Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Andrea Francesco Pini fu condannato a morte dall'Inquisizione nel 1736 per essersi finto sacerdote e aver detto messa abusivamente per un lungo periodo (almeno un quindicennio) in varie città della Repubblica di Venezia, celandosi sotto false identità.
Arrestato per ordine dell'Inquisizione di Padova nell'agosto 1721 per aver celebrato messa abusivamente, dopo un anno di prigione riuscì ad evadere. Nel 1731 il Consiglio dei Dieci veneziano avviò un procedimento contro di lui (che durò due anni) per aver deflorato una giovane ed emersero di nuovo le sue attività di sacerdote abusivo. Incarcerato di nuovo a Padova, riuscì ancora a fuggire nel 1735, ma fu rintracciato. Il suo dossier fu trasmesso a Roma alla Congregazione del Sant'Uffizio, che ne decretò la condanna a morte il 1° marzo 1736. Consegnato dall'Inquisizione di Padova al braccio secolare, fu decapitato a Venezia, tra le due colonne della piazzetta San Marco (e il suo cadavere fu poi arso sul rogo), il 5 maggio 1736.
Bibliografia
- Fabiana Veronese, L’Inquisizione nel secolo dei lumi. Il Sant'Uffizio e la Repubblica di Venezia, New Digital Frontiers, Palermo 2017, pp. 79 sgg.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]