I moventi della discordia tra Alfonso II Gaetani dell’Aquila d’Aragona e monsignor Girolamo Maria Zambeccari
di Armando Pepe
Come citare: Armando Pepe, Il duca e il vescovo a Piedimonte d’Alife in età barocca (1626-1627). I moventi della discordia tra Alfonso II Gaetani dell’Aquila d’Aragona e monsignor Girolamo Maria Zambeccari, in "Quaderni eretici. Studi sul dissenso politico, religioso e letterario", 7, 2019.
Fonti archivistiche e online
- Archivum Secretum Vaticanum (ASV), Dataria Ap., Processus Datariae 4, ff. 157r.-176v.
- Archivio di Stato di Napoli (ASNa), Archivio Gaetani d’Aragona, Platea generale dell’eccellentissima famiglia Gaetani dell’Aquila d’Aragona di Laurenzana, redatta da Notar Conte nel 1864 (pp. 38-39).
- Roma, Archivio Fondazione Camillo Caetani (AFCC), Fondo Generale.
- Armando Pepe, Zambeccari, Girolamo, in Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo, 2018.
Introduzione
I protagonisti
«La fama de’ tiranni ordinari rimaneva per lo più ristretta in quel piccolo tratto di paese dov’erano i più ricchi e i più forti: ogni distretto aveva i suoi; e si rassomigliavan tanto, che non c’era ragione che la gente s’occupasse di quelli che non aveva a ridosso1». La riflessione manzoniana a proposito del dominio territoriale esercitato dall’Innominato è estensibile all’intero quadro europeo del XVII secolo, qualora si consideri che, sia pure con diversi rapporti di forza- tra sudditi, feudatari, stato e chiesa- si determinavano quasi sempre le medesime costanti: l’oppressione signorile, il conflitto giurisdizionale e le rivendicazioni dell’amministrazione locale, che nel Regno di Napoli era rappresentata dall’Università in quanto civico consesso. Apporti utili e molto documentati, relativamente al funzionamento dei gangli del sistema statale napoletano, ce ne sono a iosa. Nondimeno, ponendo la nostra attenzione su Piedimonte, se considerassimo da un punto di vista iconologico le strutture dell’egemonia temporale e spirituale durante l’età moderna, magari fidandoci delle suggestioni prodotte dalla lettura de «La Piazza e la Torre» di Niall Ferguson, noteremmo la plastica contrapposizione tra la residenza vescovile e il palazzo ducale, che la sovrasta2. Le logiche costruttive dei manieri feudali, posti in luoghi alti e difficilmente espugnabili, non rispondevano meramente a criteri difensivi, ma testimoniavano sensibilmente l’ideologia del comando.
Verso la fine della terza decade del XVII secolo, a Piedimonte, le relazioni tra il duca Alfonso II Gaetani dell’Aquila d’Aragona ( 1609- 1645) e il vescovo Girolamo Maria Zambeccari, al secolo Jacopo (1575-1635 ), si guastarono, poi divennero estremamente tese fino a rompersi del tutto. Quali furono le origini di tanto astio? Non lo sapremmo mai se ci attenessimo a una documentazione tanto ufficiale quanto asettica; invece, se provassimo a indagare nei carteggi privati- tra pensieri, propositi e recondite emozioni- probabilmente ci incammineremmo per la strada giusta.
In effetti, dai resoconti del presule alifano arguiamo l’epilogo, tragico e disarmante, dell’impari lotta, ignorandone comunque il prequel. Scavando tuttavia nella folta corrispondenza epistolare del cardinale Luigi Caetani (1595-1642), nato a Piedimonte e battezzato nella chiesa di Santa Maria Maggiore, figlio di Filippo I e Camilla Gaetani dell’Aquila d’Aragona, e cugino di Alfonso II, potremmo riuscire a venire a capo dell’intricato rovello. Per opposti motivi, convergenti solamente nella figura del destinatario, sia il duca sia il vescovo scrissero al cardinale.
Cerchiamo di definire, nei tratti essenziali, le figure dei protagonisti di una storia che si preannuncia a tinte accesamente fosche. Una fonte utilissima, anche per tracciarne un profilo psicologico, si rivela il processo (datato hac die tertia martii 1625) per la nomina episcopale di monsignor Girolamo Maria Zambeccari: « [159v.] È nato in Fiorenza sebbene suo padre, il signor Lepido Zambeccari, è gentiluomo bolognese di famiglia nobilissima. Sua madre, Camilla Fortunati, era una gentildonna fiorentina. [160r.] Padre Fra’ Girolamo Maria, avanti che venne ammesso nella sua religione era dottore in legge civile e canonica, poiché si addottorò pubblicamente e solennemente nella città di Bologna. È stato padre maestro in teologia ma anche inquisitore in Reggio e in Faenza, e tutti gli offici li ha assolti con molta sua lode e zelo. Di fatto non ha mai dato scandalo in materia di fede, vita e dottrina. [160v.] È persona di vita integerrima, di buoni costumi, prudente, pietoso verso il prossimo, pertanto è degno e idoneo a guidare la Chiesa di Alife. [166r.] Nos consules artis Mercatorum civitatis Florentiae fidem facimus, et attestamur, qualiter in quodam libro baptismatis, ligato in assis, in quo describuntur illi qui in templo sive oratorio Sancti Ioannis Baptistae dictae civitatis baptizantur, seu e sacro fonte baptismatis levantur, penes nos in nostra solita audientia publice retento, sub infrascripto tempo apparet infrascriptum Iacobum: Jacopo del signor Lepido Zambeccari e della signora Camilla Fortunati, nato in giovedì, a dì ventisei di gennaio 1575 a hore 2 ½. Fa da compare l’illustrissimo signore Mario [I] Sforza, Conte di Santa Fiora, e da comare l’illustrissima signora Virginia Savella de’ Vitelli; [166v.] Datum Florentiae in nostra solita audientia, sita in populo Sancti Stephani in ponte, anno Incarnationis Dominicae MDCII, die vero septima mensis Decembris, Pontificatus sanctissimi in Christo Patris et Domini nostri Clementis divina providentia Papae VIII et Don Ferdinando Medici magno Duce tertio dominante». Alle testimonianze sull’irreprensibile vita del nominando presule di Alife si aggiunse il parere del domenicano Fra’ Raimondo da Modena: « [167r.] Jacobus, filius legitimus et naturalis perillustris domini Lepidi Zambeccarii, nobilis bononiensis, in saeculo juris utriusque doctor de anno 1598, in nostro conventu Sancti Dominici de Bononia habitum clericalem suscepit et evocatus fuit frater Hyeronimus Maria; postea professionem emisit, omnibusque sacris ordinibus initiatus fuit, ac in eodem conventu philosophiae et theologiae operam navavit, et lector creatus per plures annos in variis locis provinciae nostrae docuit, ac conciones in diversis civitatibus et domiciliis in tempore quadragesimali habuit; nec non Inquisitionis munus in Regiensi et Faventina civitatibus per nonnullos annos operuit, theologiae magister creatus fuit, nec non prior in conventu Sancti Dominici de Regio. (datato Romae in conventu Sanctae Sabinae, die 27 martii 1625)». Per avere un prospetto, sia pure minimo, dei vincoli intessuti dalla famiglia Zambeccari, e pur non volendo cadere in una superflua ridondanza ecfrastica, vale la pena spendere due parole sul padrino di battesimo del piccolo Jacopo, il conte Mario I Sforza, conte di Santa Fiora (1530- 1611), illustre nobile toscano: «Dapprima combatté per i francesi, e fu nominato dal re suo colonnello e cavaliere di San Michele. Partecipò attivamente alla Guerra di Siena (1552- 1559) che insanguinò a lungo non solo la città e dintorni, ma anche l’Amiata e la Maremma. Nella prima fase fu molto attivo, insieme a Niccolò IV Orsini, conte di Pitigliano, al fianco dei francesi, partecipando alla liberazione di Siena, a fine luglio 1552. Poi passò dalla parte dei Medici e degli imperiali. Dopo la resa di Siena, nel 1555, fu nominato comandante delle milizie imperiali e medicee per il proseguimento della guerra contro la resistenza repubblicana senese sull’Amiata e nella Maremma. Nel 1568 fu inviato in soccorso di Carlo IX contro gli ugonotti, conseguendo il grado di capitano generale della cavalleria pontificia. Tornato in Toscana dieci anni dopo, fu inviato ambasciatore del granduca ai veneziani. Papa Gregorio XIII lo creò principe assistente al soglio pontificio e luogotenente di Santa Romana Chiesa.3».
Per converso, sono disponibili più informazioni a voler profilare un breve ritratto del duca Alfonso II Gaetani dell’Aquila d’Aragona. Nacque a Piedimonte l’8 maggio 1609 da Francesco e Diana de Capua. Sposò Porzia Carafa. Alfonso II: «fu terzo Duca di Laurenzana; erede dell’avito lustro, egli lo accrebbe con la sua luminosa militare carriera. Oltre a diversi certificati, attestanti le gravi spese da lui erogate in servizio del Real Governo, redatte nel 1636, troviamo ancora i documenti che seguono, riguardanti i servigi militari da lui resi: a) 28 novembre 1637. Originale patente di Maestro di Campo di un Tercio di Fanteria; b) 4 dicembre 1637. Assiento [quota d’ingaggio e/o compenso d’arruolamento] nel detto grado di Maestro di Campo col soldo di 400 ducati mensili; c) 20 marzo 1640. Reale ordine, in originale, a esso Duca di recarsi in Fiandra in servigio della Maestà del Re Filippo IV; d) del 1640 è un documento attestante l’invito fattogli di recarsi alla Corte Reale in Madrid». In quanto a titoli di nobiltà, a segno delle più grandi famiglie del Regno di Napoli, Alfonso II poteva vantare: «e) 10 dicembre 1634. Dichiarato nobile del Sedile di Nilo con le annesse immunità, come dal privilegio speditogli all’uopo dalla Regia Camera della Sommaria; f) 24 gennaio 1645. Titolo di Duca di Laurenzana su Gioia. (ASNa)». In una voce della «Nouvelle biographie générale», a proposito di Alfonso II, è scritto: «Valente guerriero, si distinse a tal punto nella battaglia del 15 maggio 1644, durante la Sollevazione della Catalogna, che ricevette l’incarico d’andare a Saragozza per annunciare al Re il successo di quella giornata. Morì il 21 luglio 1645, da prigioniero, in Catalogna a causa di ferite alle braccia.4». Il 19 gennaio 1626 papa Urbano VIII Barberini, a Lugi Caetani-, di cui conosciamo le fattezze per via di un ritratto del pittore fiammingo Frans Luycx-, conferì «l’ambita porpora cardinalizia, segno inequivocabile del prestigio che il prelato si era saputo guadagnare nella corte pontificia. Luigi Caetani vantava tra i suoi avi due pontefici, era il discendente di una lunga serie di porporati molto apprezzati nella corte di Spagna, nonché fratello del Grande di Spagna più promettente del Viceregno [Francesco IV Caetani]. I pagamenti relativi alle spese per la sua nomina indicano che la famiglia era a conoscenza della decisione del Barberini prima che fosse celebrato il Concistoro; i preparativi risalgono alla fine del 1625. Il cardinale Luigi attuò una linea di condotta attenta al rilancio della famiglia.5».
In un sanguigno e tenace gioco delle parti, tra celie, accuse, difese e aperte recriminazioni, il gran teatro del mondo nella Piedimonte d’età barocca presenta uno scenario del tutto inedito, non dissimile però da luoghi e personaggi manzoniani. Luci e ombre si alternano mentre a noi si offrono nuove prospettive da conoscere e indagare a fondo.
Considerazioni
Per una corretta analisi degli avvenimenti, mirando a una più ampia cognizione dei protagonisti dei fatti narrati e senza alcun intento apologetico, è opportuno dare qualche ragguaglio in più. Circa le iniziative imprenditoriali in età moderna nel Regno di Napoli, si è osservato che: «Alfonso Gaetani junior, terzo duca di Laurenzana, accresce i beni feudali, che sono legati allo Stato di Piedimonte: permuta il feudo di Laurenzana con quello di Gioia; soprattutto dà impulso alla costruzione, nei casali di Piedimonte, di tutta una serie di opifici protoindustriali. Per il periodo si tratta di uno dei più grandi complessi protoindustriali del Regno, per la cui costruzione vi è bisogno di una consistente liquidità. Liquidità che i Gaetani traggono, in primo luogo, dal grande prestigio di cui godono a Madrid per gli incarichi militari ricoperti.6». La natura dicotomica e ambigua del nobile piedimontese è di per sé un tema affascinante, che merita ulteriori indagini. Per quanto concerne la vicenda umana di monsignor Zambeccari, le pagine precedenti ne sottolineano l’intima intransigenza, che si manifesta nell’endiadi «fermezza (di carattere) e rigore (di costumi)». La relazione ad limina, che il presule alifano scrive nel 1632, è un durissimo atto d’accusa, molto dettagliato e dai toni veementi, contro il duca Gaetani, dipinto come un ribaldo che crede a cose favolose. (7. Quando lo scontro giunge all’acme e la tensione sale alle stelle, monsignor Zambeccari cede, assumendo nel 1633 la guida della diocesi di Minervino, in Puglia. Molto verosimilmente per motivi di salute, si dimette da ogni incarico nel 1635, e muore a Roma il 29 dicembre 1635.
Carteggio
1)
AFCC, Fondo Generale, 20/I/1626, n. 63547 «Dal vescovo di Alife Fra’ Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani».
Dal vescovo Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani
I contatti tra monsignor Zambeccari e la famiglia Gaetani dell’Aquila d’Aragona cominciano a compromettersi per via di questioni legate alla giurisdizione ecclesiastica.
Illustrissimo e reverendissimo signore,
Io e la mia Casa abbiamo sempre ricevuto favori segnalatissimi dalli Illustrissimi e reverendissimi Cardinali Caetani in Roma, et in Bologna, mia patria, onde può essere certa che io mi rallegro con tutto l’animo e, pregandola con esaltazione maggiore, La supplico a degnarsi di pigliare in sé alcune differenze che vertono tra gli Illustrissimi Gaetani di Piedimonte e il Vescovato- per interessi delli beni di esso Vescovato- poiché io altro non desidero che la salvezza delle anime loro et il mantenimento della giurisdizione ecclesiastica. Con umilissima riverenza Le bacio le mani.
Da Piedimonte d’Alife, li 20 di gennaio 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima umilissimo e devotissimo servitore
Fra’ Girolamo Maria Zambeccari Vescovo di Alife
2)
AFCC, Fondo Generale, 24/I/1626, n. 71395 «Da Don Giuseppe Gaetani d’Aragona al cardinale Luigi Caetani».
Da Don Giuseppe Gaetani d’Aragona al cardinale Luigi Caetani
Congratulazioni per la nomina cardinalizia.
Illustrissimo e reverendissimo signor cugino ossequiatissimo,
Non potevo aver in mia vita maggior consolatione che sentire che Vossignoria Illustrissima sia arrivata a quel termine da me tanto bramato. Ora è Cardinale mercé i suoi infiniti meriti. Dio conceda a Vossignoria Illustrissima quella salute che desidera, acciò possa in ogni occasione farmi le solite gratie. Vorrebbe il dovere che io venissi di persona a congratularmi seco di questo suo felicissimo avvenimento, ma ciò non mi vien conceduto; ben vero sono risoluto di venire un giorno, quand’Ella meno pensa, a farle atto di servitù, seppure Vossignoria si degnerà di accettarmi per suo servitore. Gradisca dunque questa mia povera offerta, che Le fo dall’animo mio, che sebbene è piccola in valore, sarà grande in ardore, et in affetto di cuore. Di Vossignoria Illustrissima bacio le mani, augurandole dal Signore il colmo di tutte le felicità.
Da Piedimonte, li 24 gennaio 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima affetionatissimo servitore e cugino
Don Giuseppe Gaetani d’Aragona
3)
AFCC, Fondo Generale, 27/II/1626, n. 66829 «Da Don Annibale Ciccarelli al cardinale Luigi Caetani».
Dal sacerdote Don Annibale Ciccarelli al cardinale Luigi Caetani
Missiva di carattere privato, in cui si menziona il governatore della Regia Dogana della mena delle pecore di Foggia, l’insigne giurista Fabio Capece Galeota.8. Per la prima volta appare l’agente tuttofare Muzio Gambella, fedelissimo di Casa Gaetani.
Illustrissimo e reverendissimo signore,
Vengo con questa a rallegrarmi con Vossignoria Illustrissima della dignità cardinalitia ricevuta da Nostro Signore papa Urbano VIII. Con buona gratia di Vossignoria Illustrissima sono venuto questi giorni di carnevale qui in Piedimonte ad aggiustare molti miei negotii e a ricevere una remissoria da Monsignor Vescovo d’Alife, il quale, non appena dissi che ero alli servitii di Vossignoria Illustrissima, altro non replicò che: «Io ho da servire a Monsignor Illustrissimo Cardinale». Il signor Mutio Gambella dirà a Vossignoria a voce certi misfatti, che non posso scrivere per lettera. Vengo con questa anche a pregare Vossignoria Illustrissima che- dovendo io esigere ducati duecentosessanta da certe persone potenti di Foggia, dopo aver loro spedito gli esecutorii della Gran Corte della Vicaria, e non avendone finora ottenuto giustitia- si degni di scrivere una sua al signor Fabio Capece Galeota, ora presidente della Regia Dogana, affinché sia pagato subito, poiché con una lettera di Vossignoria Illustrissima son certo d’esser pagato. E, per fine, a Vossignoria Illustrissima bacio le santissime mani, augurandole ogni contentezza.
Da Piedimonte, 27 febbraio 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima affetionatissimo servitore e schiavo
Don Annibale Ciccarelli
4)
AFCC, Fondo Generale, 13/III/1626, n. 40625 «Dal vescovo di Alife Fra’ Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani».
Dal vescovo Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani
I rapporti tra monsignor Zambeccari e la famiglia Gaetani si sono irrimediabilmente incrinati, facendo il duca il bello e il cattivo tempo. Per di più emerge, in modo netto e sotto una luce negativa, la figura di un perfido consigliere, il gesuita Luigi Gaetani- parente ed omonimo del cardinale- che consiglia malamente il giovane nipote Alfonso. Monsignor Zambeccari, da buon pastore ed ex inquisitore, si preoccupa sinceramente per le loro anime.
Illustrissimo e reverendissimo signore padrone colendissimo,
L’osservanza che io e tutta la mia Casa abbiamo sempre portato all’Illustrissima ed Eccellentissima famiglia Caetani-, in Bologna e altrove-, e li favori in contraccambio ricevuti da tre Illustrissimi porporati-, Enrico, Bonifatio, et Antonio-, mi hanno fatto camminare con i piedi di piombo con questi Signori di Laurenzana, e forse con qualche scrupolo di coscienza del quale vedo che meritatamente ora Dio mi vuol castigare; poiché avendo riguardo per il sesso della Signora Duchessa tutrice e per la gioventù del Signor Duca suo figliolo, e per certi rispetti umani, ho con troppa connivenza tollerato li infrascritti difetti. Bastonò il Signor Duca pubblicamente un mio prete officiale mandato da me per catturare alcuni clerici, solo perché passò dietro al Torano-, ove egli faceva la pesca-, con parole di strapazzo di Dio e dell’ordine sacerdotale.
Scusando io la gioventù, esortai la Signora Duchessa a tenerlo qualche giorno sequestrato nel suo palazzo, ché poi umiliandosi e domandando l’assolutione l’avrei assolto segretamente, come feci, con quell’esortatione che doveva fargli riconoscere la gravità del delitto; si mostrò per allora pentito, ma di lì a poco fu malamente bastonato un mio esecutore chierico, e benché ciò fosse fatto di notte e da gente travestita-, appresso la mia Corte-, appariscono però gravi inditii del mandato da parte dell’istesso Signor Duca, e questo per rispetto del Foro Ecclesiastico.
E pochi giorni orsono, ad uno della mia famiglia-, il quale di mio ordine e per servitio mio in questi giorni quadragesimali con una canna pescava-, gli fu dalli suoi esecutori espressamente vietato, e-, quel che più rileva-, un altro giorno, essendo egli dietro alle acque senza ch’egli pescasse né avesse cosa in mano a tale effetto, dai suoi ministri messi alla guardia delle acque del Torano-, armati d’archibugi e pistole per vietare che quelli della mia famiglia, o preti, non possano in dette acque pescare, contro le ragioni e il possesso del Vescovo e del Clero-, gli fu tirata un’archibugiata, benché per voler di Dio lo schioppo prese foco fuori ma non dentro; e quel che è peggio v’era ordine del Duca d’ammazzare e i preti e quelli della mia famiglia.
Tralascio le lettere ostatorie fattemi venire contro la libertà ecclesiastica da Napoli; tralascio l’avermi procurato una espulsiva dal Regno, sotto falso pretesto che io fossi nemico della Regia Corona, e che avessi detto che è del Papa il Regno e non del Re, come li testimoni allegati da loro e mandati a Napoli per esaminarsi contro di me, ducti conscientia, me l’hanno giustificato; tralascio il chiamare a suo piacere li sacerdoti al suo palazzo e minacciarli pubblicamente di bastone e di morte; tralascio l’occupare de facto beni ecclesiastici et, in particolare, il cavare dalli beni della Mensa Vescovale e del Clero, con affittare gli erbaggi, frutto dello stato ecclesiastico, e farli violentemente suoi; tralascio omicidi quali pubblicamente si motiva venire dal suo comando, de’ quali lascio la discussione a chi tocca; e, di mille e altre cose che potrei rappresentare a Vossignoria Illustrissima-, per non tediarla di più-, aggiungerò solo che egli ancora pretende sotto falsi pretesti di farmi vietare che non ordini preti, dei quali, per mera necessità, essendo che in otto anni il Vescovo mio predecessore9-, intimorito dal Signor Duca Don Francesco, padre del presente Duca-, non aveva voluto ammettere alcuno al clericato, m’è convenuto ordinarne alquanti dei migliori che ho trovati per servizio della Chiesa, conforme il Concilio Tridentino, non avendo niuno di questi pochi, particolarmente né diaconi né suddiaconi, alli quali però non ho concessa più franchigia di quella che loro concede la Sommaria, conforme al Concordato con il Papa Onorio; tutti questi motivi nascono da interesse umano e dal non voler io permettere le cose contro coscienza, e dal fomento, anzi suggestione, del Padre Luigi Gaetani, zio del detto Duca, il quale non solo malamente consiglia il nipote, ma di propria bocca pubblicamente minaccia e li laici e li Clerici, e, come confessore del segretario del Viceré-, con intrighi sottomano-, cerca di irritarmi contro il Concilio di Napoli, e quando è qua fa mille actioni scandalose, a causa delle quali io-, per debito pastorale et onore della sua religione-, gli ho fatto segretamente la debita corretione, però senza frutto.
Ho pensato di supplicar di nuovo Vossignoria Illustrissima e reverendissima a degnarsi di accettare in sé la decisione di tutte queste differenze, che vertono tra questi Signori e me; o almeno di non avere a male che io difenda la mia iurisdictione appresso tutti li tribunali che saranno necessari, con il mandarle copia dell’editto della pesca, e supplicarla di protectione per il giusto, e d’aprir li occhi a questo povero Duca giovane, il quale va precipitando per li mali consigli.
Con umilissima riverenza Le bacio le mani, e prego per ciò che Lei desidera e merita.
Da Piedimonte, li 13 marzo 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima umilissimo e devotissimo servitore
Fra’ Girolamo Maria Zambeccari Vescovo di Alife
5)
AFCC, Fondo Generale, 14/III/1626, n. 181155 «Dal Duca Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Lettera di presentazione, e di malleveria, a favore di Muzio Gambella, definito dal duca Gaetani «mio erario», ovvero l’addetto alla riscossione delle tasse feudali.
Illustrissimo e reverendissimo signor cugino padrone mio sempre colendissimo,
Non voglio mancare, con l’occasione di Mutio Gambella, mio erario, che viene in Roma, di fare riverenza a Vossignoria Illustrissima, come la ragione richiede, et insieme supplicarla a onorarmi d’alcuno suo comandamento, ché così verrò a conoscere che mi mantiene per suo servo. Il suddetto Mutio ha bisogno del favor di Vossignoria Illustrissima. Resti servita a favorirlo poiché tutte le gratie e i favori che gli saranno fatti è come se fossero fatti alla persona mia; anche li negotii, che egli tratterà, sono miei, di modo che quello che si fa a lui, lo ricevo io. E, per fine, a Vossignoria Illustrissima bacio le mani.
Da Piedimonte li 14 marzo 1626
Di Vossignoria Illustrissima obbligatissimo servitore e cugino
Il Duca di Laurenzana
6)
AFCC, Fondo Generale, 14/III/1626, n. 22279 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
Un’intercessione a beneficio dei canonici di Santa Maria Maggiore di Piedimonte.
Illustrissimo e reverendissimo signor nipote padrone mio sempre colendissimo,
Sapendo per esperienza l’ordinaria bontà e gentilezza di Vossignoria Illustrissima, e la prontezza con la quale mi va dispensando le sue solite gratie e i suoi soliti favori, perciò piglio ardire di darle sì varie sorte di fastidi, quanti in ogni occasione che mi si presenta gliene do. Mutio Gambella, mio erario, che viene in Roma per i miei negotii, tiene bisogno del favor suo; resti servita di favorirlo in tutto quello che a bocca l’esporrà, acciò egli ottener possa, col mezzo suo potente, quanto desidera. Questi Canonici di Santa Maria Maggiore, di questa mia Terra, mi sono venuti a pregare che io interceda in loro favore appo Vossignoria Illustrissima, il quale parendomi giusto, volentieri ricorro alla sua autorità. Hanno in questa chiesa un Altare Privilegiato e sta in una cappella nomata «La Pietà», dov’è una concessione per anni sette, il cui termine a maggio prossimo venturo finisce, et ivi vicino sta il tumulo del Duca mio buon marito, che sia in Cielo; i Canonici desiderano, mediante il valore di lei, averlo perpetuo, e per ogni giorno, celebrandovi la messa feriale; ovvero per quel tempo che si potrà. Nella chiesa vi sono dodici Canonici, e venti altri Sacerdoti, e poiché questa è contigua al mio Palagio, per essa ho una grandissima devotione. Ne tengo particolare protectione, massime essendo tanto bene custodita da questi preti. Pertanto vivamente supplico Vossignoria Illustrissima che si degni operare affinché costoro abbiano il loro bramato disio, del che io ne riceverò un contento inesplicabile; i quali Sacerdoti in tutte le orationi, e sacrifici loro, pregheranno per la salute di Vossignoria Illustrissima, cui fo riverenza, e bacio le mani, ricordandole che sono una sua obbligatissima serva.
Da Piedimonte, li 14 marzo 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima serva e zia affetionatissima
La Duchessa di Laurenzana
7)
AFCC, Fondo Generale, 21/IV/1626, n. 179694 «Dal Duca di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Querimonie nei confronti di monsignor Zambeccari.
Illustrissimo e reverendissimo signor padrone mio colendissimo Cardinal Caetani,
Ad ognora desidererei dar saluti a Vossignoria Illustrissima, se ognora avessi comodità di scriverle, tenendo totalmente impresso nella mente le grazie e i favori che giornalmente ho ricevuto, e ricevo, dalla sua prodigale mano, che perciò vorrei tutto il corso della mia vita spenderlo ai servigi di Vossignoria Illustrissima per poterle ripagare alcuna minima particella di tanto debito che le tengo. Non debbo mancare, con l’occasione di questo mio vassallo che viene in Roma, di significarle come questo Vescovo cammina meco con abito volpino, poiché egli tiene «aliud in corde et aliud in ore». Il Vescovo, sebbene abbia dimostrato esteriormente un poco di mortificazione, nondimanco ha ornato una tela, la quale non potrà arrivare al suo disegno, avendo scritto di me al signor Viceré di Napoli, dicendogli che qui la giustizia è morta; per lo che è venuto ordine a questa Corte Feudale che si mandino in Napoli sedici copie di informationi; et ancorché queste siano così, che poco fastidio mi possano recare poiché delitti non sono mai stati commessi, ne risulterà scorno al Vescovo appo i Regi, coi quali rimarrà con poco onore, non avendo esposto il vero. Or veda Vossignoria Illustrissima il proceder di quest’uomo, del quale non se ne sa pigliar senso; se io conoscessi di aver errato in qualche cosa, di sicuro cercherei d’emendarmi. Supplico Vossignoria Illustrissima di tenere a cuore la riputazione mia, di tutta questa Casa, e di questa povera terra insieme; son sicuro che lo farà, tanto più che è il padrone di tutto. Le piaccia dar credenza al dir mio, ché certo non le dico bugia. E, per fine, sono desideroso dei suoi comandi e, di vero cuore, bacio a Vossignoria Illustrissima le mani, come fa la signora madre e questi altri miei fratelli, suoi servi.
Da Piedimonte, li 21 aprile 1626
Il rispettosissimo servo e cugino
Il Duca di Laurenzana
8)
AFCC, Fondo Generale, 22/IV/1626, n. 65632 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
L’atteggiamento fermo e deciso di monsignor Zambeccari turba la tranquillità dei Gaetani che, avendo contezza dell’alto lignaggio, rivendicano la propria dignità di famiglia feudale. Per cercare un compromesso, sia pur temporaneo, funge da mediatore il fido Muzio Gambella, ma inutilmente.
Illustrissimo e reverendissimo signore e padrone ossequiatissimo,
Conosco molto bene che infastidisco Vossignoria Illustrissima con continui travagli, ma per le occasioni che si presentano è necessario che io ricorra a lei, come padrone e protettore della Casa mia, sapendo quanto m’abbia favorito, e favorisce, in questi negotii del Vescovo, conformemente a quanto mi ha riferito Mutio Gambella, del che ne resto obbligatissima a Vossignoria Illustrissima. Io, in particolare, con il Vescovo ho desiderato sempre di stare quieta e di non farmi sentire; molte volte ho procurato di levare le occasioni per le quali si sarebbe potuto venire a controversia; non ho voluto che contro il Vescovo si procedesse, se non civilmente, tanto più che lui faceva intendere di volersi quietare ed io, contro la voglia di Don Alfonso mio, condiscendevo alla quiete; e quando pensavo che il Vescovo si fosse quietato- conformemente a quanto faceva intendere- lui ha scritto contro di me e di Don Alfonso una lettera al Viceré, lamentandosi che in questa terra non si faceva giustizia e avvisandolo di tutti i delitti che qua erano successi; essendosi questo negotio rimesso in Vicaria, si è ordinato che fra dieci giorni si mandino le copie di sedici informationi. Io di ciò m’aggiusto in Napoli e farò restare il Vescovo come merita, sì perché la Vicaria vedrà che niuno si lamenta, sì anche vedrà che io non ho composto né compongo delitti, pure vedendomi così maltrattare. Se non fossi una donna, che professa di vivere cristianamente, mi darebbe questo Vescovo occasione di farmi sentire in un’altra maniera, ma io vado compatendo li pochi termini di tal Vescovo e mi armo di buona pazienza; perché, veramente, avendo da contrastare con un uomo che questa mattina piglia una risolutione e fra due ore un’altra, bisognerebbe che costui non fosse Vescovo; tralascio molte altre imperfetioni di quest’uomo, per le quali penso che sia così mutabile. Mi perdoni se scrivo in maniera un poco licenziosa le cose di questo Vescovo; lo faccio perché la ragione m’induce. Supplico perciò Vossignoria Illustrissima, nell’occasione, a farmi degna de’ soliti favori, acciò questo Vescovo sia chiarito. Perché, sebbene il Vescovo ha detto a Mutio di volersi comportare con me conformemente a quanto comanda Vossignoria Illustrissima, pure non credo cosa alcuna se non ne vedo gli effetti. Per fine, le bacio le mani e le ricordo che sono sua serva. Don Alfonso e gli altri miei figli le fanno mille riverenze.
Da Piedimonte, li 22 aprile 1626
Di Vossignoria Illustrissima zia e serva obbligatissima
La Duchessa di Laurenzana
9)
AFCC, Fondo Generale, 9/VI/1626, n. 45636 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
Sembra che il cielo sopra Piedimonte si stia rischiarando, dato che tra il vescovo e la casa feudale è avvenuto un abboccamento.
Illustrissimo e reverendissimo signor nipote padrone mio colendissimo,
Può star sicura questa Casa dalle scosse degli accidenti di fortuna, mentre Vossignoria Illustrissima con larga mano le va giornalmente dispensando tanti e tanti segnalati favori che perciò tutti le restiamo obbligatissimi eternamente. In Napoli la lettera di Vossignoria Illustrissima fu resa al Vescovo d’Alife, che ivi allora si ritrovava, il quale, essendo arrivato qui, un dì dopo venne a visitarmi mostrandomisi molto mortificato. Del tutto se ne dia lode al valor di Vossignoria Illustrissima. Non mancheremo col Duca mio di servire integramente il Vescovo, e a lei ne diamo parola, purché lasci i suoi ghiribizzi ed a noi si mostri corrispondente nelle cose giuste, poiché è di mio gusto il vivere quieta e con la santa pace, sapendo che è anche il gusto di Vossignoria Illustrissima, cui portiamo tanta ubbidienza. La ringrazio infinitamente di quanto ha operato ed opera in beneficio di questa Casa e, per fine, le fo somma riverenza e bacio le mani, come fanno questi miei figli, suoi affetionatissimi servi.
Da Piedimonte li 9 giugno luglio 1626
Di Vossignoria Illustrissima zia e serva obbligatissima
La Duchessa di Laurenzana
10)
AFCC, Fondo Generale, 4/IX/1626, n. 43339 «Da Francesco Petilio al cardinale Luigi Caetani».
Da Francesco Petilio al cardinale Luigi Caetani
Francesco Petilio, l’agente napoletano del cardinale Caetani, illustra il motivo del contendere tra le due parti, curia vescovile e corte ducale, relativamente all’appalto di alcune gabelle, o tasse, che prevedono franchigie, ovvero ricavi in ragione di determinate percentuali, a favore dei sacerdoti di Piedimonte.
Illustrissimo e reverendissimo signor padrone mio colendissimo,
Venni qui in Piedimonte et essendo andato a far visita alla signora Duchessa di Laurenzana, et al Duca, mi hanno mostrato alcune differenze, che hanno avuto nella vendita delle gabelle, in materia delle franchigie dei preti, le quali hanno aggiustato col Vescovo, col consenso delli preti; et conforme all’aggiustamento fatto hanno venduto la gabella della farina, e quella del vino, nelle quali avevano la differenza; ma perché si tratta di rilasciare a beneficio dell’Università alcune parti di franchigie, è necessario l’assenso del Papa, anzi era necessario impetrarlo prima di far altro; supplicano la Duchessa e il Duca Vossignoria Illustrissima che si degni di pigliarsi il fastidio di farlo impetrare, tanto più che si dubita che il Vescovo si possa pentire. Perciò la Duchessa e il Duca desiderano che, nel medesimo tempo in cui si spedirà l’Assenso, Vossignoria Illustrissima si degni scrivere una lettera al Vescovo acciò non venga meno a quello che ha promesso di fare a beneficio dell’Università. Perciò hanno voluto che io ancora supplichi Vossignoria Illustrissima, come fo col maggiore affetto che posso.
Per li fiscali della Casa di Vossignoria Illustrissima hanno assegnato la gabella della farina, che suole essere la migliore et, in conto di quello che si deve avere delle gabelle passate, hanno assegnato trecento ducati, giacché con questi aggiustamenti si è mandato qualche cosa per l’Università.
Le fo un’umilissima riverenza,
Da Piedimonte, li 4 di settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima umilissimo e devotissimo servo
Francesco Petilio
11)
AFCC, Fondo Generale, 5/IX/1626, n. 58184 «I giudici di Piedimonte al cardinale Luigi Caetani».
Dai giudici di Piedimonte al cardinale Luigi Caetani
L’intervento degli amministratori dell’Università di Piedimonte a favore della corte feudale.
Illustrissimo e reverendissimo signore,
Dall’alligata della signora Duchessa di Laurenzana Vossignoria Illustrissima e Reverendissima comprenderà i bisogni di questa povera Università, travagliata dal suo presule nelle gabelle. Ricorriamo per questo a supplicare Vossignoria Illustrissima che voglia in quest’occasione difenderla e proteggerla, come ha fatto negli altri bisogni. La salutiamo, baciando umilmente le sacre vesti di Vossignoria Illustrissima.
Da Piedimonte, li 5 settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima umilissimi oratori e servi
Li Giudici di Piedimonte.
12)
AFCC, Fondo Generale, 5/IX/1626, n. 52635 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
Riprendono le divergenze tra curia vescovile e corte feudale circa la materia fiscale. Monsignor Zambeccari pretende un maggior ricavo dalla vendita della gabella della farina, ma i Gaetani sono di parere opposto. La «franchigia» spettante agli ecclesiastici consiste nella facoltà di esigere alcune tasse, o di averne significative quote, come nel caso in esame. I feudatari mirano ad ottenere, su un probabile accordo col vescovo, un «assenso apostolico», così che tutto sia indissolubile.
Illustrissimo e reverendissimo signor nipote padrone mio colendissimo,
Quest’Università di Piedimonte, dopo aver conteso in materia delle franchigie dei preti e dei chierici col Vescovo, si accordò; il quale Vescovo mi venne a proporre in casa la quiete, essendosi già fatta decretazione, di cui a Vossignoria Illustrissima mando copia, acciò che veda il tenore d’essa; e, conformemente a detta decretazione, si sono affittate le gabelle con un poco d’avvantaggio. Adesso il Vescovo, nonostante ch’egli abbia fatto detta decretazione, mi viene detto che voglia recederne sotto pretesto che la gabella della farina si sia trovata ad affittare a maggior prezzo di quello che s’è affittata per lo passato, il che non è vero, poiché sebbene un certo particolare di qui voleva aumentarla d’un poco, nulladimeno non aveva le pleggiarie [malleverie] sufficienti e, alla fine, è pur meglio per la povera Università dar le gabelle a persone sicure per tanto meno, che darle a persone fallite, poiché di ciò si è fatto più di una volta esperienza. Supplico Vossignoria Illustrissima di due cose: di scrivere caldamente al Vescovo che, avendo fatto questa decretazione, non voglia revocarla in modo alcuno, rassicurandolo che la tassa è pur migliore per li preti e i chierici che per l’Università; l’altra, che si degni di far apporre l’Assenso Apostolico sopra di detta decretazione, acciò che resti per sempre, et il Vescovo non abbia occasione di ricusarla, perché egli per ogni piccola cosa si muta. So che Vossignoria Illustrissima rimedierà con la sua prudenza, e scriverà al Vescovo con dolcezza, senza dirgli ch’io mi lamento, acciò che lui non abbia modo di dolersi di me e darmi nuovi disgusti. Costui delle lettere di Vossignoria Illustrissima ne ha avuto, ed ha, grandissima stima, però mi rendo certissima che, scrivendogli, s’accorgerà di tutto; perché il Vescovo dubita, per quel che intendo, che alcuni di questi preti e chierici siano concordi nell’andare in Roma appo de’ Superiori a lamentarsi sopra di detta decretazione. Perciò Vossignoria Illustrissima, nella lettera che gli scriverà, lo rassicuri che egli ha fatto una cosa da cui non potrà ricevere scorno, poiché quello che si è fatto è stato per aggiustare la poverissima Università e per quiete generale, come pure per evitar le liti, anche perché l’Università pretendeva, in virtù di provvisione, di dar la metà delle franchigie a tutti li preti e ai chierici. Per amor di Dio abbia pazienza di questo e degli altri travagli che, alla giornata, le vo dando, perché il tutto nasce dalla infinita gentilezza di lei, per la qual cosa vivamente la supplico a tenermi onorata coi suoi comandi, che ben sa la servitù che le professo. E, per fine, le fo umilissima riverenza e bacio le mani, come fa il Duca mio, con questi miei figli, servi di Vossignoria Illustrissima.
Piedimonte li 5 di settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima serva obbligatissima e zia di molta affetione
La Duchessa di Laurenzana
13)
AFCC, Fondo Generale, 5/IX/1626, n. 135608 «Da Giacomo Antonio De Angelis al cardinale Luigi Caetani».
Da Giacomo Antonio De Angelis al cardinale Luigi Caetani
Il piedimontese Giacomo Antonio De Angelis fa una segnalazione a beneficio del proprio fratello, il sacerdote Don Francesco De Angelis.
Illustrissimo e reverendissimo signore padrone mio sempre colendissimo,
A tutte le ore sto pregando per la salute di Vossignoria Illustrissima, alla quale sono stato e sarò sempre obbligatissimo, sperando quanto prima di vederla innalzata a quel colmo che i suoi mezzi richiedono; ardisco supplicare Vossignoria Illustrissima, per la fedelissima servitù che ho tenuta e tengo verso di lei, che si degni di scrivere una lettera a questo Vescovo d’Alife poiché, vacando al presente un canonicato di queste chiese, tenga presente per la nomina a canonico il sacerdote Don Francesco De Angelis, mio fratello. Vossignoria Illustrissima con tanta prontezza e in ogni tempo mi si è mostrata favorevole. La Duchessa di Laurenzana con questo Vescovo tiene molta pazienza, e ogni speranza di rimediare ha in Vossignoria Illustrissima. Alli negotii della Duchessa di Sermoneta, sua madre, per quanto posso non tralascio di attendere.
Da Piedimonte, li 5 di settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima umilissimo e obbligatissimo servitore
Giacomo Antonio De Angelis
14)
AFCC, Fondo Generale, 5/IX/1626, n. 165542 «Dal vescovo di Alife Fra’ Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani».
Dal vescovo Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani
Monsignor Zambeccari ritorna di nuovo sulla gabella della farina, in quanto ritiene che sia poco redditizia per contribuire a sostentare il corpo sacerdotale. Evidentemente l’Università di Piedimonte fa proprie le ragioni della corte feudale, e non può che essere così, considerata l’egemonia della famiglia Gaetani.
Illustrissimo e reverendissimo signore padrone sempre colendissimo,
Per sovvenire con un caritativo sussidio alli bisogni dell’Università di Piedimonte, rappresentati dagli Eccellentissimi signori Gaetani e, con un memoriale, dalla medesima Università, il tenore del quale Vossignoria Illustrissima e Reverendissima si compiacerà di vedere, mi risolsi, avendo trovato nel clero buona volontà, di aiutare la Patria nel fare la provvisione- di cui s’invia copia- con la condizione che essa sia munita di Assenso Apostolico. Qualche tempo fa si venne alla vendita delle gabelle, e tutte furono aumentate eccetto quella della farina, il che vedendo, il clero mi presentò il memoriale- che pure si manda- nel quale appariva la mia provvisione in merito alle altre gabelle, ma la ricusa quanto alla gabella della farina, per le ragioni nel memoriale contenute; e, di più, l’Università pretende che ci sia un utile benché le appariranno chiare le ragioni presentate e da me e dall’Università. Tutto potrà vedere Vossignoria Illustrissima. Aspettando il suo placito, Le bacio le mani,
Da Piedimonte, li 5 di settembre 1626
Umilissimo e devotissimo servo di Vossignoria Illustrissima e reverendissima
fratello Girolamo Maria Zambeccari, Vescovo di Alife
15)
AFCC, fondo generale, 9/IX/1626, n. 45044 «Dal Duca di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Mirando all’assenso apostolico su un accordo in linea di massima già raggiunto con il vescovo di Alife, il duca Gaetani fa riferimento ad un cospicuo quantitativo di grano che l’Università di Piedimonte per due anni corrispose ad un certo Cavalier Zambeccari, evidentemente parente del presule.
Illustrissimo e Reverendissimo signor cugino padrone mio colendissimo,
Vorrei in ogni tempo aver occasione di servir Vossignoria Illustrissima per poterle pagare alcuna minima particella del debito che le tengo, poiché le sono obbligatissimo. Dopo averle scritto una lettera in raccomandazione di questa povera Università, mi è parso un buon espediente andar di persona dal Vescovo, per conoscere l’ultima sua intenzione; col quale Vescovo, avendo contrastato un pezzo in materia di gabelle, si pigliò risolutione di scriverne a lei, che si degni di far spedire l’Assenso Apostolico, acciocché queste differenze abbiano fine. Le invio similmente la copia di un memoriale, che ho avuto dai chierici, il quale memoriale si riferisce ad un disgusto, che è passato tra l’Università e il Vescovo; il quale disgusto è che, dovendo l’Università pagare per due annate sessanta tomoli di grano ad un certo Cavaliere Zambeccari, il Vescovo voleva egli questo grano, senza mostrare né procura né lettera di detto cavaliere; e perciò ha procurato questo memoriale, per dar disgusto alla stessa Università. Questo scrivo a Vossignoria Illustrissima acciò veda la maligna natura di quest’uomo, poiché, ogni minimo disgusto che ha con noi lo vuole far scontare a questa Università. Perciò maggiormente si degni di far spedire l’Assenso, di modo che il Vescovo non si muoverà a far cosa nessuna, sicurissimo che egli ai comandi di lei non verrà meno. Vossignoria Illustrissima abbia pazienza di questi fastidi. Ringraziandola di tutto, Le bacio le mani
Piedimonte, li 9 settembre
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima obbligatissimo servitore e cugino
Il Duca di Laurenzana
16)
AFCC, fondo generale, 22/IX/1626, n. 85496 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
Si annunciano le avvenute nozze tra Giulia Vittoria Gaetani dell’Aquila d’Aragona e Paolo III di Sangro, 4° principe di San Severo e 4° duca di Torremaggiore, grandi feudi della Capitanata.
Illustrissimo e reverendissimo signor nipote padrone mio colendissimo,
La protezione e il favore di Vossignoria Illustrissima, che con tanto affetto ha sempre dimostrato verso di me e di questa sua Casa, mi costringe d’obbligo il mandarle notizia del matrimonio conchiuso tra Donna Giulia, mia figlia, e il Duca di Torremaggiore. Fu con infinita allegrezza che mi venne assicurato che a Vossignoria Illustrissima piaceva assai questo negotio, del matrimonio di mia figlia, e posso dire che questo solamente è stato bastevole a farmi essere felice. Supplico intanto Vossignoria Illustrissima, anche per l’autorità che tiene in questa Casa, di avvisarmi liberamente di quel che sente dentro di sé, ché mi sarà duplicata la contentezza. Con ogni riverenza Le bacio le mani, e auguro dal profondo del cuore ogni bramato bene.
Da Piedimonte, li 22 di settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima serva e zia affetionatissima
La Duchessa di Laurenzana
17)
AFCC, fondo generale, 22/IX/1626, n. 179496 «Dal Duca di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Il duca Alfonso, rivolgendosi al cardinale Caetani, lo appella «padrone mio e di questa Casa», riconoscendogli un indiscusso prestigio e un’autorità morale preminente nonostante la suddivisone in diversi rami dell’antica famiglia feudale. Il porporato è molto attento alle strategie matrimoniali che corroborano lo status familiare, tra i più rinomati del Regno di Napoli.
Illustrissimo e Reverendissimo signor cugino ossequiatissimo,
È piaciuto a Sua Maestà di conchiudere il matrimonio tra Donna Giulia, mia sorella, e il Duca di Torremaggiore, conforme ai voleri anche di Vossignoria Illustrissima. Con ciò mi è parso soddisfare all’obbligo mio di darne parte a Vossignoria Illustrissima, come padrone mio e di questa Casa. Lei ha sempre dimostrato di aver care le cose di questa casa. Le bacio con ogni affetto le mani.
Da Piedimonte, li 22 di settembre 1626
Di Vossignoria Illustrissima servo e nipote
Il Duca di Laurenzana
18)
AFCC, fondo generale, 30/IX/1626, n. 42254 «Dal vescovo di Alife Fra’ Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani».
Dal vescovo Girolamo Maria Zambeccari al cardinale Luigi Caetani
Monsignor Zambeccari reclama caldamente l’«assenso apostolico» per ribadire l’intesa raggiunta con il duca e l’Università di Piedimonte.
Illustrissimo e reverendissimo signore padrone sempre colendissimo,
Giacché Vossignoria Illustrissima e Reverendissima si compiace di accollarsi l’Assesnso Apostolico e di difendere, occorrendo, la caritativa provvisione fatta da me a favore dell’Università di Piedimonte con una parte delle franchigie triennali spettanti al clero minore e - nonostante le appellationi di detto clero a Sua Maestà in materia di franchigia della farina, la cui gabella non è cresciuta ma calata- mi comanda che io tenga in consideratione il decreto, potendosi salvare il bene fatto, terrò saldo il suo consiglio fino a che potrò supplicandola però quanto prima di impetrare l’Assenso Apostolico per la quiete mia. Le bacio le mani.
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima
Umilissimo e devotissimo servo
Girolamo Maria Zambeccari Vescovo di Alife
19)
AFCC, fondo generale, 14/X/1626, n. 131211« Da Gaetani d’Aragona Donna Giulia al cardinale Luigi Gaetani».
Da Giulia Gaetani d’Aragona al cardinale Luigi Caetani
Un ringraziamento al cardinale Caetani, che osserva da lontano ogni azione, anche minima, della famiglia.
Illustrissimo e reverendissimo signor cugino mio ossequiatissimo,
Non solo la congiuntione, che è fra le due case nostre, ma la cortesia e la gentilezza di Vossignoria Illustrissima mi rendono sicura della contentezza- che avrà inteso- per il mio casamento, per il quale so che Vossignoria Illustrissima ha avuto, e per molto tempo, gran sollecitudine. Spero che il Signore Iddio, che è stato autore di questa congiuntione, vorrà per sua misericordia prosperarla, et io sempre sarò ambitiosissima delli suoi comandamenti, perché sono serva sua cordialissima. E, per fine, Le bacio le mani,
Piedimonte li 14 ottobre 1626
Di Vossignoria Illustrissima
Affetionatissima serva e cugina
Donna Giulia Gaetani d’Aragona
20)
AFCC, fondo generale, 7/I/1627, n. 54631 «Dal Duca di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Poche righe d’auguri.
Illustrissimo e reverendissimo signor cugino padrone mio colendissimo,
Per esser io tardato sino ad ora nella Puglia, ho mancato all’uffitio di farle gli auguri per il Santissimo Natale e di buone feste. Vengo adesso ad adempiere al mio debito, facendole gli auguri non solo per il passato Natale, ma per cent’altri venti, pieni d’ogni sua infinita contentezza. Dalla scarsezza dei comandi di Vossignoria Illustrissima ho giudicato che non mia voglia più bene, però La supplico con tutto l’affetto dell’animo a farmene degno, acciò che soddisfare possa a quel che debbo, vivendo a lei obbligato. E per fine a Vossignoria Illustrissima bacio le mani.
Piedimonte, li 7 gennaio 1627
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima
Obbligatissimo servo e cugino
Il Duca di Laurenzana
21)
AFCC, fondo generale, 14/I/1627, n. 36667 «Dal Duca di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dal duca Alfonso II Gaetani di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani
Anche il duca preme per ottenere l’«assenso apostolico».
Illustrissimo e reverendissimo signor cugino padrone mio colendissimo,
Avrei mancato al mio debito se, con l’occasione di questo corriere che si manda in Roma, io non facessi una supplica per la speditione dell’Assenso Apostolico, per la quiete generale di questa terra. Si degni favorire questo negotio con quella saldezza che è propria di Lei, ed io ne riceverò un gusto infinito. E, per fine, caramente a Vossignoria Illustrissima bacio le mani.
Piedimonte, li 14 gennaio 1627
Di Vossignoria Illustrissima e reverendissima
Obbligatissimo servo e cugino
Il Duca di Laurenzana
22)
AFCC, fondo generale, 14/I/1627, n. 5490 «Dalla Duchessa di Laurenzana al cardinale Luigi Caetani».
Dalla duchessa Diana de Capua al cardinale Luigi Caetani
La duchessa Diana de Capua impetra l’«assenso apostolico».
Illustrissimo e colendissimo signor nipote padrone mio colendissimo,
Credo che a quest’ora Vossignoria Illustrissima abbia già ricevuto un’altra mia, dove Le auguro centomila buone feste. Adesso vengo con quest’altra a supplicarla che si degni di ricordarsi della speditione dell’Assenso Apostolico sopra della transactione fatta dall’Università in materia delle franchigie di questa con clero, acciocché vi si ponga perpetuo silentio e non nascano più contrarietà, poiché tutti desideriamo vivere quietamente col Vescovo e si va evitando l’occasione di venire a lite, benché credo che il Vescovo abbia promesso a Vossignoria Illustrissima di non contraddire a tutto quello che gli ha comandato; con detta transactione le gabelle si sono affittate con promissione fatta dall’Università e a quella non si può contravvenire. Le bacio le mani, ricordandole che sono sua serva.
Da Piedimonte, li 14 gennaio 1627
Di Vossignoria Illustrissima serva e zia affetionatissima
La Duchessa di Laurenzana
23)
AFCC, fondo generale, 25/I/1627, n. 132254 «I giudici di Piedimonte al cardinale Luigi Caetani».
Dai giudici di Piedimonte al cardinale Luigi Caetani
Gli amministratori dell’Università di Piedimonte perorano il tanto atteso, e bramato, «assenso apostolico», che mai arriverà.
Illustrissimo e reverendissimo padrone sempre ossequiatissimo,
Li mesi passati questa Università concordò con Monsignor reverendissimo Vescovo d’Alife le immunità e le franchigie spettanti ai preti (salvo l’Assenso Apostolico, che finora non è stato spedito); si dubita che Monsignor d’Alife, che adesso è in Roma, al suo ritorno non possa addurre qualche motivo di opposizione, perciò ricorriamo a Vossignoria Illustrissima e reverendissima pregandola voglia degnarsi di farci ottenere questo Assenso e, in questo mentre, a bocca raccomandare a Monsignor reverendissimo questa Università. Baciamo di Vossignoria Illustrissima e reverendissima le sacre vesti.
Da Piedimonte, li 15 gennaio 1627
Di Vossignoria Illustrissima umilissimi oratori e servi
Li Giudici di Piedimonte.
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Documenti sulla Diocesi di Alife in età moderna e contemporanea
Corrispondenza epistolare di Casa Gaetani d'Aragona
Article written by Armando Pepe | Ereticopedia.org © 2018
et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque
[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]