. Dopo essere stato nominato governatore di Milano (1555), fu inviato a Napoli come viceré (1556-1558). In quegli anni esplose lo scontro tra la monarchia spagnola e papa Paolo IV, che desiderava ardentemente la rovina di Carlo V e di Filippo II e aveva assunto posizioni filofrancesi. L’Alba invase i territori pontifici e avanzò fino a Roma, evocando lo spettro di un nuovo sacco. Solo l’accordo raggiunto in extremis a Cave nel settembre 1557 scongiurò l’assalto e determinò la svolta filospagnola della politica carafesca.
Questa esperienza, come osserva la storiografia, mise in luce la duplice natura del duca d’Alba: da un lato il servitore fedele della monarchia, dall’altro il comandante inflessibile che non esitava a piegare con la forza anche il papato, pur proclamandosi campione della fede cattolica.
Il governo dei Paesi Bassi
La sua fama – e la sua leggenda nera – sono perlopiù legate al periodo trascorso nei Paesi Bassi (1567-1573). Inviato da Filippo II per reprimere la rivolta, l’Alba sostituì Margherita di Parma instaurando un regime militare.
Costituì il famigerato Consiglio dei Tumulti, ribattezzato dagli stessi fiamminghi “Consiglio di Sangue”. Fece arrestare con l’inganno e giustiziare i conti di Egmont e di Horn (1568), due dei principali nobili ribelli, e promosse un’ondata repressiva che causò migliaia di condanne e di esecuzioni.
L’azione dell’Alba non si limitò alla persecuzione religiosa: egli introdusse anche un sistema fiscale oppressivo, con tasse impopolari che esasperarono ulteriormente le province. Se sul piano militare riportò successi iniziali, come a Jemmingen, la sua politica finì per alimentare la resistenza, dando nuova forza alla rivolta guidata da Guglielmo d’Orange.
Dopo anni di terrore, logorato dai costi economici e politici della sua linea intransigente, fu richiamato in Spagna nel 1573 e sostituito da Luis de Requesens.
Declino e risalita
Negli anni successivi cadde in disgrazia a corte, complice uno scandalo che coinvolse il figlio Fadrique. Visse per qualche tempo in disparte, fino a quando Filippo II non decise di affidargli un’ultima grande missione: la conquista del Portogallo (1580), rimasto senza eredi diretti.
La campagna fu condotta con la consueta energia e culminò con la vittoria di Alcântara e l’ingresso a Lisbona. Anche qui la repressione fu dura, con massacri che consolidarono ulteriormente la sua fama di generale implacabile. Morì a Lisbona l’11 dicembre 1582, poco dopo aver completato la sua ultima missione.
Lascito e memoria
La figura del duca d’Alba è rimasta simbolo della “Spagna nera”: crudele e inflessibile, incarnazione del fanatismo cattolico e dell’assolutismo regio. Come sottolinea la Treccani, la sua energia e la sua fedeltà furono compromesse da una rigidità estrema, da una concezione autoritaria che non ammetteva resistenza né diritto agli avversari, e da un fanatismo che lo spinse a considerare l’eresia un crimine da estirpare con il sangue.
Se la propaganda protestante lo trasformò in un tiranno demoniaco, la memoria cattolica ne conservò invece l’immagine del campione militare della Controriforma. In entrambi i casi, il suo nome rimase indissolubilmente legato al regno di Filippo II, del quale fu il più fedele e spietato braccio armato.
Bibliografia essenziale
- Manuel Fernández Álvarez, El duque de hierro: Fernando Álvarez de Toledo, III de Alba, Colección Espasa Forum, Espasa Calpé, Madrid, 2007.
- Ferdinand H. M. Grapperhaus, Alva en de tiende penning, Kluwer, Deventer, 1982.
- Henry Kamen, The Duke of Alba, Yale University Press, New Haven–London, 2004.
- William S. Maltby, Alba: A Biography of Fernando Alvarez de Toledo, Third Duke of Alba, 1507–1582, University of California Press, Berkeley–Los Angeles, 1983.
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013-2025
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]