Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444
Agostino Moneglia, figlio di Gerolamo, è stato un cittadino genevose perseguitato dall'Inquisizione.
Fu processato per eresia a Roma nel 1582, dopo essere stato trasferito da Genova.
Il suo processo romano iniziò l’8 giugno 1582, quando i cardinali inquisitori decisero di concedergli del tempo per preparare la sua difesa. La sua età avanzata suscitò un dibattito tra i consultori sul trattamento da riservargli. Alcuni, come il procuratore fiscale Anselmo Canuto e il commissario generale Lattanzio Ranfoldi, suggerirono l’uso della tortura per ottenere una confessione, mentre altri proposero misure più moderate.
Il 24 novembre 1582, Moneglia era detenuto nel carcere del Sant’Uffizio. Il suo caso fu poi discusso nuovamente, e la sentenza finale stabilì che dovesse abiurare "de vehementi" (con una forte accusa di sospetto), subire una penitenza salutare e scontare un anno di arresti domiciliari a Genova. Gli fu anche imposto il pagamento di una multa di 3000 scudi da destinare a opere pie. Inoltre, gli fu proibito di tornare ad Anversa, dove probabilmente era stato influenzato da idee eretiche.
Bibliografia
- Paolo Fontana, I confini della Repubblica e i confini della fede. Eresia e inquisizione nella Repubblica di Genova tra XVI e XVII secolo tra centro e periferia, in Controllare il territorio. Norme, corpi e conflitti tra medioevo e prima guerra mondiale, a cura di Livio Antonielli e Stefano Levati, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2013, pp. 469-488.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]