Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Aurora de Rubeis è stata una donna vissuta a Meduna di Livenza a cavallo tra Cinquecento e Seicento che fu accusata di stregoneria.
Aurora de Rubeis nacque presumibilmente a Udine, dove il 22 maggio 1578 si sposò con il nobile Annibale Fabris, portando la residenza a Meduna, paese del marito e importante circoscrizione della Patria del Friuli, ai confini col Veneto.
Non sono note le date di nascita e morte della de Rubeis, che deve la propria notorietà più alla figlia Paolina e alle pratiche esoteriche, che per altre questioni.
Paolina Fabbris, nata nel febbraio 1582, sposò il patrizio veneto Francesco Michiel, allora governatore del capitanato medunese. Il matrimonio si celebrò agli inizi del Seicento e unì due importanti famiglie dell’aristocrazia locale.
Allo stato delle ricerche non è emerso alcun documento inerente un eventuale processo a carico della de Rubeis, la quale fu comunque nominata in alcune deposizioni davanti all’inquisitore di Aquileia e Concordia. Inoltre il suo nome compare anche nella relazione della visita pastorale del 1599 nella quale il parroco di Meduna, pre Galeazzo della Bella, riferì al vescovo quanto accadeva in parrocchia. In particolare, il pievano, raccontò che la sera dell’Epifania, Aurora mandò una serva a prendere dell’acqua santa in chiesa. Prontamente fermata dal della Bella, la giovane si giustificò dicendo che era stata mandata dalla sua padrona, la quale appunto abbisognava dell’acqua benedetta. Il parroco allora mandò a chiamare la de Rubeis, che con semplicità rispose che l’acqua serviva per il sortilegio dell’inghistera (caraffa). La divinazione con l’inghistera aveva come fine il ritrovamento degli oggetti smarriti e Aurora disse che erano più di vent’anni che la praticava regolarmente, per chiunque la richiedesse. Era comunque un rito magico conosciuto in tutta Italia, se non addirittura Europa.
Al Santo Ufficio arrivarono informazioni riguardo la de Rubeis attraverso la deposizione di Lucrezia Montereale-Mantica di Pasiano, la quale, sentita da Tiberio Asteo (fratello e aiutante dell’inquisitore) nel 1605, disse che la donna era solita uscir la notte con una amica, per portarsi nel cimitero medunese al fine di prelevare alcune ossa di morto, per praticare le fatture. La Montereale-Mantica fu coinvolta nella più complessa questione del mago pordenonese Aquino Turra e, in tale contesto, l’Asteo ascoltò anche Elena Grimaldi, sempre da Meduna. La Grimaldi, dedita all’esoterismo, fece il nome della donna che accompagnava la de Rubeis nelle uscite notturne, ovvero Angela Quartarola, della quale però non si ha alcuna informazione.
Come detto, per quanto se ne sappia, non è stato istruito alcun procedimento a carico della de Rubeis e dalle vecchie carte non è emersa alcuna sua deposizione. Si ignorano dunque i possibili rapporti con la Santa Inquisizione, tuttavia si è certi della riconciliazione con la Chiesa, rafforzata dai figli Giacomo e Giovanna che, nel 1622 chiesero di poter costruire, a loro spese, un altare dedicato a S. Nicolò nella parrocchiale. Vi fu anche la richiesta, prontamente accolta, del pagamento di livelli e per la celebrazione periodica delle messe. Probabilmente l’altare fu ornato da una pala raffigurante S. Pietro, S. Antonio, S. Nicolò e S. Giacomo (eponimo del committente), opera tutt’oggi presente in chiesa.
Bibliografia
- Mauro Fasan, A caccia di streghe nei domini della Serenissima. Processi per stregoneria tra Veneto e Friuli nel ‘500 e ‘600, Itinera Progetti Editore, Bassano del Grappa (VI) 2016.
- Mauro Fasan, I patrizi veneti Michiel. Storia dei Michiel “dalla Meduna”, Aracne editrice, Roma 2014.
- Mauro Fasan, Streghe a Meduna tra Cinquecento e Seicento, in "Cultura in Friuli", IV, 2018, pp. 489-506.
Article written by Mauro Fasan | Ereticopedia.org © 2019
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]