Interdetto, conflitto dell' (1606-1607)

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Il conflitto dell'Interdetto (1606-07) fu una grave disputa giurisdizionale e politico-diplomatica tra la Repubblica di Venezia e papa Paolo V.

L'evento che provocò lo scoppio della crisi fu l'arresto nel 1605 da parte delle autorità veneziane di due chierici per reati comuni: Scipione Saraceno, canonico vicentino, accusato di aver strappato un manifesto pubblico contro la Repubblica e di ingiurie ai danni di una nipote, e Marcantonio Brandolin, abate di Nervesa, accusato da un nipote di omicidio e di danni contro la proprietà e le persone. Ma all'origine del conflitto c'erano anche due leggi emanate dal Senato nel 1604 e nel 1605 relative alla proprietà ecclesiastica.

La condotta veneziana era ritenuta da Paolo V lesiva della libertà della Chiesa. Pertanto papa Borghese minacciò scomunica ed interdetto alla Repubblica in caso in cui i due chierici non fossero consegnati alle autorità ecclesiastiche.
Le autorità veneziane rigettarono da subito la richiesta romana. Il 10 gennaio 1606 veniva oltretutto eletto doge Leonardo Donà, intransigente difensore dell'autonomia veneziana rispetto alle pretese romane: l'elezione di un simile personaggio rappresentava di per sé una scelta chiaramente anti-papale. Sempre nel gennaio 1606 Paolo Sarpi fu nominato teologo ufficiale della Repubblica. Il 17 aprile 1606 quindi Paolo V decretava scomunica ed interdetto. Se la scomunica colpiva le autorità veneziane (doge, Consiglio dei Dieci, Senato etc.), l'Interdetto sospendeva ogni funzione religiosa nel territorio della Repubblica. Le autorità della Repubblica imposero agli ecclesiastici, sotto minaccia di gravi pene, di continuare a svolgere normalmente le cerimonie religiose. I gesuiti, strenui difensori delle prerogative romane, furono espulsi dalla Repubblica.
Il conflitto diplomatico assunse dimensioni internazionali: l'Inghilterra si schierò a favore di Venezia, mentre gli Asburgo di Spagna e d'Austria minacciarono un intervento militare contro la Repubblica. La Francia di Enrico IV intervenne per mediare. Una "guerra di scritture", a carattere teologico e giuridico, si svolse tra Roma e Venezia, di cui Paolo Sarpi fu il protagonista indiscusso di parte veneziana.
Il conflitto si risolse infine grazie alla mediazione francese, che portò a un compromesso onorabile per la Repubblica (21 aprile 1607): i due ecclesiastici oggetto del contendere furono consegnati alla Francia (che poi li consegnò alla Chiesa), la Repubblica manteneva in vigore le discusse leggi del 1604 e del 1605 sulla proprietà ecclesiastica e la Compagnia di Gesù restava fuori dal territorio veneziana (i gesuiti furono riammessi solo nel 1655). Paolo V ritirava la scomunica e l'Interdetto. A testimonianza del perdurare delle tensioni Paolo Sarpi subì un tentativo di omicidio da parte di sicari papali il 5 ottobre 1607.

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et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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