Asteo, Girolamo

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Girolamo Asteo (Pordenone, 1560 - Veroli, 13 agosto 1626) è stato un inquisitore e vescovo.

Girolamo Asteo nacque a Pordenone nel 1560. La sua doveva essere una famiglia benestante dato che possedeva dei terreni a Pordenone sotto il borgo della Colonna. Del padre non abbiamo notizie, ma sappiamo che sua madre si chiamava Tarsia. Girolamo aveva un fratello, Tiberio che, divenuto prete, gli funse da notaio e commissario a Pordenone durante il suo mandato inquisitoriale. Nei documenti conservati a Udine nel fondo Sant’Ufficio compare un certo Ottavio Asteo, di cui non si conosce la parentela.
All’età di 15 anni Girolamo entrò nell’ordine francescano dei minori conventuali e il 2 luglio 1581 pronunciò i voti a Pordenone. Si laureò in teologia, filosofia e diritto a Padova. Quindi fu trasferito a Belluno, poi a Serravalle. Venne mandato successivamente in qualità di maestro di studio a Venezia, alcuni mesi a Piove di Sacco, a Verona sotto la guida del reggente fra Francesco Cumo con il quale mantenne ottimi rapporti, ed infine dall’ottobre 1584 al giugno 1585 a Siena, sempre come maestro di studio. Durante questo ultimo breve periodo subì un processo per sospetto di eresia: fu detenuto nel carcere del convento, interrogato più volte, non venne riconosciuto colpevole, ma gli furono imposte delle penitenze salutari. Per i sei anni successivi abbiamo poche notizie precise: una denuncia da lui inoltrata al Sant’Ufficio di Pordenone risalente all’agosto 1589 che indica la sua presenza nella città natale. Nel 1591 gli fu conferita la carica di vicario del Sant’Ufficio da fra Giovanni Battista Angelucci da Perugia, inquisitore per le diocesi di Aquileia e di Concordia dal 1587 al 1598. Il primo procedimento in cui fu citato con tale titolo risale al 21 settembre 1591 e si tratta di un processo informativo svoltosi a Pordenone contro Claudio Rorai per cibi e libri proibiti. Nel 1593 e nel 1595 lo troviamo reggente dello Studio di Verona.
Grazie alla mediazione del cardinale Francesco Mantica, di cui fu probabilmente allievo a Padova, il 4 marzo 1598, dopo la morte di fra Angelucci, la Congregazione del Sant’Ufficio lo nominò inquisitore per le diocesi di Aquileia e Concordia, incarico che mantenne sino al novembre 1608. Dal 17 ottobre 1599 al 6 novembre 1602 ricoprì anche la carica di ministro provinciale di Sant’Antonio. E fu proprio durante questo periodo che si avvalse della collaborazione di fra Francesco Cumo nominandolo suo commissario.
In Friuli fu l’inquisitore che aprì il maggior numero di procedimenti: negli undici anni del suo servizio gli imputati furono 760 e gli atti relativi sono conservati in 397 fascicoli, che rappresentano circa un quinto di tutta l’attività svolta dal Sant’Ufficio friulano in 250 anni. Tralasciando le denunce che raccolse durante il suo mandato, si occupò 204 volte di magia, 19 di stregoneria, 163 di cibi proibiti, 37 di libri proibiti, 61 di proposizioni eretiche, 32 di irriverenza verso cose o persone sacre, 9 di eresia formale, 54 di atti contro il Sant’Ufficio e 7 di apostasia.
Il caso più conosciuto da lui giudicato, assieme al vescovo di Concordia, fu quello contro Domenico Scandella, detto Menocchio. Il processo si concluse con la condanna a morte dell’imputato e la sentenza fu eseguita sulla piazza principale di Portogruaro dal provveditore veneziano nell’agosto del 1599. Fu questo l’ultimo rogo acceso dall’Inquisizione in Friuli.
L’attività di Asteo fu caratterizzata sia dalla sua autonomia decisionale, sia dalla sua mobilità sul territorio. La tortura e la sentenza emessa contro Domenico Scandella senza consultare i cardinali romani ne sono un chiaro esempio. Inoltre egli divideva il suo tempo risiedendo parte dell’anno a Udine e parte a Pordenone, senza trascurare i centri minori. E proprio per affermare la presenza del Sant’Ufficio costituì, per primo in Friuli, una rete di commissari da lui delegati distribuiti sul territorio che, per la dislocazione e per le competenze loro affidate, possono essere considerati i precorritori dei futuri vicari foranei dell’Inquisizione.
La sua carriera di giudice di fede in Friuli terminò di fatto nell’aprile del 1608 a causa di una contestazione da parte della Serenissima Repubblica riguardo al suo comportamento durante la procedura sommaria contro il segretario del provveditore generale veneziano della fortezza di Palmanova.
Fra Girolamo si vide costretto a una rocambolesca fuga a cavallo dai territori della Repubblica di Venezia. Si rifugiò a Roma, dove da maggio a novembre ricoprì l’incarico di consultore del Sant’Ufficio presso la Congregazione. Il dissidio fu così rilevante che venne trattato direttamente dalla Congregazione e alla fine Venezia ottenne il suo scopo, l’allontanamento di Asteo dal Friuli. Per ricompensarlo il 17 novembre 1608 il papa lo nominò vescovo di Veroli, una diocesi vicino a Roma, ora in provincia di Frosinone. Asteo raggiunse la sede assegnatali all’inizio del 1609 e vi risiedé fino alla morte, sopraggiunta il 13 agosto 1626.
Durante gli anni trascorsi a Veroli non solo pose la prima pietra per la costruzione del convento francescano di San Bartolomeo e Sant’Agostino a Ripi (1610), ma soprattutto realizzò le riforme volute dal concilio di Trento, che non erano state ancora applicate: si occupò dell’avvio del seminario, indisse un sinodo diocesano nel 1611. Pur con un titolo diverso, continuò a fare il giudice di fede, come emerge chiaramente dalla corrispondenza che intrattenne con la Congregazione del Sant’Ufficio.
Della sua produzione di canonista ci restano numerosi manoscritti e due opere a stampa: De iurisprudentiae methodis ad Paulum V, Brescia 1614, e Commentarii in l. diffamari c. de ingen. et manum, Padova 1617.

Bibliografia

  • Giuliana Ancona, Autonomia giudiziaria e dipendenza amministrativa del Sant'Ufficio di Aquileia e Concordia all'epoca di fra Girolamo Asteo (1598-1608), in «Metodi e ricerche», n.s., XXV, n. 1, 2006, pp. 11-46.
  • Andrea Del Col (a cura di), Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell’Inquisizione (1583-1599), Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1990.
  • Andrea Del Col (a cura di), L'Inquisizione del patriarcato di Aquileia e della diocesi di Concordia. Gli atti processuali 1557-1823, Edizioni dell'Università di Trieste - Istituto Pio Paschini, Trieste - Udine 2009.
  • Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi, Torino 1976.

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Article written by Giuliana Ancona | Ereticopedia.org © 2014

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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