Polemica su Delio Cantimori

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


La polemica storiografica e giornalistica su Delio Cantimori del 2004-2005
di Daniele Santarelli

Voci principali di riferimento: Delio Cantimori | Paolo Simoncelli | Eugenio Di Rienzo | Adriano Prosperi

Nel contesto di una riflessione più generale1 sul passaggio di numerosi intellettuali italiani dal fascismo al comunismo dopo la caduta del regime, negli anni duemila alcuni storici, tra i quali Eugenio Di Rienzo, Paolo Simoncelli e Nicola D'Elia2, si sono interessati alla figura di Delio Cantimori, personaggio rilevante della cultura italiana del Novecento (di cui tra l'altro nel 2004 ricorreva il centenario della nascita, evento celebrato con due importanti convegni svoltisi alla LUISS di Roma e alla Normale di Pisa), e al tempo stesso personalità tormentata, complessa e sfuggente, come notarono ben presto anche i suoi contemporanei3. Questi storici, insistendo molto sull'ostilità di Cantimori nei confronti del liberalismo e del parlamentarismo e sul suo interesse per la "rivoluzione nazionale" ma anche per la cultura politica tedesca contemporanea, ne hanno tracciato un peculiare itinerario politico: passando dal mazzinianesimo giovanile al fascismo di sinistra della maturità, Cantimori sarebbe approdato infine ad una forma di "nazionalbolscevismo". Il che giustificherebbe la sua conversione comunista, avvenuta in coincidenza del patto Molotov-Ribbentrop e il suo impegno nelle fila del PCI nell'immediato dopoguerra.

Adriano Prosperi, allievo di Cantimori, intervenuto con decisione nel dibattito nella primavera 2005, ha rigettato con vigore l'interpretazione in chiave nazional-bolscevica dell'itinerario politico dello storico romagnolo4, definendolo "maestro di tolleranza" ed accusando diversi studiosi (Eugenio Di Rienzo, Ernesto Galli della Loggia, Giuseppe Bedeschi, Pietro Citati) di voler "crocifiggere in lui gli "errori" dell'Italia novecentesca, equamente divisi tra due Moloch, fascismo e comunismo" e farne "un capro espiatorio di tutti i mali del passato italiano". Prosperi, inoltre, ha collegato la "conversione democratica" di Cantimori alle ricerche intraprese dall'inizio degli anni Trenta sugli eretici italiani del Cinquecento, diversamente dall'opinione di altri studiosi, come Roberto Pertici per esempio, i quali hanno criticato le interpretazioni di Di Rienzo, Simoncelli e D'Elia, ma ritenuto comunque che l'abbandono dell'ideologia fascista da parte di Cantimori sia stato molto più tardivo5.
Secondo Prosperi gli studiosi che avevano inserito Cantimori nel filone nazional-bolscevico avrebbero ripercorso le vicende "con una curiosità spesso malignamente deformante e spesso paurosamente superficiale, pur nell'accumulo di inediti di ogni tipo"; la stessa voce Cantimori redatta da Piero Craveri per il vol. 14 (1974) del Dizionario Biografico degli Italiani6 sarebbe stata "assai discutibile"; e Pietro Citati, studente della Normale dal 1947 al 1951, avrebbe dal canto suo peccato di "maramalda ferocia goliardica" in un suo ricordo dai tratti sarcastici del Cantimori di quegli anni apparso in un articolo pubblicato nel 2004 su La Repubblica7.

Di contro, Prosperi è stato accusato di "uso politico della storia" e di volere aprioristicamente "santificare" Cantimori come un "figurino liberal-democratico-progressista"8. Il giornalista Dino Messina ha scritto sulle pagine del Corriere della Sera: "Quel che Prosperi vuol difendere è il metodo scientifico di uno studioso, uno dei maggiori del Novecento, «instancabile e attentissimo nell'analizzare i veleni ideologici diffusi nella pratica storiografica», e tanto onesto da essere capace di un' «impietosa autoanalisi» per denunciare i suoi stessi errori. Ma in tanta veemenza, ricerca della scienza e del vero metodo storico, Prosperi commette un errore che lui stesso definirebbe «ideologico». È quanto meno una gravissima imprecisione. Tra i nomi chiamati in causa, spicca quello di Galli della Loggia, che però non ha mai scritto un saggio su Delio Cantimori". Il filosofo Bedeschi ha dichiarato: "Prosperi confonde il piano scientifico con quello politico". Ed ancor più duro è stato Eugenio Di Rienzo: "La verità è che Prosperi crea dei santuari della memoria: di alcuni si può dire tutto e di altri nulla (…) Il rapporto tra Cantimori e il fascismo è ancora poco indagato. Non è stata mai pubblicata, ad esempio, la voce "Onore" scritta per il Dizionario di politica del Partito nazionale fascista, in cui lo storico sottolineava la valorizzazione di questo sentimento nel nazismo, conformemente all' antico diritto germanico. Una delle leggi razziste di Norimberga si chiamava "legge per la difesa del sangue e dell' onore tedesco". Mi sembra una scoperta di un certo peso. Come mai Gioacchino Volpe, che aveva criticato le leggi razziali, pagò con l' epurazione dall'insegnamento la sua adesione al fascismo, Giovanni Gentile, che aveva impedito la pubblicazione di voci antisemite sull'Enciclopedia italiana, fu addirittura ucciso, mentre Cantimori se la cavò senza una critica? Non vorrei pensare che in questo abbia pesato il suo avvicinamento al PCI. Cantimori non fu neppure sfiorato dai processi di epurazione così come non venne toccato Curzio Malaparte, protetto personalmente da Palmiro Togliatti (…) Qui si vuol difendere un' egemonia culturale a ogni costo. Prosperi parla delle carte di Cantimori custodite alla Normale: perché alcuni ricercatori non riescono a consultarle? Ci arrivano soltanto gli studiosi embedded"9. Similmente a Di Rienzo si è espresso Paolo Simoncelli: "fino agli inizi degli anni Novanta Cantimori era considerato una specie di santo della cultura di sinistra, da proteggere in una nicchia. E lo stesso Prosperi, allievo di Cantimori, rivela che esiste ancora un nervo scoperto. Non è un segreto che a metà degli anni Settanta il Dizionario biografico degli italiani censurò la voce "Cantimori" scritta da Domenico Caccamo, che rivelava i trascorsi fascisti dello studioso, che non era soltanto un uomo del regime, ma un giovane intellettuale con forti simpatie per il nazionalsocialismo anticapitalista e uno dei pochi a partecipare all'avventura del nazionalbolscevismo, su cui si sa ancora poco (…) Quando De Felice finì il primo volume della sua monumentale monografia, Mussolini il rivoluzionario, consegnò una copia del dattiloscritto al maestro Cantimori, che si emozionò tanto da riempire quelle pagine di note a margine ricche di testimonianze personali. Nessuno può accedere a quel dattiloscritto, perché la moglie di Cantimori pose un vincolo severissimo"10.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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