Cesarini, Ascanio

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Ascanio Cesarini (ante 1538 - post 15 dicembre 15791) è stato un vescovo cattolico, titolare della diocesi di Oppido Mamertina (20 febbraio 1538 - 5 luglio 1542) e, dopo le dimissioni, vescovo in partibus. È ricordato per essere stato uno dei più noti avversari della Compagnia di Gesù durante l’affaire del Seminario romano (1564-1565).

Biografia

Ascanio, forse figlio naturale del marchese Giuliano Cesarini e fratellastro di Giovanni Giorgio, fu avviato ben presto alla carriera ecclesiastica. Quando lo zio, Alessandro, rinunciò alla sede di Oppido Mamertina, Ascanio gli succedette il 20 febbraio 1538, senza tuttavia risiedere mai in episcopio. Dopo la rinuncia alla cattedra, seguita alla morte del cardinale-zio (1542), partecipò al Concilio di Trento, risiedendo a Venezia fino al 1556. Dopo il rifiuto della sede episcopale di Salerno (che andò al cardinale agostiniano Girolamo Seripando, vicino agli ambienti valdesiani), tornò nella sua villa romana, e nel 1559 venne designato dal cardinale Giacomo Savelli, vicario pontificio per la città di Roma, alla riforma dei titoli e delle diaconie dei cardini e degli altri edifici sacri dell’Urbe, insieme al vescovo di Chieti Marco Antonio Maffei. In questo ufficio, il Cesarini dovette vigilare con il proposito di riformare i benefici ecclesiastici delle parrocchie romane, nonché sull’andamento morale delle congregazioni religiose, secondo l’urgenza espressa dai padri conciliari. Al termine del Concilio, la carriera ecclesiastica del Cesarini si interruppe bruscamente: secondo il Ceccarelli, nell’Istoria di Casa Cesarina (1579), Ascanio avrebbe rinunciato spontaneamente all’incarico di visitatore nel 1564, mentre secondo la ricostruzione di Mario Scaduto (1964)2, il Cesarini sarebbe stato sostituito dal gesuita Usmar Goyson forse per la sua incapacità. Era un periodo favorevole per i membri della Compagnia, che si vedevano accordare da papa Pio IV la fiducia per la direzione del nuovo Seminario romano, dopo la fredda accoglienza che aveva riservato loro fino a quel momento.
Sempre secondo la ricostruzione di Scaduto, il vescovo Cesarini, più per vendetta personale che per reale preoccupazione per le sorti della Chiesa, avrebbe coinvolto il clero secolare romano, in fermento per l’affaire del Seminario, raccogliendo numerose testimonianze sull’immoralità dei membri della Compagnia, ritenuti un pericolo per la Chiesa tutta, in particolare per il loro rapporto con le donne e nell’educazione dei giovani, nonché per la loro incostanza nel seguire le costituzioni e i voti di castità, povertà e obbedienza. Da questa operazione derivarono tre pamphlet, scritti di proprio pugno dal Cesarini, che circolarono a lungo manoscritti. Gli unici esemplari censiti sono oggi conservati presso l’Archivio Storico della Diocesi di Milano e l’Archivum Romanum Societatis Iesu, in appendice all’autobiografia di Benedetto Palmio3.
Le scritture vennero rapidamente copiate e fatte circolare anche al di fuori degli ambienti romani, accendendo un incendio di testi antigesuitici che cominciarono a diffondersi tra il clero diocesano. Come testimonia il gesuita Pietro Canisio al suo superiore, padre Polanco, quei pamphlet vennero trascritti e tradotti, raggiungendo anche la corte di Filippo II in Spagna e i pulpiti delle chiese luterane in Germania4. Le tre scritture arrivarono anche tra le mani del cardinale Otto von Truchsess, il quale denunciò la vicenda al pontefice. Il cardinale Savelli per conto del papa convocò il Cesarini per fornire la propria versione dei fatti, senza ottenere altra confessione se non che poteva chiamare a testimoniare molte personalità note agli ambienti laici ed ecclesiastici romani per suffragare le accuse contro la Compagnia. Venne così aperta un’inchiesta, durante la quale Ascanio Cesarini cercò l’appoggio dei cardinali Cicala e Saraceno. Tuttavia, l’inchiesta si concluse con un nulla di fatto, assolvendo i gesuiti dalle accuse rivolte loro. Nel frattempo, padre Polanco chiedeva al primo rettore del Seminario romano, il correligionario Geronimo Nadal, di redigere un’apologia per le accuse rivolte contro di loro, che non si rivelò comunque necessaria all’inchiesta5. Il Cesarini venne pertanto destituito, privato del beneficio e messo a tacere, con la minaccia del carcere se avesse continuato a diffamare i gesuiti. Il 29 e 30 dicembre 1564 il papa inviò in Germania sei brevi, tra cui uno all’imperatore Massimiliano e uno al cardinale Truchsess per comunicare l’esito dell’inchiesta. Cesarini si ritirò così nella sua villa romana in quartiere Sant’Eustachio, accanto alla chiesa di San Giuliano, senza lasciare altra notizia della sua vita, salvo una lettera, inviata al Governatore di Roma nel 1570, con la denuncia degli atti vandalici compiuti dai figli di Tiberio Alberini contro la propria abitazione.
Accertata la falsità delle accuse contro la Compagnia da una commissione istruita da Pio IV, il Cesarini, privato di tutti gli incarichi, fu ridotto al silenzio, pena il carcere.

I Novi advertimenti, ovvero le tre scritture cesariniane

Il titolo attribuito da Mario Scaduto alle scritture cesariniane, Novi advertimenti, è stato ripetuto pedissequamente da Sabina Pavone nei suoi numerosi riferimenti bibliografici per riferirsi ai documenti prodotti dal vescovo nel 15646. Tuttavia, quel titolo non compare in alcuno degli esemplari autografi dei manoscritti censiti, dal momento che il Cesarini non ambiva ad una trattazione esaustiva della materia, ma si limitava a dichiarare nel testo o a tergo delle sue lettere ai cardinali Cicala e Saraceno che si trattava soltanto di «alcuni (o novi) advenimenti del procedere della compagnia di S. Maria della Strada» (ASDMI, sez. XII, vol. 2, q. 31, ff. 263r; 268v) suscitati dopo l’affidamento del Seminario alla Compagnia di Gesù.

Fonti

  • Archivio Storico della Diocesi di Milano (= ASDMi) sez. XII, vol. 2, q. 30, 32, 35.
  • Archivum Romanum Societatis Iesu (= ARSI), Vitae, 164, ff. 176r-177v.

Bibliografia

  • Alfonso Ceccarelli, Istoria di Casa Cesarini, a cura di Danilo Romei - Patrizia Rosini, Lulu editore, [s.l.] 2015, p. 56:
  • Patrizia Rosini, Famiglia Cesarini. Ricerche e documenti, Lulu editore, [s.l.] 2016, in part. pp. 41-56.
  • Mario Scaduto, L’epoca di Giacomo Lainez, 1556-1565. Il governo, Edizione La Civiltà Cattolica, Roma 1964.
  • P. Hieronymi Natalis Apologia Societatis Jesu contra Episcopum Caesarinum apud Cardinales Reformationi ex Concilio Tridentino faciendae praepositos pubblicata, in [Jerónimo NADAL], Epistolae P. Hieronumi Nadal Societatis Jesu: ab anno 1546 ad 1577, nunc primum editae et illustratae a Patribus eiusdem Societatis. Tomus Quartus. Selecta Natalis Monumenta in eius epistolis commemorata (= Monumenta Historica Societatis Iesu, 27), Typis Gabrielis Lopez del Horno, Matriti 1905., pp. 148-168.
  • Sabina Pavone, Anti-Jesuitism in a Global Perspective, in The Oxford Handbook of the Jesuits, a cura di Ines G. Zupanov, Oxford University Press, Oxford 2019, pp. 833-854.
  • Ead., The History of Anti-Jesuitism. National and Global Dimensions, in The Jesuits and Globalization: Historical Legacies and Contemporary Challenges, a cura di Thomas Banchoff - José Casanova, Georgetown University Press, Whashington DC 2016, pp. 111-130.
  • Ead., A Saint under Trial. Ingnatius of Loyola between Alcalà and Rome, in A Companion to Ignatius of Loyola: Life, Writings, Spirituality, Influence, a cura di Robert Aleksander Maryks, Brill, Boston-Leiden 2014, pp. 45-65.
  • Ead. Antijésuitisme politique et antijésuitisme jésuite : une comparaison de quelques textes, in Les antijésuites: Discours, figures et lieux de l’antijésuitisme à l’époque moderne, a cura di Pierre-Antoine Fabre - Catherine Maire Fabre, Presses universitaires de Rennes, Rennes 2010, pp. 139-164.
  • Ead., I gesuiti: dalle origini alla soppressione, Laterza, Roma-Bari 2004.

Article written by Vincenzo Vozza | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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