Righetto, Abram

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Abram Righetto è stato un ebreo, di professione "mercante di cambi", perseguitato dall'Inquisizione di Venezia tra 1570 e 1573.

Imprigionato nelle carceri del Consiglio dei Dieci, il suo primo interrogatorio presso il Sant'Uffizio veneziano è del 5 ottobre 1570. Dichiarò di essere un ebreo di origine portoghese, ma nato a Ferrara, e di aver vissuto a Lisbona, nascondendosi perché gli ebrei non potevano risiedere in Portogallo, e anche a Firenze.
Dichiarò altresi di aver sempre vissuto da ebreo, ma di aver spesso avuto frequentazioni con cristiani.
Il 7 ottobre 1570 un testimone, Diego Ortis de Vera, dichiarò di aver conosciuto Righetto a Firenze, dove questi avrebbe vissuto in condizioni molto agiate, frequentando anche il duca Cosimo de' Medici e gli ambienti più alti, venendo trattato da tutti come un cristiano.
Il Sant'Uffizio sospettava che Righetto non fosse nato a Ferrara ma in Portogallo e che lì fosse stato battezzato da cristiano, tuttavia, nonostante gli accertamenti, la prova del battesimo non fu mai trovata.
Nell'ottobre 1571 Righetto riuscì a fuggire dalle prigioni, riparando a Ferrara, ma fu catturato e riportato in carcere a Venezia, dove si ammalò, tant'è che nel giugno 1573, dietro pagamento di una cauzione da parte di alcuni ebrei del ghetto, fu trasferito in una cella di Palazzo Ducale dove potesse essere meglio curato. Il 20 agosto 1573 riuscì ad evadere di nuovo, facendo perdere le sue tracce.

Bibliografia

  • Romano Canosa, Storia dell'Inquisizione in Italia: dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento, vol. 2: Venezia, Sapere 2000, Roma 1987, pp. 81-83.
  • Pier Cesare Ioly Zorattini (a cura di), Processi del S. Uffizio di Venezia contro ebrei e giudaizzanti, t. III, 1570-1572, Olschki, Firenze 1984.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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