Rioli, Giorgio (Giorgio Siculo)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Giorgio Rioli alias Giorgio Siculo (San Pietro Clarenza, Catania, ca. 1517 - Ferrara, 23 maggio 1551) è stato un monaco benedettino perseguitato e giustiziato dall'Inquisizione romana.

Biografia

La formazione monastica e l'incontro con Benedetto Fontanini

Fu accolto nel convento benedettino di San Niccolò l'Arena nei pressi di Catania il 24 febbraio 1534. Nel monastero poté probabilmente dedicarsi intensamente agli studi e alla vita meditativa, come era prassi nel suo ordine. Nel 1537 dovette avvenire il suo fondamentale incontro con Benedetto Fontanini, che in quell'anno fu trasferito nel monastero di San Niccolò l'Arena da quello di S. Giorgio Maggiore dove risiedeva (probabilmente Fontanini soggiornò prima a Napoli, venendo in contatto con Juan de Valdés). In quegli anni catanesi, tra il 1537 e il 1543, Fontanini dovette consacrarsi alla redazione del Beneficio di Cristo, prima di rientrare nel suo vecchio monastero di San Benedetto di Polirone (San Benedetto Po). Il rientro di Fontanini dalla Sicilia a S. Benedetto Po avvenne nel 1543. In quegli stessi anni, forse contemporaneamente a Fontanini, anche Giorgio Rioli si trasferì in tale monastero.

L'ordine benedettino al concilio di Trento

Alla prima fase del concilio di Trento, apertosi nel 1545, l'Ordine benedettino come suoi rappresentanti inviò i tre abati Crisostomo Calvini, Isidoro Clario e Luciano Degli Ottoni.
Quest'ultimo intervenne nell'assemblea il 23 novembre 1546, sostenendo tesi sulla giustificazione per fede molto simili a quelle di Lutero. Secondo l'Ottoni di fatto chi credeva in Cristo era predestinato alla salvezza. Per questo fu costretto a ritrattare. Comunque, Luciano Degli Ottoni fece pervenire il testo del suo intervento a Giorgio Rioli, che rispose con una lettera datata 8 dicembre 1546 (nota come il Trattato sulla giustificazione del Siculo), nella quale, muovendo alcune critiche all'alziano abate, sosteneva una sorta di dottrina della "doppia giustificazione": il credente era giustificato per fede, ma doveva confermare la propria giustificazione con la "fede vera e viva" che gli consentiva di compiere buone opere terrene. Le tesi di Siculo erano quindi distanti dal luteranesimo e ancor più dal calvinismo, ma comunque eterodosse rispetto alla dottrina sulla giustificazione infine approvata dal concilio con decreto del 7 gennaio 1547.

L'Epistola e l'Espositione

Nella sua lettera all'Ottoni il Siculo si era detto anche disponibile ad intervenire personalmente al concilio di Trento per esporre le proprio tesi. Nel frattempo egli si trasferì a A Riva di Trento (l'odierna Riva del Garda), nei locali attigui alla chiesa di Santa Maria Maddalena, sui monti sovrastanti la cittadina. A Riva Siculo predicò la quaresima ma sospetti sulla sua eterodossia lo indussero a lasciare quella località e a trasferirsi tra Ferrara e Bologna.
Nel 1550, impressionato dalla vicenda di Francesco Spiera, scrisse una lettera ai suoi antichi concittadini di Riva di Trento l’ Epistola alli cittadini di Riva di Trento contra il mendatio di Francesco Spiera et falsa dottrina de' protestanti (la quale pervenne il 17 luglio al consiglio dei cittadini di Riva). Contestualmente il Siculo fece stampare una Espositione nel nono decimo et undecimo capo della Epistola di San Paolo alli Romani, con dedica a un certo dottor Alfonso (forse il benedettino spagnolo Alonso de Zorrilla).
Entrambi gli scritti sono fortemente critici contro le dottrine protestanti, in particolare contro quelle calviniste. Siculo argomenta sulla base del testo paolino che tutti gli uomini sono predestinati alla salvezza, dalle quale essi possono allontanarsi solo con le cattive opere e con la cattiva coscienza. Allo stesso tempo Siculo sostiene la necessità di praticare il nicodemismo.

Il Libro grande, l'arresto e l'esecuzione

Ospitato a Ferrara da Nascimbene Nascimbeni (su raccomandazione di Luciano Degli Ottoni), forse entrò in contatto, attraverso il suo discepolo Pietro Bresciani, con il circolo anabattista del misterioso Tiziano. A Bologna frequentò l'ambiente del Collegio di Spagna (dove venivano formati giovani spagnoli destinati a ruoli nell'alta amministrazione della Monarchia). In questo periodo il Siculo dovette comporre il lungo trattato non pervenutoci Della verità christiana et dottrina appostolica rivellata dal nostro signor Giesù Christo al servo suo Georgio Siculo della terra di santo Pietro, noto anche dagli interrogatori dei membri della sua setta come "Libro grande".
Nel settembre 1550 Siculo venne arrestato a Ferrara (nell'arresto ebbe un certo peso una denuncia indiretta di Pier Paolo Vergerio). Gli atti del suo processo sono andati perduti. In un primo momento mostrò di voler abiurare, ma dopo l'ascolto della sentenza, letta il 30 marzo 1551 da un certo fra Michele, forse Michele Ghislieri, nella chiesa di S. Domenico a Ferrara in presenza del duca di Ferrara Ercole II, decise di rifiutare ogni forma di ritrattazione. L'esecuzione avvenne per strangolamento nel Castello di Ferrara, nella cella dove Siculo era recluso, il 23 maggio 1551.

Bibliografia

  • Delio Cantimori, Eretici italiani del Cinquecento, Sansoni, Firenze 1939; nuova edizione a cura e con introduzione di Adriano Prosperi, Einaudi, Torino 1992.
  • Gigliola Fragnito, Ercole Gonzaga, Reginald Pole e il monastero di San Benedetto Polirone. Nuovi documenti su Luciano Degli Ottoni e Benedetto Fontanini (1549-1551) in «Benedectina», 34, 1987, pp. 253-271.
  • Adriano Prosperi, L'eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, Feltrinelli, Milano 2000.

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Voci correlate

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2014

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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