Gatti, Angelo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Angelo Gatti (Ronta, 17 dicembre 1724 – Napoli, 18 gennaio 1798) è stato un medico che, dopo aver osservato a Costantinopoli la tecnica dell’inoculazione umana del vaiolo (la così detta vaiolizzazione o ‘variolizzazione’), si impegnò nella diffusione della pratica in Francia con notevole successo, attirandosi per questo attacchi personali e un generale discredito da parte di numerosi colleghi. Contro quelli che lui stesso definì "pregiudizi" pubblicò alcuni scritti in difesa del suo metodo. Grazie a una fitta rete di rapporti con i poteri politici e con i propri pazienti, Gatti riuscì a superare le difficoltà, pur decidendo di rientrare definitivamente in Italia.

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L’operato di Gatti è stato solo di recente rivalutato da parte della storiografia come quello di uno dei maggiori protagonisti del dibattito europeo sull’inoculazione del vaiolo. I meriti di questa tecnica furono, però, presto offuscati: alla vaiolizzazione, che si basava sull’utilizzo di pus umano, Edward Jenner sostituì, a fine Settecento, la tecnica maggiormente nota e più efficace della vaccinazione, con l’impiego di materiale bovino.
Tre sono le principali fasi della sua biografia: gli anni della formazione (1724-1760), il periodo in Francia (1760-1771) e l’ultima fase dopo il rientro in Italia fino alla morte, nel 1798.

Gli anni della formazione e dei primi incarichi

Gatti nacque nel 1724 a Ronta, frazione di Borgo San Lorenzo, da una famiglia di modeste origini, e iniziò nel 1737 i suoi studi nel Seminario Arcivescovile di Firenze. Tuttavia scelse di interrompere il percorso nel 1744 per mancanza di inclinazione alla vita sacerdotale e intraprese gli studi all’Università di Pisa, dove si laureò in Medicina nel 1748. In assenza di testimonianze dirette che confermino la presenza di Gatti all’Ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova, sappiamo che fu presente a Firenze per un periodo di pratica nelle corsie ospedaliere (verosimilmente negli anni tra il 1747 e il 1751). Il suo primo incarico fu la nomina a maestro di matematica e scienze nautiche nel 1750, a bordo della marina mercantile toscana, in procinto di salpare per l’Oriente sotto il comando del capitano inglese John Francis Edward Acton. Erano questi gli anni in cui, per volere dei Granduchi lorenesi, si stava riconvertendo l’ordine dei Cavalieri di Santo Stefano da marina militare a marina mercantile, contestualmente a una serie di trattati di pace e di libero commercio con i paesi musulmani del Mediterraneo. L’incontro con la cultura orientale si rivelerà fondamentale per il futuro professionale del giovane medico perché nel Levante ebbe modo di osservare la tecnica dell’inoculazione del vaiolo: utilizzando piccole dosi di pus estratte da un paziente affetto da vaiolo si provocava volontariamente una forma lieve di malattia, così da garantire una immunizzazione più o meno efficace. La tecnica di Gatti consisteva nell’estrema semplicità di esecuzione che si basava su quella praticata in Oriente, spesso attuata direttamente dalle donne ai bambini. Con il progetto di visitare l’Inghilterra, e grazie alle relazioni che era riuscito a intessere, partì per Parigi insieme al marchese di Durfort, ambasciatore straordinario del Regno delle Due Sicilie.

Il periodo francese, dall’ascesa alle difficoltà

Gatti, medico italiano e privo di incarichi ufficiali, riuscì a prendere parte alle dinamiche di sociabilité parigine e a entrare nei maggiori salotti, acquisendo presto una buona reputazione. Lui stesso ricordava come aveva raggiunto "la petit celebrité d’Inoculater" senza averlo previsto, praticando un centinaio di vaiolizzazioni solo il primo anno di permanenza nella capitale francese. Molti dei figli dei personaggi più noti della città furono inoculati da Gatti, essendo a Parigi una pratica elitaria a differenza di quanto succedeva, ad esempio, in Inghilterra, dove esistevano ospedali specializzati nell’assistenza ai vaiolosi e nella diffusione dell’innesto del vaiolo. Inoltre, le cure mediche e l’isolamento dei pazienti inoculati, con un adeguato periodo di convalescenza, non erano accessibili economicamente a tutti gli strati della popolazione. La scelta del giovane medico fu quella di rimanere a Parigi, sull’onda di un successo professionale non preventivato, tanto da ottenere nel 1762 il titolo di medico "consultant du roi".
Il dibattito sull’inoculazione del vaiolo toccava molteplici aspetti, sia sul piano scientifico sia sul piano ideologico; presto si opposero due fazioni, gli inocoulisti e gli antinoculisti. Era giusto provocare volontariamente una malattia, che pur controllata, poteva portare alla morte e usare una tecnica che poteva veicolare altri tipi di infezione? Il medico, nella visione ippocratica, doveva limitarsi a preservare l’equilibrio dello stato di salute del paziente. Nell’estate del 1763, dopo una recrudescenza dell’epidemia, il Parlamento di Parigi proibì temporaneamente la pratica della vaiolizzazione in città e nei sobborghi perché alcuni inoculati si erano mostrati in pubblico durante l’incubazione della malattia, svolgendo attività quotidiane e veicolando il contagio. Fu così affidata alla Facoltà di Medicina e Teologia di Parigi la questione di valutare se l’incriminata pratica dell’innesto diffondesse o no il contagio; Gatti fu investito a pieno da questo clima di avversione.

Le opere in difesa e di divulgazione del suo metodo

Per difendersi dalle numerose accuse, il medico scrisse tre opere: nell’agosto 1763 la Lettre à M. Roux, indirizzata a uno dei membri della Facoltà di Medicina di Parigi, l’anno successivo aggiunse le Réflexions sur les préjugés qui s'opposent aux progrès et à la perfection de l'inoculation (1764), e infine, con revisioni e aggiunte, le Nouvelles reflexions sur la pratique de l'inoculation (1767).
Nella Lettre Gatti si rese disponibile a fornire i nominativi dei propri pazienti, molti di alta estrazione sociale e notorietà, e i casi più interessanti, così che chiunque potesse verificare la bontà e l’efficacia del suo metodo. In sua difesa ricordava come non applicasse purghe o salassi preparatori e inoculasse soltanto pazienti in buono stato di salute, attraverso la scelta di pus di qualità e con incisioni leggere, senza tagli profondi che potevano portare a complicazioni. La Lettre non bastò a placare le molte voci diffamatorie e così nel 1764 pubblicò le Réflexions, un’opera che partiva proprio da quei pregiudizi contro il suo metodo. Gatti promuoveva necessità di valutare la predisposizione del singolo paziente a ricevere o meno la vaiolizzazione, non basandosi su regole generali. Era inoltre favorevole all’adozione di misure preventive per ridurre il contagio anche tra i pazienti inoculati ma si sarebbe dovuto prima arginare il problema dei malati che, con segni evidenti di malattia, giravano liberamente per la città. I medici stessi possono essere veicolo di contagio se non seguivano tutti gli accorgimenti igienici. Inoltre, si scagliava contro quei colleghi (molti dei quali lo avevano criticato) che non erano in grado di diagnosticare il vaiolo o di comprendere se il soggetto inoculato avesse sviluppato realmente l’immunizzazione o se avesse contratto una forma leggera e che, quindi, non preveniva da futuri contagi. Sebbene l’opera fosse generalmente ben accolta a livello scientifico, con apprezzamenti in ambito illuministico italiano da parte di personaggi come Cesare Beccaria e Pietro Verri, non mancarono voci di dissenso, ad esempio per il passo in cui Gatti (forse provocatoriamente per dimostrare l’incompetenza dei colleghi) proponeva di affidare una pratica così delicata e rischiosa alle donne, prive di ogni competenza scientifica, come lui stesso aveva visto fare nel Levante.
Nel 1765 la signora duchessa de Boufflers, dopo due anni e mezzo dall’innesto di vaiolo praticato del Gatti si ammalò di vaiolo e il suo metodo tornava nuovamente al centro delle critiche: nonostante l’ammissione di aver erroneamente valutato il decorso, gli antinoculisti colsero l’occasione per giudicare completamente inefficace l’innesto del vaiolo. Colpito dal clamore e dal discredito, il medico partì nel 1766 per un periodo in Inghilterra (all’avanguardia nelle tecniche di inoculazione) e al ritorno pubblicò una seconda opera, le Nouvelles reflexions. Conscio degli errori commessi in passato, stilò un protocollo terapeutico ad uso dei medici, "pour les gens de l’art, et particulièrement pour ceux qui ont quelque expérience dans l’Inoculation". Nuovamente tornò a criticare tutti quei medici che avevano reso quella che era una tecnica semplice, come lui proponeva, inutile e pericolosa, a causa di una serie di preparazioni che avevano il solo scopo di aumentare la parcella e di alterare le abitudini e lo stile di vita dei pazienti. Per Gatti era la natura stessa la forza in grado di ripristinare l’equilibrio delle forze biologiche, in aderenza agli insegnamenti del maestro Antonio Cocchi, erudito, anatomista e medico di spicco fiorentino che fu il maggior esponente del neo-ippocratismo settecentesco e che consigliò spesso Gatti nel suo percorso. Tutta la sua fiducia veniva riposta in quelle "gens de l’art", nei medici che avevano già esperienza e che sarebbero stati in grado di superare i pregiudizi comuni. Suggeriva di inserire una piccola quantità di pus, il più fresco possibile, sotto epidermide, senza incisioni profonde che aumentavano il rischio di infezioni e complicazioni. Le regole erano talmente chiare che, diceva, tutto il mondo avrebbe potuto comprenderle, con forte avversione da parte dei colleghi che vedevano così perdere un primato esclusivo. L’opera non ricevette grandi apprezzamenti: il tema era ormai stato dibattuto da troppo tempo e il caso di Madame de Boufflers aveva minato irrimediabilmente la sua credibilità.

Il rientro in Italia

A queste difficoltà si aggiunse anche la caduta in disgrazia e l’esilio del duca di Choiseul, suo protettore, e così, nel 1771, scelse di fare ritorno in Italia, con una prima tappa nel mese di maggio a Firenze, dove incontrò il Granduca Pietro Leopoldo, che era stato inoculato nel 1769. Colse l’occasione per rientrare in Mugello, far visita alla sorella e ai nipoti e sistemare la situazione patrimoniale familiare, dopo la recente morte del cognato. Nel 1772 assistette all’inoculazione di due figli del Granduca toscano. Un tentativo di rientro in Francia si interrompe a Genova per motivi di salute e Gatti non farà più ritorno in Francia. Nel 1774 sarà lui stesso a praticare l’innesto di vaiolo su altri quattro figli (Ferdinando, Carlo, Alberto e Maria Teresa) di Pietro Leopoldo. Il rapporto con gli Asburgo-Lorena si rafforzò ulteriormente: nel 1775 ottenne la cattedra di medicina pratica all’Università di Pisa e nello stesso anno prese parte a un’ispezione ufficiale nella Maremma Senese in materia di sanità pubblica, dove visiterà anche gli ospedali locali. Negli anni successivi visse a Napoli alla corte dei Borboni, dove inoculò tutta la famiglia reale, e lì rimase fino alla morte, nel 1798. Nella sua vita non accettò mai cariche ufficiali troppo impegnative, preferendo sempre una posizione defilata di osservatore e consigliere. La sua maggior eredità resta quella di una tecnica che per approccio terapeutico e attenzione al paziente sarà cardine per la tecnica successiva della vaccinazione: valutare le condizioni di salute del paziente per arrecare minor danni possibili, evitare interventi invasivi ed ottenere l’immunizzazione per ridurre il contagio.

Bibliografia

  • Luigi Andreani, Il dott. Angelo Gatti di Ronta, Off. Tip. Mugellana di A. Mazzocchi, Borgo San Lorenzo 1902.
  • Bianca Fadda, L'innesto del vaiolo: un dibattito scientifico e culturale nell'Italia del Settecento, Franco Angeli, Milano 1983.
  • Calogero Farinella, Gatti, Angelo in DBI, vol. 52 (1999).
  • Veronica Massai, Angelo Gatti (1724-1798): un medico toscano in terra di Francia, Firenze University Press, Firenze 2008.
  • Veronica Massai, Medicina e potere: Angelo Gatti e l’inoculazione del vaiolo (1724-1798), tesi di perfezionamento in Discipline Storiche, Scuola Normale Superiore di Pisa in cotutela con EPHE Parigi, A.A. 2013-2014.

Article written by Francesco Baldanzi | Ereticopedia.org © 2021

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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