Accetto, Torquato

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Torquato Accetto (Trani, ca. 1588 – Andria 1641) è stato un filosofo e poeta.

Cenni biografici

Salvatore Nigro (1983=19973) ha ricostruito la sua biografia sulla base di documenti di archivi civici pugliesi. Da Rime (1638) risulta che non poté nascere prima del 1587 né dopo il 1590. Fu a lungo segretario dei Duchi Carafa di Andria, ma soggiornò anche a Roma nel 1626, alla morte di Fabrizio Carafa. Nel 1627 è corrispondente del trattatista D’Urso. Fu parte attiva dell'Accademia degli Oziosi, fondata nel 1611 da Gian Battista Manso.
Le sue Rime ebbero tre edizioni napoletane: 1621, 1626 e 1638, alle quali va aggiunta una silloge aggiunta alle Poesie Nomiche di Manso (Venezia 1635). Oggi la sua fama è legata al trattato Della dissimulazione onesta (Napoli 1641), che ebbe discreto successo al suo apparire ma fu presto dimenticato nella grande fioritura di scritti di epoca controriformistica, per essere riscoperto, se non altro per la “delicatezza dello stile” (Flora 1948) da Benedetto Croce (1930). Accetto fa menzione di un suo Poema sacro (1638) che, se fu mai pubblicato per intero, andò perduto alla sua morte, che avvenne subito dopo il 1640, anno cui risalgono le ultime menzioni del letterato nella corrispondenza sua e altrui.

Della dissimulazione onesta

Il trattato, elogiato dai contemporanei, tratta di come il cortigiano, in particolare il “secretario” di qualsivoglia potente nei tempi presenti, visti come tempi di oppressione e di difficoltà, possa e debba barcamenarsi nelle relazioni sociali fra le istanze poste dalla sua coscienza civile e cristiana e la necessità di sottrarsi alla censura e alla repressione imposta dalla legge per i dissidenti. Nel trattatello, tuttavia, non si trovano mai, allusioni al malgoverno spagnolo che si concretizzava in operazioni di censura sociale, in limitazioni della libertà di espressione, nella eccessiva pressione fiscale. Al proposito è significativo che gli Oziosi, intorno al 1621, persero il sostengo del Viceré spagnolo Pedro Fernández, cosa che rese l’accademia pressoché quiescente. Molte delle Rime fungono quasi da proemio per molti del concetti sviluppati nell’opera in prosa (Scotti 1969).
Diviso in 25 capitoli, o parti, dopo una prefazione Al lettore e la parte I dove spiega “Il concetto di questo libro”, passa per una excusatio (II Quanto sia bella la verità, similmente III) ricca di citazioni dai Classici, per tentare di distinguere la simulazione dalla dissimulazione (IV) e definire la dissimulazione in modo che sia appresa nel suo sincero significato, non essendo altro il dissimulare, che un velo composto di tenebre oneste e di rispetti violenti: da che non si forma il falso, ma si dà qualche riposo al vero, per dimostrarlo a tempo (IV, p. 11 Nigro, cfr. XI p. 25 Nigro: l'arte di nasconder l'acerbità della fortuna). In V, VI, VII si tratta della disposizione naturale dei deboli e dei modresti a dissimulare, e di come “esercitarsi” a sviluppare tale propensione. Nei capitoli successivi (IX, X) si tratta del “bene”, del “diletto”, di dissimulare, citando più volta la prudens simplicitas di Marziale (nell’epigramma, e volgarizzato decine di volte nel XVI e XVII secolo, 10.47); XI, XII del riposo dai pensieri dolorosi che è il beneficio di chi “dissimula con sé stesso”; XIII la dissimulazione rispetto alle difficoltà delle persone care come atto di pietà cristiana; XIV dell’opportunità di dissimulare fra persone che si amano; XV, XVI le due passioni nemiche della dissimulazione: ira e superbia; XVII ancora sulla dissimulazione come parente stretta della “tolleranza” di Dio verso noi peccatori; XVIII il dissimulatore non mostra indignazione per l’altrui fortunata ignorantia. Nel cap. XIX fa riflessioni vicine a quelle, quasi contemporanee, di Tommaso Campanella: la fatica più dura è “pigliare abito allegro nella presenza dei tiranni, che sogliono mettere in nota gli altrui sospiri. (…) Non è lecito mostrarsi pallido mentre il ferro va facendo vermiglia la terra con sangue innocente” (citato da Villari 2009). XX dissimulare le ingiurie de’ potenti; XXI il cuore come metafora della doverosa protezione della “privacy” e della serenità personale; in XXII la dissimulazione è detta rimedio che previene a rimuover ogni male, in quanto è ancella di una pacata giustizia, come quella di Giobbe. Infine XXIII e XXIV ricordano al lettore che verrà il Giorno del Giudizio, in cui finalmente il giusto non avrà alcun bisogno di dissimulare. La prospettiva generale è “escatologica”: la prudenza perde l’accezione eminentemente politica, per passare, tramite il ritorno a una sfera puramente individuale, a essere una forma della “ascesi cristiana” (Nigro 19973, p. 27)

Gli studi dell’ultimo trentennio (in particolare quelli di Villari) hanno messo in evidenza due problemi: il primo è l’attenuazione della differenza tra simulazione e dissimulazione, su cui Accetto sembra diffondersi, ma senza dare definizioni rigorose (diss. I e altrove). Il secondo è la presenza di una contraddizione insanabile tra la necessità di dissimulare e quella di coinvolgere altri, di suscitare una mobilitazione collettiva e uno scambio di idee, per dare valore ed efficacia pubblica alla difesa del bene e dell’onestà: “Accetto cerca di risolvere la difficoltà con un sommesso suggerimento: non dico che non si han da fidare nel seno dell’amico i segreti, ma che sia veramente amico (cap. X). È appena un accenno, ma forse troppo audace per un dissimulatore che vuole suggerire la via più efficace dell’impegno pubblico contro l’oppressione e la menzogna” (cosí Villari 2009).

Profili di ereticità

Accetto menziona più volte la sua renitenza a praticare la dissimulazione in barba ai principi cristiani e all’orgoglio personale: questo contrasto insanabile fra due virtù, la onestà d stampo cristiano e la “prudenza” ha portato a una operazione di rigorosa autocensura che si è sentito di operare nel passaggio dalle discussioni con amici fidati, alla circolazione dei primi abbozzi, insino al momento di dare le carte allo stampatore: "Ha un anno ch’era questo trattato tre volte più di quanto ora si vede, e ciò è noto a molti; e s’io avessi voluto più differire il darlo alla stampa, sarebbe stata via di ridurla in nulla, per le continue ferite da distruggerlo più ch’emendarlo. Si conosceranno le cicatrici da ogni buon giudizio, e sarò scusato nel far uscire il mio libro in questo modo, quasi esangue, perché lo scriver della dissimulazione ha ricercato ch'io dissimulassi, e però si scemasse molto di quanto da principio ne scrissi". (L’Autor a chi legge, p. 6 Nigro). Sottesa a questa confessione c’è la speranza che il lettore accorto e dotato di sympatheia con l’Autore possa integrare lacerata spontaneamente, ricuperando informazioni e, soprattutto, valutazioni più amare e severe di quelle che si possono effettivamente leggere nella stampa. Dissilazion di secondo grado questa, dunque. Del resto “nel secolo della menzogna elevata ad arte, del potere cieco e arbitrario, la dissimulazione doveva diventare il rifugio di chi al cieco arbitrio del potere, tentava di sottrarsi e opporsi” (Ripari 2012, p. 2). Secondo Salvatore Nigro (1983 = 19973), inoltre, nei cosiddetti finalini (ornamenti tipografici che consistono nel disporre a mo’ di figure geometriche le ultime dieci o dodici parole di ogni capitolo) dei capp. II, III IV, V, VII, VIII, IX, XI, XII, XV, XVIII, XIX, XXIV, XV, la disposizione delle parole formerebbe talora affermazioni di tono opposto a quello apparente nel rispettivo capitolo. In definitiva (ancora Nigro 19973, cfr. Ripari 2012, p.34), l’insistenza su “silenzi gridati e reticenze eloquenti” spingerebbe a vedere in Accetto una “scrittura animata da una sottile protesta”: una rinuncia a parlare, ma dissimulatamente protestata, una contraddizione chiusa in sé stessa, una “aspirazione a liberarsi da passività e impotenza” (Ripari 2012, p. 35) che non si realizza, ma risulta limpida al lettore iniziato. Il testo si rivolge, democraticamente, sia ai sudditi che ai potenti, anche se non tratta della dissimulazione come strumento per la gestione del potere, e risulta perciostesso lavoro di opposizione ai governanti: non per niente (cap. I e altrove) deprezza la tirannide di Tiberio che era in quegli anni paradigma operativo arcidiscusso. Villari (20032, p. 42) parla di “atteggiamento massonico” nel dire e non dire, nell’opporsi apparendo integrato.

La locuzione “dissimulazione onesta”, a indicare il tentativo di barcamenarsi fra la la deferenza ai rappresentanti di un potere (non sempre, però, sentito come violento e dispotico), e il mantenimento di una coscienza vigile delle ingiustizie, entrò in voga negli Anni Trenta per via della notorietà di Benedetto Croce restando tuttora in uso nel linguaggio politico.

Bibliografia

  • Benedetto Croce, Santino Caramella, Politici e moralisti del Seicento, Laterza, Bari 1930.
  • Francesco Flora, Storia della letteratura italiana, 2, A. Mondadori, Milano 1948, p. 269.
  • Giuseppe I. Lopriore, Nota su Torquato Accetto, in “Humanitas”, 11 (1950), pp. 1141-1150.
  • Carlo De Frede, Accetto, Torquato in DBI, vol. 1 (1960).
  • Eugenio Garin, Storia della filosofia italiana, 2, Einaudi, Torino 1966, pp. 779-780.
  • C. Geppi, Il libro esangue di T. Accetto, in “Sigma” 23 (1969), pp. 3-7.
  • Mario Scotti, La lirica di T. Accetto, in “Giornale storico della letteratura italiana” 146 (1969), pp. 339-390 = Tra poesia e cultura, 1, Mucchi, Modena 2000, pp. 201-255.
  • Vincenzo Comparato, Società civile e società letteraria nel primo Seicento: l’Accademia degli Oziosi, in “Quaderni storici” 23 (1973), pp. 359-389.
  • Alberto Asor Rosa, La cultura della Controriforma, in C. Muscetta, Letteratura italiana, 5.1, Laterza, Roma – Bari 1974, pp. 96-105.
  • Rosario Villari, Elogio della dissimulazione. La lotta politica nel Seicento, Laterza, Roma – Bari 20032 (1987).
  • Salvatore Nigro, Torquato Accetto, Della dissimulazione onesta, Einaudi, Torino 19973 (1983).
  • Monica Bilotta, Il potere di Judit, in “Quaderni d’italianistica” 26 (2005), pp. 29-48.
  • Marco Pacioni, Apocalittica dissimulazione onesta, in I. De Michelis, Apocalissi e letteratura, Bulzoni, Roma 2005, pp. 125-142.
  • Marco Arnaudo, L’altra dissimulazione, in “Italica” 86 (2009), pp. 488-499.
  • Rosario Villari, Breve riflessione sulla Dissimulazione onesta di Torquato Accetto, in "Les Dossiers du Grihl", 2009/02 (2009).
  • Rosario Villari, Éloge de la dissimulation, in "Les Dossier du Grihl", 2009/02 (2009).
  • Jörn Steigerwald, Die (Selbst-)Problematisierung des Hofmanns bei Baldassarre Castiglione und Torquato Accetto, in R. Behrens, Moralistik. Explorationen und Perspektive, Fink, München 2010, pp. 119-150.
  • Domenico Di Palo, Torquato Accetto, un moralista tranese del Seicento, Landriscina Editrice, Trani 2012
  • Edoardo Ripari, Torquato Accetto, Della dissimulazione onesta – Rime, RCS Rizzoli, Milano 2012.
  • Damiano D’Ascenzi, Ricerche sulle prose di Torquato Accetto e altri studi, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2016, pp. 9-65.

Article written by Marcello Nobili | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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