Clario, Isidoro

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Isidoro da Chiari, detto anche Isidoro Clario, al secolo Taddeo Cucchi (Chiari 1495- Foligno 18 marzo 1555) è stato un monaco benedettino e vescovo, sospettato di eresia.

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Biografia

La formazione monastica

Assunse i voti nel 1517 nel monastero benedettino-cassinese di S. Giovanni Evangelista a Parma, col nome di Isidoro, dove ebbe come maestro di teologia Luciano Degli Ottoni e conobbe i fratelli Teofilo e Giambattista Folengo. In tale monastero rimase lungamente, pur soggiornando brevemente in altri monasteri (nel 1529 in quello di Torchiara; nel 1531-32 in quello di S. Eufemia a Brescia), e sviluppò il suo interesse per i testi biblici, arrivando a padroneggiare brillantemente, oltre al latino, il greco e l'ebraico.

L'Adhortatio ad concordiam

Nel 1536-37 accompagnò a Roma Gregorio Cortese, nominato membro della commissione incaricata di redigere il Consilium de emendanda ecclesia. Mentre fervevano i lavori della commissione Isidoro redasse l’Adhortatio ad concordiam. Durante il soggiorno a Roma ebbe occasione di legarsi al circolo dei prelati “spirituali”: Gasparo Contarini, Reginald Pole etc. Gli ideali di questi ultimi si riflettono ampiamente nell’Adhortatio, che si rivolge ai protestanti tedeschi per esortarli a riappacificarsi con Roma. Clario si basava sulla dottrina dell’adiaforismo erasmiano (fatto proprio dagli “spirituali”): la fede doveva fondarsi su pochi principi fondamentali (fundamentalia fidei), tutte le più astruse sottigliezze teologiche erano da dichiararsi indifferenti (adiaphora). Clario polemizzava infatti contro la rigidità e il “dogmatismo” di Lutero, mostrandosi più vicino al “moderato” Melantone, che, non a caso, tentò anni dopo (nel 1546) di far invitare al concilio di Trento. Significativa è anche nel pensiero del Clario la distinzione tra esoterico e essoterico, cioè tra ciò che è riservato ai sapienti e ciò che va trasmesso al popolo, che deve essere escluso dalle dispute teologiche, che potrebbero dargli pretesti per rivolte sanguinose contro l’autorità costituita (il fantasma di Thomas Müntzer aleggia nel testo). In questo senso la posizione di Clario (nell'interpretazione dei curatori dell'edizione moderna dell'Adhortatio, Prosperi e Cavarzere) sarebbe assai elitaria e rifletterebbe la cultura dei privilegiati dotti benedettini del tempo. L’Adhortatio vide la luce solo nel 1539, tre anni dopo la sua ideazione e prima stesura, e non fu stampata in Germania, com’era nelle prime intenzioni del circolo degli “spirituali”, ma a Milano. L’occasione era fornita comunque dai colloqui religiosi di Worms, che, com’è noto, inaugurarono una serie di incontri tra cattolici e protestanti per risolvere le dispute dottrinali, patrocinati da Carlo V e nei quali gli “spirituali” furono fortemente implicati. L’opera di Clario ebbe una certa fortuna, come testimonia d’altronde la sua presenza in numerose biblioteche private dell’epoca (come quelle di Marcello Cervini e Diego Hurtado de Mendoza).
Le sue sorti si intrecciano tuttavia significativamente con quelle della setta di Giorgio Siculo, altro confratello del Clario. Il Siculo fu processato e condannato a morte a Ferrara nel 1551; mentre negli anni quaranta, in cui ancora si dibatteva della possibilità di una riconciliazione tra cattolici e protestanti, l’opera continuò ad avere una certa fortuna, il sempre maggior peso dell’Inquisizione e del partito intransigente negli anni cinquanta, particolarmente con il papato di Paolo IV (1555-59), cambiò radicalmente le cose. L’effimera decadenza dell’Inquisizione dopo la morte del Carafa permise una altrettanto effimera rivalutazione dell’opera del Clario e in generale della cultura benedettina cinquecentesca. Ma con il successivo definitivo trionfo dell’Inquisizione grazie al papato di Pio V (1566-72) e con la nuova ondata di persecuzioni contro i seguaci del Siculo (1568) le opere del Clario furono definitivamente messe al bando insieme a tutto ciò che rimandava agli anni dei dibattiti e dei colloqui religiosi.

L'edizione della Bibbia

Clario curò un'edizione della Vulgata di San Girolamo emendata tramite un confronto con i testi originali greci e latini, pubblicata a Venezia nel 1542 e ristampata nel 1557. Nel prologo e nei Prolegomena dell'opera egli sosteneva tesi concilianti verso i protestanti. Sempre nel 1542 a Venezia pubblicò (sotto il velo dell'anonimato) i Commentari in Epistolas Pauli ad Romanos et ad Galatos. La Bibbia del Clario fu ristampata nel 1557, ma venne messa all'indice da Paolo IV nel 1559. Una nuova edizione, espunta del prologo e dei Prolegomena uscì nel 1564.

La partecipazione al concilio di Trento

In qualità di abate di S. Maria presso Cesena, Clario partecipò ai lavori del concilio di Trento nel 1545-47, come rappresentante della congregazione cassinese insieme a Luciano degli Ottoni, abate di S. Maria in Pomposa presso Ferrara e Crisostomo Calvini, abate di S. Trinità presso Gaeta. Di particolare rilievo fu il contributo degli abati alla discussione sul canone della Bibbia. A loro avviso la Scrittura era base della fede assai più importante della Tradizione; inoltre aderirono alla proposta di Reginald Pole di un'edizione della Bibbia per l'insegnamento e la predicazione che fosse più attendibile della Vulgata di San Girolamo, con un attento confronto col testo autentico in greco e in ebraico. I tre abati inoltre non poterono non partecipare attivamente al dibattito sulla giustificazione per fede, sostenendo una teoria della "doppia giustificazione" per cui i meriti ai fini della salvezza diventano validi solo se confermati dalla grazia e dalla fede. Il giustificato per fede, cioè, ha la possibilità attraverso le opere di mantenere o rigettare la grazia ricevuta.

L'attività come vescovo di Foligno

Nel gennaio 1547 il Clario fu nominato da Paolo III vescovo di Foligno (su raccomandazione di Reginald Pole). Consapevole dell'importanza del ruolo del vescovo e della necessità che risiedesse stabilmente nella propria diocesi, incentrò la sua azione pastorale sulla riforma del clero, sulla predicazione e sulle opere di carità. Cercò di moralizzare i comportamenti del clero, limitare i lussi, diffondere la conoscenza del Vangelo tra il popolo. Istituì una compagnia (la Compagnia di San Martino) incaricata di occuparsi dei "poveri vergognosi". A Foligno Clario morì nel marzo 1558.

Bibliografia

Testi on line

Voci correlate

Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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