Nukios (Nicandro), Andronico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Andronico Nukios (o Nicandro; Νίκανδρος Νούκιος), nacque a Corfù alla fine del XV secolo, in una famiglia agiata di farmacisti (o speziali). Dopo la distruzione dell’isola da parte degli Ottomani (1537), si trasferì a Venezia, dove risiedette per circa tredici anni, ricoprendo un ruolo di rilievo all’interno della comunità greco-ortodossa locale. Segretario e lettore ecclesiastico della Confraternita di San Giorgio dei Greci, fu coinvolto nei contrasti interni tra filo-ortodossi e filocattolici (detti uniati), contribuendo alla difesa dei privilegi liturgici e giurisdizionali tradizionalmente riconosciuti alla comunità greca, che furono rimessi in discussione con la bolla papale del 1542 e ripristinati grazie a un nuovo provvedimento del 1549, al quale Nukios contribuì anche come emissario a Roma. A Venezia si dedicò attivamente all’attività editoriale in lingua greca: pubblicò, tra l’altro, l’Apostolo (1542) e il Typikon di san Sabba (1545), fondamentali per la prassi liturgica ortodossa, e curò l’edizione in volgare greco delle Favole di Esopo (1543), opera fortemente popolare, che testimonia la sua versatilità e il suo impegno culturale anche al di fuori dell’ambito ecclesiastico.

Gli Apodimiai: la descrizione del viaggio tra le correnti della Riforma in Europa

Nel biennio 1545-1546 partecipò a un viaggio diplomatico in Europa al seguito dell’ambasciatore imperiale Gerardus Veltwyck van Ravenstein, esperienza da cui scaturì l’opera Apodimiai, in cui descrisse con ricchezza di dettagli città, costumi e situazioni politiche dell’Europa centro-settentrionale, con particolare attenzione alla crisi religiosa in corso. Le sue osservazioni sulla Riforma protestante rivelano un’acuta consapevolezza della posta in gioco dottrinale e politica della frattura confessionale. Nukios distingue infatti tra tre grandi declinazioni del fenomeno riformato: il luteranesimo, di cui coglie l’elemento più spiccatamente iconoclasta e anti-liturgico, in contrasto con l’intera prassi della tradizione ecclesiale; l’anabattismo, giudicato con severità per i suoi eccessi settari e le derive fanatiche, in particolare nel riferimento agli eventi di Münster; e infine l’anglicanesimo, che suscita invece la sua ammirazione, soprattutto per l’azione riformatrice del re Enrico VIII, descritto come un sovrano coraggioso e razionale nella lotta contro gli abusi monastici e l’ingerenza papale. È nella figura del re inglese che Nukios sembra scorgere un parallelo implicito con la sua stessa battaglia per l’indipendenza della Chiesa greca veneziana: in entrambi i casi si tratta di una resistenza alle pretese romane in nome di un’autonomia ecclesiastica legittima e radicata nella tradizione.

Questa apertura verso le tematiche della Riforma, pur da una posizione convintamente filo-ortodossa, si colloca in netto contrasto con la linea degli uniati, fautori dell’unione tra le Chiese sancita dal concilio di Ferrara-Firenze (1438-1439) e sostenitori dell’assimilazione dei greci veneziani al modello romano. Dopo la revoca della bolla papale del 1542 e la riaffermazione dei diritti della Confraternita, proprio grazie all’intervento di figure come Nukios, si rinsaldò la posizione ortodossa della comunità, ma le tensioni dottrinali e culturali con la componente filouniate restarono vive. In questo contesto, l’interesse di Nukios per la Riforma — e, in particolare, per la Tragedia del Libero Arbitrio di Francesco Negri — assume un significato strategico e intellettuale insieme: non una adesione dottrinale, ma un segnale della capacità della tradizione greco-ortodossa di dialogare criticamente con il nuovo pensiero religioso europeo, selezionandone alcuni temi (come la responsabilità individuale nella fede, il rigetto del formalismo rituale, la denuncia della corruzione clericale) senza rinunciare alla propria identità confessionale.

La traduzione greca della Tragedia del libero arbitrio di Francesco Negri (1551)

L’impegno di Nukios per la traduzione greca della Tragedia di Francesco Negri, realizzata nel 1551 e conservata nel Cod. 244 della Biblioteca Patriarcale di Alessandria d’Egitto con il titolo Τραγωδία εἰς τὴν Αὐτεξουσίου ἀναίρεσιν, si colloca in questo orizzonte. Il testo, di ispirazione evangelica e fortemente anticlericale, fu scelto da Nukios probabilmente per la sua forma accessibile, teatrale e allegorica, che permetteva di trasmettere a un pubblico greco un messaggio di rinnovamento spirituale. La traduzione precede le versioni in latino (1559), francese (1558 e 1559) e inglese (1573), risultando così la prima trasposizione del dramma negrino in lingua diversa dall’italiano.

Una conferma dell’approccio personale e consapevole di Nukios alla ricezione del testo si coglie nelle sue strategie traduttive, che si discostano sensibilmente da una resa letterale o meccanica del testo in volgare. La sua versione greca si dimostra come un attento lavoro di mediazione linguistica e culturale, condotto alla luce della propria formazione ortodossa e della finalità pedagogica dell’operazione.

Anzitutto, si osserva una elevazione stilistica del registro linguistico: là dove il testo italiano alterna toni solenni a momenti dialogici e vivaci, Nukios opta per una lingua influenzata dalla tradizione liturgica bizantina, innalzando anche i passaggi più accessibili a un livello retorico che richiama le omelie e la prosa ecclesiastica. Si trattava, con ogni evidenza, di nobilitare teologicamente il contenuto dell’opera e di adattarlo a un pubblico greco incline a riconoscere autorevolezza in una lingua ecclesiastica solenne e codificata. Parallelamente, si riscontra una costante tendenza alla parafrasi e all’esplicitazione dei riferimenti biblici. Quando il testo italiano si limita a un’allusione o a una citazione implicita, Nukios spesso introduce l’intero passo biblico o ne fornisce una glossa paratestuale, coerente con la pratica esegetica ortodossa. Ciò testimonia non solo la sua competenza scritturale, ma anche il desiderio di chiarire i presupposti dottrinali dell’opera a un pubblico estraneo alla tradizione latina, senza però falsarne il contenuto teologico. Un altro elemento rilevante riguarda l’adattamento del lessico teologico protestante a categorie e termini familiari all’ortodossia. Termini chiave come giustificazione per fede, predestinazione, libero arbitrio, pur mantenendo il loro significato essenziale, sono tradotti con espressioni attinte al vocabolario patristico bizantino (il più rilevante è la scelta di αὐτεξούσιον per tradurre il concetto di liberum arbitrium), spesso con sfumature più moderate o meno polemiche. Questo processo di trapianto controllato dei concetti riformati nel terreno dell’ortodossia si manifesta anche nell’allegoria stessa, che viene mantenuta nei suoi personaggi emblematici, ma in alcuni casi semplificata o adattata per evitare fraintendimenti culturali. Particolarmente significativo è infine l’atteggiamento di Nukios nei confronti dei passaggi più apertamente polemici e anticlericali. Pur non elidendoli, egli ne attenua i toni più violenti, sostituendo la denuncia della corruzione istituzionale con una condanna più generale dell’ignoranza spirituale e della degenerazione morale del clero. Questa scelta riflette una precisa strategia di contenimento ideologico, mirata a salvaguardare l’impianto critico dell’opera senza compromettere l’identità confessionale del traduttore, che rimase sempre fedele alla tradizione ortodossa.

Fortuna e ricezione

Sebbene non vi siano prove di un passaggio ideologico di Nukios verso il protestantesimo, la sua opera si colloca nel crocevia tra l’ortodossia orientale e le istanze riformate, contribuendo alla circolazione delle idee religiose in area greco-veneziana e al dialogo, ancorché implicito, tra le diverse culture confessionali della prima età moderna. Il manoscritto, tuttavia, non ebbe ampia circolazione, e rimase sconosciuto alla storiografia sino allo studio approfondito di Maria Panagiotopoulou, avvenuto nel 1991.

Non si hanno notizie certe sulla sua attività dopo il 1551, ma documenti relativi alla Confraternita dei Greci veneziani testimoniano un suo ruolo attivo ancora negli anni immediatamente successivi.

Fonti e bibliografia

  • Maria Panagiotopoulou, Vincenzo Vozza, Alcune note sullo studioso corfiota Andronikos Nukios e la traduzione greca della Tragedia del Libero Arbitrio di Francesco Negri, in «Benedictina», 71, 2024/1, pp. 3-25;
  • Maria Panagiotopoulou, Νικάνδρου/Ἀνδρονίκου Νουκίου Τραγωδία εἰς τὴν Αὐτεξουσίου ἀναίρεσιν, tesi di laurea, Università di Creta, 1991.
  • Nikandros Noukios, Ταξίδι στην Εσπερία, a cura di Paolo Odorico, Atene 2021.
  • J. Muir, Greek Eyes on Europe: The Travels of Nikandros Noukios of Corfu, New York 2022.
  • Z. N. Tsirpanlis, La posizione della comunità greco-ortodossa rispetto al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli (XV-XVIII secolo), in I Greci a Venezia, Venezia 2002.
  • G. Fedalto, Ricerche storiche sulla posizione giuridica ed ecclesiastica dei Greci a Venezia nei secoli XV e XVI, Firenze 1967.

Article written by Vincenzo Vozza | Ereticopedia.org © 2025

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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