Voce principale di riferimento: Marcello Squarcialupi
Nota bene. Il testo che segue è tratto da Marcello Squarcialupi, La guerra del 1552-56 in Maremma e nell'Elba contro i Turchi e i Francesi alleati: diario, stab. tip. E. Ducci, Firenze 1912. Il curatore Luigi Righetti attribuì l'opera proprio al Marcello Squarcialupi medico piombinese eterodosso, esule religionis causa. Permangono peraltro forti dubbi sulla correttezza di questa attribuzione.
Per ordine del Sig. Colonnello Lucantonio Cuppano Generale Governatore per S.E. Ill.ma nel Stato di Piombino e Signore del Poggio S. Maria si terrà memoria in questi fogli per me Marcello Squarcialupi di Piombino suo creato, di quanto succederà sopra il particolare della guerra, così per terra come per mare nelle parti e luochi de la Maremma di S. E. Ill.ma del Stato di Siena.
La guerra in Italia si travagliava tra Sua Maestà Ces. e la Maestà Christianissima nel Piemonte, e la Toscana si stava senza esser travagliata da l'aperta guerra, e la città di Siena si reggeva sotto l'obedienza di Sua Ces. Maestà et al General Governo per lei dell'Ill.mo Sig. D. Diego De Mendozza. Quando l'anno di nostro Signore Iesù Christo M.D.L.II a lì XXVIII di luglio et a hore V di notte intrarono in d.a città di Siena molti Sig.ri e Capi della fattione Franzese con grosso numero di fanterie, tirati et avisati da' gentilhuomini e particolari di detta città; e li soldati Spagnoli con 400 Italiani ch'erano col Sig. Otto da Montauto si ritiraro nella Cittadella, che per mancamento di tutte le provisioni e per insino di acqua, furono astretti a lassare detta Cittadella a' Franzesi e se n'usciro salvi con le loro armi et havere. In questo tempo provista Franzesi la città di Siena di sufficiente guardia, ne mandaro in Montalcino, Port'Hercole, Grosseto, Massa et altri luochi principali sì de la loro Maremma come de la Montagnola et altri luochi. Di poi l'Ill.mo Sig. Don Diego condutto dal Sig. Principe D'Oria con buon numero di fanteria in su le galee venne in Portoferraio e di lì andò a lassare il presidio di d.a fanteria a Orbetello et andò a reconoscere Port'Hercole. Ma non fecero altro circa nel tentarlo perché ci era dentro una compagnia di còrsi. Di poi nel 1553 successe la guerra di Montalcino dove si trovava dentro el Sig. Giordano Orsino, e di fuora era Generale l'Ill.mo Sig. D. Gratia de Toledo. E quasi in quel tempo passò in queste parti l'Ill.mo Conte Gio Batta di Lodrone con 4000 Tedeschi, et ancora li vennero alcune genti d'armi e cavalli leggeri, et essendo alloggiato detto Conte in Scarlino, mandò a pigliare una terra detta Giuncarico, e nel venire le sue fanterie a incontrare vettovaglia, fu rotta la sua scorta del Sig. Cornelio Bentivoglio da la cavalleria e fanteria ch'havea seco in un luoco chiamato Le Case di Colonna. Ritornò poi detto Conte con la sua fanteria e cavalleria a l'esercito di Montalcino. Parlavasi in questo tempo che l'Armata del Turco a requisitione del Re Christianissimo era per passare in questi mari et unirsi con le galee del Re; e già detto Re havea fatto passare de la sua cavalleria e fanteria vecchia di Piemonte in quel di Siena et in le Maremme: quando passò una nave venetiana per questo canale e venne con tanta brevità di tempo di Levante che era quasi incredibile, e dette nuova certa haver vedute settanta galee di Turchi al Capo di Spartivento in Sicilia. Stette tal nuova sospesa; talché S. E. Ill.ma dette nova vera di detta Armata. Si trovava el Sig. Colonnello in Piombino al Governo dallo Stato e faceva tirar le corde al poggio della Cittadella e del Cassero per vedere in qual modo con più facilità si potesse fortificare quelli luochi per assicurare la terra di Piombino, quando li venne commessione da S. E. Ill.ma che dovesse passare in la città di Portoferraio, e quella provvedesse guardare e difendere. Passò el Sig. Colonnello a la detta città a lì 18 di luglio 1553 e subito andò rivedendo le fortezze e la città, e non havendo marraiuolo alcuno, insieme co' capitani e soldati che potevano essere da 320, de' quali molti erano amalati, remediava a tutto quello che era possibile, essendo che detta città in quel tempo non era cinta tutta di muraglia et aveva bisogno di molta reparatione. Fece ponere cannoni, mezzi cannoni, colubrine e mezze colubrine, petreri, sagri, moschetti et archibugioni a posta per tutti i baluardi, muraglia e repari della terra, che di bronzo erano pezzi. Fece gran provisione di branche di catene di galee e di quadri di ferro per metter ne l'artiglierie con alcuni cannoncelli di legname pieni di quadri di ferro, e lanterne piene di ghiare e some di ghiara per adoperare in li petreri, trombe e fuochi artificiali et ogni altro ordigno da guerra per offender l'inimici che, per esser Turchi, imaginava ogni crudel modo per abbatterli. Fece rivedere tutti li pozzi de la città e ne fece cavare de l'altri a ciò che non mancasse al bisogno dell'acqua. Fece intendere a tutte le terre dell'isola, che son quattro d'ufizio, per lettere e per huomo a posta che dovessero ritirare in la città di Portoferraio le loro fameglie e facultà e le persone loro, e quando le persone abili a salvarsi non volessero venire, a l'hora che stessero avvertiti e scapoli per poterlo far subito acciò che l'Armata non li pigliasse e conducesse schiavi; e vedendo che poco lo credevano, di novo li fece intendere che l'Armata si trovava in Sardegna e li comandò con protestarli, e parte obediro e parte si confidaro in montagne, fortezze e ridutti.
Lunedì 7 agosto 1553
Stando lui su queste provisioni et avvertimenti, l'Ill.mo Sig. Iacopo Aragona d’Appiano Sig. di Piombino, Generale di mare di S. E. in dì di lunedì a dì 7 di agosto 1553 quasi al tardo, venne con le galee in Portoferraio per vedere et intendere se occorreva cosa alcuna. Talché si trovò a tempo con le galee e la propria persona e fece tutto quello che stimar si possa da un valoroso Sig. cavaliero. A lì 7 detto a hore 4 di notte hebbe il Sig. Colonnello aviso che l'Armata s'era scoperta a la vela verso Monte Christo, et in spatio di due hore venne un altro aviso che detta Armata era venuta all'isola di Pianosa. E vedendo el Sig. Colonnello che l'isolani non s'erano ritirati in la città di Portoferraio, acciò che non fussero colti a l'improviso, fece tirare quattro pezzi grossi dui alla fortezza del Falcone e dui a la fortezza della Stella e fece fare molti fuochi, e questa fu causa che si salvaro quelli che si salvaro.
Era la detta Armata galee 70 turchesche e galeotte e fuste d'Algeri con quattro galee grosse, e le galee di Francia erano 27 et altre fuste che in tutto erano vele 140 et erano guidate sotto el governo di Dragut Arais, da poi che quel personaggio Turcho fu ammazzato in Sicilia. Le galee di Francia erano sotto el governo di Mons. Polino; et essendo le genti de l'isola svegliate a le botte d'artiglieria e vedendo li fuochi, la maggior parte ne venne in la città di Portoferraio e parte si ritirò al Volterraio et al Giogo et quelli di Marciana a la montagna. E la notte del lunedì venendo il martedì avanti giorno con grandissima pioggia e tempo cattivo, l'Armata messe in terra a Porto Longone, e martedì el dì 8 prese e svalligiò Capoliveri e Rio et abbrusciò di molte case. In questo tempo alcune galee e galeotte Turchesche s'erano fermate a pigliare la Terra dell'isola di Pianosa e battendola forte la fracassaro e gittaro a dosso a l'habitanti che valentemente la difendevano et ammazzaro di molti Turchi, et in ultimo con morte d'alcuni di loro e feriti, fur presi e fatti schiavi homini e donne.
Martedì 8 agosto
Et a dì 8 di agosto 1553 in martedì li Turchi ch'erano smontati in terra trascorsero per l'isola e vennero a Grassera e calaro al Volterraio et in quelli luochi dove vedevano esser del bestiame che non s'era potuto ritirare in Portoferraio né lì sotto. Fu a parlamento el Sig. Colonnello con l'Ill.mo Signor di Piombino e si risolvette che detto Signore andasse con le quattro galee a la volta di S. Giovanni e de l'Ottone in luoco comodo di dove dette galee potevano fare spalla a li soldati che detto Signore pose in terra per recuperare quel bestiame che si poteva con qualche homo a presso che erano seguitati da' Turchi; e pose el ditto Signore in terra el capitano Mariano Baldecca da Livorno con 70 archibugieri, e lui con le due galee si fermò a l'Ottone e le due altre lassò a S. Giovanni. Andò el Cap. Mariano e attaccò valorosamente el combattere co' Turchi et salvò tutto quel bestiame et homeni che quasi erano pervenuti in mano de' Turchi.
Et ingrossando la furia de' Turchi sopragionse un capo di loro che per quanto si vedeva al comandare et a' portamenti era gran personaggio, e potevano in tutto essere i Turchi da 700 et astringevano forte el Cap. Mariano e sui soldati; e lui col valore della persona e col suo buon juditio defendeva sé et i soldati fermandosi quando li vedeva sbandati e con furia andarli a dosso, e li archibusieri ammazzavano de' Turchi, e quando si stringevano insieme a lui si ritirava e li era commodo farlo così per il suo valore e giuditio, come ancora che l'Ill.mo Sig. di Piombino con le prue delle galee era presso a terra e con l'artiglieria si defendeva gagliardamente; et essendo el Cap. Mariano e li sui a un trarre d'archibugio a presso le galee con l'artiglieria fecero danni assai ne' Turchi, el Cap. Mariano con l'archibugieri el medesimo; e per questo si vidde, perché el tutto si vedeva bene stando la città di Portoferraio nel sito che è. De' Turchi tra morti e feriti furono trentasei tra i quali fu el loro principale che da un colpo d'artiglieria d'una galea del Sig. di Piombino li fu portata via una gamba, cioè la diritta e morì innanzi che fosse ricondutto a l'Armata. El Cap. Mariano e li sui ritornaro in galea senza danno alcuno e si ridussero a salvamento molti homini e quel bestiame che si possette, che fu grande aviso a la città.
Mercoledì 9 agosto
A lì IX d'agosto 1553 in martedì (mercoledì) a levata di sole spuntarono al Capo La Vite 79 galee e vennero di dentro alla Ferraiola per porsi a ridosso del Capo Bianco di fuora; et avendo el Sig. Colonnello tutta l'artiglieria a ordine fece tirare di molti pezzi, la principal causa per offendere i Turchi, la seconda per vedere come li tiri portavano, che da la fortezza del Falcone a la Ferraiuola sono 2000 braccia, e la terza lo fece, come spesse volte accade, per vedere se le casse vuote e' fusi dell'artiglieria grossa reggevano. Li tiri dettero in detta Armata e un pezzo che si chiama la Doppia che è nel Falcone dette in una galeotta che portò via una bancata et ammazzò l'Arais; e li tiri della Stella ancora dettero in mezzo, talché la fecero allargare assai; e di molti pezzi grossi si ruppero fusi e ruote e fu remediato con quella più prestezza che si poteva da li maestri d'ascia del Sig. di Piombino. Si messe l'Armata turchesca a ridosso del Capo Bianco di fuora, lontana dal Falcone 3000 braccia, e poco di poi la Regina con la Generale di Francia spuntarono al Capo La Vite, e nel passar la Ferraiuola la fortezza della Stella tirò dui tiri che uno dette tanto a presso alla poppa de la Regina che si vide balzar l'acqua dentro. Fecero parlamento i principali di Francia con Dragut con pregarlo che volesse porre in terra Turchi e la sua fanteria e che da loro si metterebbe 1300 fanti e che si stringesse Portoferraio, di modo che non s'havesse esito alcuno né per mare né per terra. Rispose Dragut che se li davano le fanterie di Siena e mettessero la loro artiglieria in terra, si forzarìa pigliare Portoferraio; e che voleva el Sig. di Piombino el Sig. Colonnello, capitani e castellani e tutte l'anime, così homeni come donne e le galee, tutte l'artiglierie e munitioni che fussero sue; li fu promesso tutto e 5000 scudi di più, con questo però che la terra, fortezze, parte d'artiglieria e munitioni fossero del Re di Francia; e rimanendo con questa conventione le due galee tornaro a passare al Capo La Vite dove fecero fermare le galeotte in guardia. Vedendo il Sig. Colonnello e l'Ill.mo Sig. di Piombino che i nemici mettevano in terra fanterie, non parve a nessuno d'essi lassare che potessero venire a riconoscere la città senza impedimento; esso Sig. andò con le galere al Capo Bianco di dentro e si convenne col Sig. Colonnello di mettere in terra da quella banda cinquanta buoni archibugieri sotto la cura del Cap. Mariano, e che da esso Sig. Colonnello ne ponesse fuora altri tanti per la porta imboscati a le fornaci di là dal ponte del Giardino della Sig.ra Duchessa Ill.ma, et a' segnali in tra loro, uscissero a far impeto ne' Turchi e che non si passasse più oltre che quanto l'era stato ordinato. E perché per la via del Capo Bianco di fuora possevano li Turchi tagliar la strada a' nostri per la via de lo stagno del Giardino della Duchessa, fece ch'el Cap. Ballotta messe 25 archibusieri dentro le case de le fornaci del Giardino. E smontò in terra la propria persona di Dragut con altri principali, e per miglior comodità di riconoscere el sito andò verso el poggetto del Capo Bianco di dentro e li Turchi si sbandaro e vennero verso quelli poggetti de le fornaci; et essendo el Colonnello al ponte del Giardino dette il segnale e subito li archibugieri del Sig. di Piombino e l’altri uscirono a' nemici. Venivano i Turchi con grande impeto e stando li nostri più al basso, havevano maggior avantaggio d'investire con l'archibugi. Talché molti Turchi fur morti e feriti; e tutto si vedeva bene per essere el sito, come s'è detto, e non più che 300 braccia lontano dove si combatteva. E vedendo el colonnello che i Turchi ingrossavano con furia e gridi, fece toccare el tamburo a raccolta, e quelli del Sig. si ritiraro alle galee e quelli del colonnello al ponte dove era lui, e dette subito segnale che l'artiglieria tirasse, e così fece il Sig. di Piombino de la sua banda con le galee. Talché de la artiglieria et archibugieria morirono più di 40 Turchi et intra l'altri el Comito Reale che era presso a Dragut: e se presto non si ritiravano se ne faceva una grande strage; e de' nostri, sì come fu volere di Dio, non fu ferito altro che el caporal Pisanello e Cecco De Buti. La sera medesima di 9 l'Ill.mo Sig. di Piombino el Sig. Colonnello considerando che li Turchi possevano venire a tentare la terra, sterono le persone loro tutta la notte su la muraglia che all'hora non era più alta che un homo non ci arrivasse, e così fecero stare tutti i soldati alle poste loro, e l'homini de l'isola con parte de' soldati intra 'l Falcone e la Stella. Ma li nimici non s'accostaro a le mura, ma bene si veddero venire per insino al Canale del Giardino. Non si perdeva in questo mezzo, tempo a far lavorare a riparare di dì e di notte dove più si conosceva el bisogno. E perché s'intese per vero che era andato a trovar Dragut e Mons. Polino un muratore e bombardiere, e l'haveva detto che se li facevano beveraggio li manifesterebbe per qual via si potrìa pigliare la città di Portoferraio e la fortezza del Falcone e per questa via poi pigliare la Stella e la Linguella; e questo fu non solo riferito da' Christiani schiavi fuggiti, ma da altri Turchi e renegati che furono presi. Li fu promesso dieci mila scudi acciò che si potesse riposare lui con la sua fameglia e figliuoli. Disse el bombardiere che si piantassero tre batterie e che mentre per quella banda si batteva, circondassero con le galee per mare a largo la terra con tirare de' tiri per travagliare li difensori d'essa e che le tre batterie si facessero di questa sorte; una tra il Falcone e la fronte del baluardo che ci era una cortina di braccia 30 di poca grossezza e vacua dentro; l'altra batteria si dovesse fare tra 'l baluardo del Falcone e il baluardo di mezzo che erano 150 braccia di cortina fondata in sul crine del poggio e che medesimamente di dentro era vacua. El detto bombardiere era un muratore che s'era fuggito mentre l’Armata metteva in terra a l'isola, che poteva render buono conto perché s'era trovato a murare per tutto. E di più li disse che intanto che si fusse dentro la terra non si perdesse tempo a pigliar quel pezzetto e piazza ch'è innanzi al Falcone e piantar la batteria dove lui diceva, che poco tempo si sarìa perso per quella via a pigliare el Falcone, e di poi el medesimo sarìa successo alla Stella e Linguella. Fu ascoltato el muratore e bombardiero con grande attenzione e così fu disegnato di fare ogni volta si fossero resoluti venire all'effetto. Havendo tal notitia vera, l'Ill.mo Sig. di Piombino e 'l Sig. Colonnello consultarono col Cap. Ballotta, Cap. Bastiano e col Cap. Mariando d'assicurarsi del poggio del Falcone con far riparo di dentro da poterlo difendere caso che mai fosse successo che per batteria o forza d'assalto li Turchi sarìeno entrati nel fuoco né harebbero possuto pigliare quel poggio che di natura è in luoco eminente; e 'l Falcone, la Stella, la Linguella l'harìeno difeso oltre la difesa disegnata per el poggio proprio. E perché ogni soldato et isolano che si trovava dentro la città di Portoferraio intendessero la ferma resolutione de l'animo del Sig. Colonnello, disse pubblicamente et ordinò a li castellani de le fortezze per quanto tenevano cara la gratia di S. E. Ill.ma, che caso che lui venisse ferito o per batteria o per altro combattere ancorché fosse in pericolo di morte non lo dovessero ricevere ancorché ci fosse portato da' sui e che non potesse parlare, perché s'aveva a difendere la città e lì vivere e morire; ma che teneva sicuro che ' Turchi ne andarebbero rotti e dispersi. Fu in una notte e parte del dì fatto tanto riparo al poggio del Falcone et alla testa del baluardo che bastava a difendersi e si principiò un buon riparo di dentro la tela del muro che s'attacca al Falcone et al baluardo. Consultarono poi l'Ill.mo Sig. di Piombino el Sig. Colonnello el Cap. Ballotta, Cap. Bastiano e Cap. Mariano nel modo si dovea compartire la difesa de la terra da le batterie et assalti, e si fece ch'el Sig. di Piombino con 100 soldati de' suoi e con 50 del Cap. Ballotta guardassero la cortina che s'attaccava al Falcone con tutto el baluardo del Falcone dove era el poggio riparato che erano braccia 295. El Sig. Colonnello si prese cura di defendere e guardare la tela che s'attacca al baluardo del Falcone per insino al baluardo della Porta che erano braccia 507 con soldati et huomini del Sig. di Piombino 100. El Cap. Bastiano castellano della Stella con li sui 150 fanti che haveva di fuora guardasse da la Stella per insino a la Linguella, banda di mare, dandoli in compagnia homini de l'isola, ch'erano braccia 1185, ma facile a guardarsi sì per il sito, sì per il mare, e si dette cura a parte dell'omini di galea e de l'isola che guardassero quel dirupo e tagliata tra 'l Falcone e la Stella ch'erano braccia 882. Fece il Sig. Colonnello parlamento pubblico a tutti i soldati che si trovavano a la difesa de la terra e li disse ch'era certissimo che col valor loro e combattere, li Turchi non sarebbero entrati in quelle mura e che lui li prometteva la vittoria combattendo, e discacciati che fussero i nimici li prometteva operare con l'Ill.mo Sig. Duca suo signore che a li soldati così di terra come di mare harebbe donato oltre a quello che dovevano havere, una paga, et a quelli che erano stipendiati harìa fatto riconoscere di buona remuneratione, et a li forzati, se si portassero bene, la libertà. Come el Sig. Colonnello vidde ridutto a termine sicuro el poggio del Falcone, insieme col Sig. di Piombino non stimava l'esercito del Turco se fosse stato diecitanto, e scrisse all'Ill.mo et Ecc.mo Sig. Duca suo signore che si reposasse con l’animo sicuro e che credesse a la fede sua che S. E. non era per perdere la città di Portoferraio, che fu consolatione certa a detta Ecc.za perché troppo stava confusa, e disse pubblicamente:
Portoferraio è nostro e non lo perderemo, che così ci scrive el nostro Colonnello Lucantonio.
Giovedì 10 agosto
A lì X d'agosto 1553 in giovedì: vedendo el Sig. Colonnello che l'Armata che era a Capo Bianco non si scopriva né per mare né per terra e solo si vedevano le galee che erano a Capo La Vite, mandò fora quattro soldati con quattro de l'isola a scoprir Capo Bianco e l'Enfola e trovarono che là non c'era. Et in quel tempo si hebbe nuova di terra che l'Armata era a Marciana e presero Marciana e Campo, et ritrovaro tutti li redutti et segreti dove erano le robbe e rubbaro, abbrusciaro e saccheggiaro e presero homini e donne e figlioli. El dì medesimo, fatti questi giorni tornò l'Armata all'Acquaviva. In tal dì vennero alcuni isolani con licenza di Dragut che chi voleva far rescatto andasse securo a l'Acquaviva. Consultaro el Sig. di Piombino col Sig. Colonnello e l'altri capitani fare intendere a Dragut che nulla di quell'Armata si temeva e che li dicesse che se lui voleva donare 10mila scudi a quelli soldati che erano dentro per goderseli e far bona cera, che l'harebbono gettato a terra rasa 30 braccia di muraglia da la banda di terra. Respose Dragut che fra pochi giorni harebbe tutti ne le mani e che voleva fare impalare tutti i capitani e che in una notte harebbe fatto un monte a quel Giardino che ci sarebbe entrato a paro e senza batteria e scala. L'offerta della muraglia era quella che attacca el Falcone al baluardo di fuora, dove ci era fatto lontano da quella tela un riparo di 9 braccia di grossezza di dentro, talché si poteva fare questa burla a Dragut. Si partiro a lì X di Acquaviva nove galee verso el Capo La Vite e l'Ill.mo Sig. di Piombino uscì con due galee a la coda e si tiraro di molte cannonate. Ma non possette mai el Signore tirare dette galee sotto le fortezze sì come designava, e la notte da le 3 hore in circa, uscì dal Capo Bianco l'Armata et andò al Capo La Vite e S. Mannato con dui fanali accesi.
Venerdì 11 agosto
A lì XI in venerdì di notte si sentì tirare artiglieria che batteva il Giogo che Dragut havea messo in terra per pigliar quella fortezza dove s'erano ridutte molte anime e molta robba, e non la pigliavano mai se il castellano non la dava e per tal via fu preso el Giogo con tutte l'anime e robbe; e per le XX teste che Dragut havea promesse al castellano et al compagno, li dette 20 persone tra homini e donne, tutti erano vecchi decrepiti. Et havendosi tempo sinché l'Armata attendeva a l'altra banda de l'isola, fece el Sig. Colonnello sotto la cura del Borghino Cescarini dal Borgo uscir fuora homini e donne ch'erano in la terra a portar fascine e fecero grande opera che da mattina a sera mai si fermavano. E perché non havevano da vivere li faceva dare un pane per bocca di 9 libbre l'uno con tanto vino che tigneva l'acqua. El Sig. di Piombino non perdeva tempo a far lavorare la ciurma tutta incatenata insieme per sicurezza.
Domenica 13 agosto
A lì XIII in domenica all'alba si partiro dal Capo La Vite 70 galee e passaro larghe sopra la Ferraiuola e ritornaro a Marciana, a Campo e messero in terra a far carne, e rubbaro e ruinaro quel poco che ci era rimasto, e si distesero fino a' ponti delle fornaci di Ferrandino, et altri sotto le terre del Sig. Otto e l'Ill.mo Sig. di Piombino ci andò con le galee e con l'artiglieria ammazzò 15 Turchi e cinque ne fur presi mal feriti, e la notte poi tornaro al Capo La Vite con tre fanali accesi.
Martedì 15 agosto
A dì XV in martedì s'intese l'Armata essere andata a Castiglione della Pescara per imbarcare la fanteria che veniva da Siena.
Mercoledì 16 agosto
A dì XVI di mercoledì l'Ill.mo Sig. di Piombino andò a Piombino con le galee e portò il Cap. Simeone Rossermino con buoni soldati e lui capitano valoroso et esperto e buon guerriero.
Giovedì 17 agosto
A lì XVII in giovedì venne tutta l'Armata che avea levato tutte le fanterie a la Follonica e si pose al Capo Bianco e l'Enfola e pose in terra assai fanteria così Turchi come cristiani. El Sig. di Piombino dal Capo Bianco di dentro, e 'l Sig. Colonnello per via della porta messer fuora buon numero di soldati eletti a combattere con l'ordine solito. E come piacque a Dio, de' Turchi furono morti 31 e feriti malamente 20 perché le fanterie nostre non tiravano mai senza quadrelli e palletti e la nostra artiglieria faceva grande danno; né s'accostaro più sì presso i Turchi a combattere, e sterono a la spiaggia di Campo a far bazzarro in fra loro.
Sabato 19 agosto
A dì 19 in sabato partì l'Armata avanti giorno et andò a Capo Corso dove non fecero altro che parlamenti e tornò all'isola el dì XX avanti giorno e seguitarono el far danno, abbrusciamento e carne. Di poi l'Armata tornò in Corsica e prese la Bastia, Portovecchio e S. Fiorenzo.
Lunedì 21 agosto
A lì XXI in lunedì il Sig. di Piombino andò con le 4 galee a Livorno e tornò a lì XXIIII e portò grande munitione. In otto giorni tra dì e notte l'Ill.mo Sig. di Piombino con la sua ciurma, e 'l Sig. Colonnello con i soldati e con l'huomini de l'Elba che portavano la frasca, si fece terrapieno e riparo di 24mila braccia quadre di misura. Ma senza l'aviso del Sig. di Piombino non si poteva fare, e si portò quel Signor da valoroso guerriero, che dì e notte non si fermava mai. Venne in quel tempo al Sig. Colonnello un poco di gotta in un ginocchio, ma per questo non restava di travagliare e la mandò via presto dicendo che non è altra medicina per la gotta che avere i Turchi a torno. Nel tempo che l'Armata fu in queste parti che furono giorni 13 l'Ill.mo Sig. Chiappino Vitelli stette Generale per S. E. in Piombino et in tutta la Maremma, e la detta Armata Turchesca prese de l'isola de l'Elba circa 3000 anime tra grandi e piccoli, e ci rimasero de' Turchi morti circa 100 e feriti 50, e furono presi fra schiavi christiani e Turchi circa 60 che parte fuggirono da sé e parte fur presi. Stette il Sig. Colonnello nella città di Portoferraio a seguitare quelli remedi bisognavano sin tanto che S. E. lo fece tornare in Piombino e passò el mese di gennaio 1553 a uso fiorentino. Nel tempo che l'Armata partì di questi mari abbandonando l’impresa di Portoferraio e di Piombino attendevano Senesi e Franzesi a assicurar Siena, Montalcino e l'altre loro terre, e sopra tutto Port'Hercole; e per l'Imperatore si teneva e guardava Orbetello; e S. E. teneva, sì come tiene, Piombino, Populonia, Buriano e Scarlino. Quando l'imperiali in tal tempo e S. E. Ill.ma cominzarono a chiarirsi di quanto havevano presentito de' disegni de' Franzesi e Senesi, quali sotto diversi colori ingrossavano di gente per dare a l'improviso sopra el dominio di S. E. e già havevano Senesi e Franzesi fatto venir lo Strozzi luocotenente generale del Re ancorché il Sig. Cardinale di Ferrara fusse a tal cura.
(…)
Venerdì 12 luglio 1555
Di poi che il dì 12 detto li Turchi si furono ritirati su le galee, per essere le nostre artiglierie tutte indirizzate a l'Armata e cominciando a batterle, si levarono et andarono a Portolongone, dove stette tutto el dì 13 e 14 la maggior parte di essa; et a lì 13 mandarono a Capo La Vite dieci galee e dieci galeotte che stavano in Guardia, e cinque galee grosse dove era sopra el Bascià e Dragut si messero a Bisporto dove sterono con le tende rosse fatte da la mattina per insino a la sera e mandaro una galeotta più innanzi, el Colonnello mandò el Patron Pietro a trarli de le cannonate con la galeotta e si tiraro l'una e l'altra e poi si ritiraro. Haveva el colonnello in la città di Portoferraio la compagnia del Cap. Alfonso Del Lante da Pisa, la Compagnia del Cap. Simeone e la compagnia del Sig. Pietro Dal Monte sotto l'alfier Francesco di Pietro da Pisa tutti valentissimi capitani e buoni soldati et erano di numero 420. E ci haveva l'isolani a' quali haveva dati buonissimi capi e compartiti a' luochi dove giudicavano che erano a proposito, e stava aspettando con grandissimo desiderio che l'Armata li venisse a torno, ponesse in terra e l'andasse a combattere; havendo dati li medesimi ordini che dette l'altra volta quando l'Armata li venne intorno; e se trovava haver due galee seco governate dal Materana, lassate dal Sig. Marco.
Venerdì (domenica?) 14 luglio
A lì XIIII di luglio 1555 in venerdì, si partiro quattro galee dal Capo La Vite e vennero a presso Ferraiola riguardando intorno la città, el Colonnello mandò fuora Materana con le due galee e la galeotta con la sicurezza de le fortezze e del sito del luoco che per le nostre artiglierie era sicuro, e si tiraro alcune cannonate, da poi i nostri si ritiraro in porto e le galee de' Turchi andaro sotto Montegrosso e messero in terra Turchi a far carne e danno sì come facevano quelli ch’erano in Lungone e scorrevano e' Turchi per tutto fin sopra S. Giovanni. Il Sig. Colonnello teneva soldati con isolani in luoco che si potevano ritirar sicuri, talché pigliavano et ammazzavano Turchi e Mori.
Lunedì 15 luglio
A lì XV luglio 1555 in lunedì l'Armata lassò la guardia al Capo de La Vite, e tutto 'l resto che erano da 80 vele in circa vennero in battaglia e passaro tanto accosto a la Ferraiola ch'el Cap. Bastiano Castellano della Stella con le colubrine dava in l’Armata, e 'l Cap. Ballotta Castellano nel Falcone con i suoi tiri faceva el medesimo, e lui con un tiro che tirò di sua mano con un pezzo detto la Mozza dette ne la poppa del Bascià et ammazzò dui che negotiavano seco. Si messe detta Armata a ridosso di Capo Bianco di fuora e si distesero fino in Acquaviva e messero in terra gran numero di Turchi e smontò el Bascià e Dragut. Haveva el Colonnello già messo di là dal ponte del Giardino, a certe case et alcune cave, da 70 archibusieri e 30 isolani bene in gamba et haveva fatto che l'archibusieri non carcassero l'archibusi con altro che con pallini e che li dessero buonissime carche e che non tirassero se non quando li Turchi erano quasi su le bocche de l'archibusi; e fece che tutte l'artiglierie stessero ha ordine per tirare in quel luoco ogni volta che lui faceva el segnale. Stava la persona sua sul ponte del Canale di Giardino con 25 archibusieri et un tamburino e stavano a la scoperta quando li Turchi si mossero con grande impeto e vennero a quella volta; e come el colonnello vidde che cominciavano a calare fece uscire l’archibusieri e sparare nella folta de' Turchi. E perché li Turchi venivano da alto a basso non fu nissuno de' nostri che non investisse, e gettaro a terra dei Turchi morti e feriti. E perché benissimo si vedeva da le mura de la città e da le fortezze per essere a cavaliere e per essere ogni cosa a lo scoperto e non più lontano da la città che 500 braccia e di dove stava el colonnello da 150. Talché benissimo si vedeva chi cadeva morto e chi ferito, e furon visti e contati e portar via in quell'affronto morti e feriti 57 Turchi. E rinforzando Dragut con grande rabia e similmente el Bascià moltitudine di Turchi, fece el Colonnello toccare el tamburo col segnale de la ritirata, e l'archibusieri si ritiraro a passo a passo combattendo e carcando li Turchi con grande ruina. Fece el Colonnello segnale con la spada nuda a le fortezze et a la muraglia, e subito fu dato fuoco a tutti i pezzi de le artiglierie che maggior parte dettero ne la maggior parte de' Turchi e si videro molti Turchi andare in due pezzi e molti rimanere distesi, che furo numerati a li primi tiri de l'artiglieria rimanere de' Turchi da 40 in circa, e si ritirarono con grande furia, et in quel dì, sì come fu voler di Dio rimasero morti di Turchi circa 100 e li feriti che non morirono in quel subito morivano in su l'Armata; e de' nostri furon feriti dua disgraziatamente da' nostri medesimi, quali morirono poi. Discorrevano e Turchi per l'isola facendo carne et abbrusciando tutto quello che trovavano.
Martedì 16 luglio
La notte de lì XVI venendo el dì XVII in dì di martedì (mercoledì) per un temporale contrario l'Armata si levò da Capo Bianco et Acquaviva e se tornò al Capo la Vite, a S. Mannato et a Porto Longone, e perché le burrasche continuavano, l'Armata si stava in Porto Longone e da quella banda metteva in terra et abbrusciava quello era rimasto de le case, capanne e vigne.
Sabato 20 luglio
A lì XX di luglio nel 1555 in sabato. Mandaro Turchi una imboscata di 1500 e con l'insegna a le cave di S. Giovanni; el che havendo inteso el Colonnello mandò 150 archibugieri in su le galee e galeotta e li fece smontare a l'Ottone, e le galee con la prua le difendevano su la riva con l'artiglieria; e vedendosi i Turchi scoperti attaccaro grossa scaramuccia et ancorché fossero molto più di numero erano a grande disavvantaggio perché le galee con ogni tiro l'investivano et ammazzavano. Talché vedendo li Turchi non si potesse valere con morte di loro di 27 Turchi, e i nostri si tornaro su le galee. L'Armata turchesca ch'era come è detto 104 vele et haveva con sé due galee di Francia che sopra una era l'ambasciador del Re e sopra l'altra altri gentiluomini e signori aspettava che dovesse venir l'Armata di Francia e che portasse fanteria e che la detta Armata mettesse in terra intorno la città di Portoferraio 30 cannoni e 20 n'harebbe messi detta Armata e che si facesse batteria e vedere se si posseva pigliar quel luoco, che di Costantinopoli era partita l'Armata per far l'impresa di Portoferraio e di Piombino e fortificar Porto Longone. Consultò el Sig. Colonnello col Sig. Angiolo Guicciardini comm.o gen.le in quella città, gentiluomo di grande esperienza e valore e con quelli valenti capitani di mandar el Cap. Simeone Rossermini capitano valoroso in mare et in terra con una galea reinterzata dal Materana, a Piombino per condurre de' soldati sinché l’Armata stava in Porto Longone, e ci fur varie dispute per dubio di non mettere quella galea a la perdita et ancora esso Cap. Simeone, et in ultimo ditto capitano con molte ragioni di mare promesse di andare a far di modo che tornarìa sicuro e così si risolvette a farlo passare.
Martedì 23 luglio
A lì XXIII di luglio 1555 in martedì l'Armata partì di Porto Longone e tornò a passare al Capo La Vite e si venne a porre a l'Enfola; ma passò larga da la Ferraiola perché già haveva provato che l'artiglieria l'offendeva. Havendo el Cap. Simeone fatto con diligenza scoprire dal Capo Falcone di Piombino che l'Armata passava di lungo e non s'era fermata al Capo La Vite si mosse con la sua galea et a vela et a remi venne con gran velocità e quando fu a presso al Capo La Vite scoperse alcune vele che venivano a la volta di S. Mannato e detto Capo La Vite, e lui seguitò la voga e spontò el Capo e seguitò verso la città di Portoferraio et essendo al dirimpetto di Montegrosso lontano dal Capo La Vite circa miglia tre e da Portoferraio circa miglia cinque, le ultime galee del Turco che seguitavano l'Armata s'avviddero che questa galea era nemica, el simile se s'avvidero quelle galee ch'erano arivate al Capo La Vite per stare in guardia, e si mossero un poco per seguitarla, poi vedendo che era tempo perso la lassaro andare; che la galea dove era sopra el Cap. Simeone era la Toledana che volava. E così si condusse in Portoferraio salvo e sicuro con la galea e con la fanteria.
Giovedì 25 luglio
A lì XXV in giovedì 1555. Li Turchi messero in terra circa due mila in tutto d'ogni sorte e vennero molto sopra e poggi. Et essendo el Colonnello sopra la muraglia hebbe notitia a l'alba per huomini che teneva fuora pagati, dove i Turchi si trovavano e fece a quei poggi voltare tutte l'artiglierie che sono lontane da la città da 900 braccia in circa, e messe fuora di molti archibusieri con mandare le galee dentro Capo Bianco che facevano a li nostri maggior sicurezza; e si combatté co' Turchi con grande loro disavvantaggio e furon forzati ritirarsi con morti di loro 16 senza li feriti. Stava detta Armata in ne le cale di Marciana e di Campo aspettando le 30 galee di Francia, quando arrivarono due galee che venivano di Marsilia e portarono denari e fu fatto ne l'Armata allegrezza. Si disse per molti fuggiti e presi in detta Armata che s'era consultata insieme co' Franzesi poiché dette galee franzesi non erano ancora comparse e che s'era tardato tanto e dato tempo a Portoferraio che s'era provista di più fanteria, non tentar più quella città per all'hora, ma andarsene in Corsica dove sarìano le galee franzesi e pigliare Calvi e la Bastia che haverìano tutta quell'isola a devotione del Re Christianissimo e del Turco. E così fecero scorrere tutta l'isola e finir d'abbrusciare e guastare tutto el restante de l'isola de l'Elba.
Sabato 27 luglio
A dì XXVII di luglio 1555 in sabato. La notte a mezzanotte venendo el dì XXVIII in domenica l'Armata turchesca si partì tutta dal porto di Campo de l'isola de l'Elba et andò verso Capo Corso ne l'isola di Corsica.
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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]