Diodati, Pompeo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Pompeo Diodati (Lucca, 14 agosto 1542 - Ginevra, 1° novembre 1602) è stato un mercante e calvinista lucchese.

Figlio di Niccolò Diodati e da lui avviato sin dalla gioventù all'attività mercantile, nel 1562 si recò in Piemonte, al seguito di Alessandro Buonvisi, ambasciatore lucchese al duca di Savoia. Passò quindi a Lione, dove fu testimone della conquista ugonotto della città e si convertì ufficialmente alla fede riformata. Rientrato a Lucca, dopo viaggi a Venezia (1563), di nuovo a Lione (1564) e a Genova (1565), nel marzo 1566 abbandonò definitivamente la patria per poter liberamente professare la sua fede, stabilendosi a Lione, dove fece venire la madre e la fidanzata Laura Calandrini, che sposò il 2 ottobre di quell'anno. Nel 1567 la famiglia si spostò a Parigi, raggiungendo Michele Burlamacchi, Benedetto Calandrini e famiglie. Il gruppo di esuli lucchesi, travolti dalle guerre di religione, furono quindi accolti da Renata di Francia nella sua corte di Montargis. Pompeo fu anche ferito da un colpo di pistola alla gamba nel 1570 e nel 1572 scampò alla strage di San Bartolomeo.
Dopo varie vicissitudini, nel 1575, insieme a Michele Burlamacchi, si trasferì infine a Ginevra, dove svolse l'attività mercantile, partecipò alla vita della Chiesa italiana di Ginevra e fu anche membro del Concistoro.

Redasse nel febbraio 1575 (ad Aquisgrana, poco prima del trasferimento definitivo a Ginevra) un Discorso fatto da me Pompeo Diodati della mia vita, et delle molte gratie ricevute dal Signore, il quale faccio per mio uso et de miei figliuoli.

Bibliografia

  • Manlio Fulvio, Una famiglia lucchese: I Diodati, in «Actum Luce», 12 [1983], pp. 7-31.
  • Mario Turchetti, Diodati, Pompeo, in DBI, vol. 40 (1991).

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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