Lucci, Giovanni Antonio

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Giovanni Antonio Lucci (Bagnoregio, 1527 – Bagnoregio, 1° novembre 1595), sacerdote di formazione giuridica, tra i primi e più intimi discepoli di Filippo Neri fin dai primordi di S. Girolamo della Carità, ha fatto parte dell’Oratorio romano, operando a stretto contatto con i padri più autorevoli e influenti della prima generazione; nell’estate del 1576 si trasferì con Baronio e Tarugi a S. Maria della Vallicella, costituendo il nucleo originario di residenti, e in questa circostanza padre Filippo gli affidò l’incarico di sovrintendere ai lavori di ricostruzione della chiesa; concluso il decennio, decise di rientrare in patria, lasciando definitivamente la Congregazione oratoriana a partire dal 1585, ma la sua nota e antica familiarità col Neri fu largamente utilizzata a fini agiografici per promuoverne la canonizzazione.

Biografia

Giovanni Antonio Lucci, originario dell’antica Bagnorea, nella Tuscia Viterbese, proveniva da una famiglia agiata che poteva vantare antiche origini, ma di cui si conosce in verità ben poco. Nelle testimonianze di ambito oratoriano si allude genericamente alla morte di suo padre e in questa circostanza Filippo Neri avrebbe confortato Lucci dicendo: «sta’ di bona voglia, che tuo padre è andato in paradiso, perché ho avuto il medemo sentimento et l’istesso contrasegno, che io hebbi, quando morì mio padre»1. Tuttavia, non si conoscono il nome e l’anno di morte del padre di Lucci; si fa però menzione della sua famiglia nelle antiche cronache municipali di Bagnoregio2.
Lucci fu ordinato sacerdote in patria e come molti giovani di buona famiglia decise di trasferirsi a Roma, dove all’incirca nel 1552 conseguì la laurea in diritto civile e canonico all’Università della Sapienza. Nell’Urbe fece presto la conoscenza di padre Filippo e si pose sotto la sua direzione spirituale, cominciando a frequentare assiduamente gli esercizi dell’Oratorio a S. Girolamo della Carità, che inizialmente – tra il 1554 e il 1555 – si svolgevano nell’antico granaio collocato sopra la chiesa. Antecedenti a questa data sono invece gli incontri più ristretti che si tenevano nelle stanze private di Filippo Neri. Nel corso del processo di canonizzazione, il fiorentino Simone Grazzini dichiarò in proposito che «si cominciò a far l’oratorio sopra la chiesa, o vero una delle nave della chiesa di S. Gieronimo, dove tenevano il grano quelli della Charità; et quivi ogni sera s’andava a fare oratione, tutti li figlioli spirituali del detto p. Filippo; et il lunedì, mercordì et venerdì, si faceva la disciplina; et, il dì delle feste ogni mattina, un’hora nanti dì, l’oratione»3. Fu intorno al 1557 che le riunioni filippine, pur conservando la collaudata fisionomia delle origini, assunsero una forma più definita e presero il nome di Oratorio4.
Non si conosce con precisione l’anno in cui Giovanni Antonio Lucci entrò a far parte in pianta stabile del sodalizio oratoriano. Di certo, fu uno dei più amati e antichi figli spirituali di padre Filippo e con buona probabilità si trasferì nella casa di S. Giovanni dei Fiorentini intorno al 1571, pur non comparendo inizialmente nell’elenco dei componenti di quella comunità. Nello stesso periodo, oltre al viterbese Lucci, la famiglia filippina dei Fiorentini accoglieva personalità di indubbio valore come il francese Nicolò Gigli, confidente personale di padre Filippo e primo ordinatore dell’archivio della Congregazione; lo spagnolo Francisco Soto de Langa, raffinato compositore di laudi e valente musicista, legato al Neri da profonda amicizia; il marchigiano Antonio Talpa, successore di Francesco Maria Tarugi e Flaminio Ricci alla guida dell’Oratorio di Napoli; il dotto eugubino Tommaso Bozio, correttore di bozze degli Annales Ecclesiastici di Cesare Baronio, poi specializzatosi nella trattatistica antimachiavellica ai tempi della polemica sulla riconciliazione di Enrico IV con la Chiesa. Lucci e gli altri discepoli di Filippo Neri, pur continuando a partecipare con assiduità alle attività che si svolgevano in S. Girolamo, vivevano nella chiesa dei Fiorentini come una libera famiglia di sacerdoti secolari, ma già con qualche regola generale di convivenza, legati al Padre da uno speciale vincolo spirituale. Nel 1574 gli esercizi dell’Oratorio furono trasferiti da S. Girolamo alla chiesa dei Fiorentini, dove si svolsero per tre anni e la comunità filippina assunse forme più stabili e definite5. La partecipazione agli esercizi filippini non esigeva una regolare frequenza e nemmeno richiedeva una presenza obbligatoria. L’anonimo estensore di una bozza di regolamento interno risalente al periodo del trasferimento nella chiesa dei Fiorentini, richiamandosi agli incontri dell’Oratorio, precisa nella parte conclusiva che «tutte queste cose si fanno volontariamente, senza obbligo alcuno, perché questa non è compagnia ma ognuno può andare et venire liberamente»6.
Il 15 luglio 1575, con la bolla Copiosus in misericordia Deus, Gregorio XIII segnò una svolta nella vita presente e futura del sodalizio oratoriano, stabilendo che alla comunità di preti e di chierici secolari chiamata Congregazione dell’Oratorio fosse assegnata la piccola chiesa romana di S. Maria della Vallicella, che diventerà la sede definitiva dei padri filippini e sarà resa esente dalla giurisdizione della basilica di S. Lorenzo in Damaso per effetto della bolla Ecclesia S. Mariae in Vallicella dell’1 settembre 1578. Il 1° di agosto del 1576, in attesa di lasciare definitivamente S. Giovanni dei Fiorentini, Filippo Neri decise di trasferirvi un primo nucleo di residenti, di cui facevano parte inizialmente Baronio, Tarugi e Giovanni Antonio Lucci, cui si aggiunse quasi subito Germanico Fedeli, nipote dell’oratoriano Alessandro e all’epoca non ancora trentenne, che con Lucci vide «rovinare la chiesa vecchia, fondar la nova et fabricarla», come ebbe modo di dichiarare al processo di canonizzazione per san Filippo7. Giovanni Antonio Lucci si occupava delle varie incombenze della parrocchia e fin dall’inizio, per volontà di padre Filippo, assunse il ruolo di direttore dei lavori di ricostruzione della Vallicella, che fu perciò detta “Chiesa Nuova”, con Germanico Fedeli che gli faceva da solerte assistente e successivamente gli subentrò nell’incarico di sovrintendente alla fabbrica8.

Entrato dunque Filippo in possesso della chiesa della Vallicella mandò alcuni de suoi ad habitarvi, cioè Germanico Fedeli, e Gio. Antonio Lucci da Bagnarea, sacerdote di gran virtù, e degl’antichi figliuoli spirituali del Santo, accioché attendessero ad offittiar la Chiesa, et havessero insieme cura della Parocchia (che all’hora vi era) e di quella poca fabbrica, che dissegnava di farvi, ma vedendo i Padri tanto picciola, e ruinosa la Chiesa, comminciarono a discorrere insieme, se che modo si dovea tenere per megliora[rla] ma non havendo assegnamento di denari, il Santo Padre dopo haver ciò consultato con Dio, una mattina d’improviso diede ordine che la Chiesa antica si gettasse a terra, e ch’in suo luogo se n’edificasse una, che fosse grande, e capace per gl’essercitij della Congregatione, come al presente si vede, e dopo haver egli steso additato il luogo miracoloso, da Dio mostratogli, dove dovevano tirar il filo pe’ fondamenti, superate moltissime contraditioni, si diede principio alla nuova fabbrica della Chiesa alli 17 di settembre, l’anno del Giubileo 1575 in cui pose la prima pietra con le debite solennità Alessandro Cardinal de’ Medici, all’hora Arcivescovo di Fiorenza, che fu poi Leone XI9.

Giovanni Antonio Lucci era assai benvoluto sia dal popolo sia dalla nobiltà romana e per questo motivo riusciva a raccogliere un bel numero di elemosine per la fabbrica della Chiesa Nuova. Tra i compiti di Lucci vi era, inoltre, quello di garantire la sorveglianza al cantiere dei lavori e nell’esercizio di tale mansione sfuggì ad alcuni attentati di malintenzionati, sui quali si sofferma anche Antonio Gallonio nella sua Vita di san Filippo Neri, servendosi verosimilmente del resoconto di Giacomo Crescenzi messo agli atti del processo per padre Filippo:

Hora mentre l’edifizio si faceva, cominciarono molti, che dimoravano in questa contrada, provocati dalla malitia dell’antico aversario, a dir male de’ Padri, e dar loro quanta noia potevano: ma vedendo che non facevano nulla, proseguendo pure i Padri il fabricare, alcuni di loro, che di maggiore invidia forse ardevano, due volte con balestre, e una con pietre cercarono ferire il Padre Giovan Antonio Lucci da Fossombrone, a cui n’era commessa la cura, il quale però non ne hebbe male alcuno, defendendolo il Beato Padre colle sue orationi10.

Sempre dal Gallonio si apprende il nome di questi malintenzionati, noti come «li Fuscherii», che «in termine d’un anno morirorno tutti»11. Maria Teresa Bonadonna Russo ritiene che gli attentati a Giovanni Antonio Lucci, fatto bersaglio come si è visto finanche di alcuni colpi di balestra, più che essere collegati alla documentata ostilità dei residenti storici nei riguardi dei nuovi venuti filippini, percepiti come soggetti in grado di sconvolgere le antiche e radicate pratiche locali, andrebbero ascritti alla volontà di uno dei fratelli Fuscheri, cui premeva essenzialmente di distogliere i padri dell’Oratorio dal piano di demolizione di alcune vecchie dimore ubicate sul fianco destro della Vallicella, poiché in una di esse aveva sistemato una sua amante12.
Durante la direzione dei lavori per la Chiesa Nuova, Lucci si salvò perfino dalla caduta di una trave13. Il suo nome viene inoltre ricordato a proposito del singolare prodigio della trave pericolante della vecchia chiesa, avvenuto secondo Antonio Gallonio nel 1576 e preceduto da una visione notturna del Neri, che «vede la Madonna sostenere un tetto, che stava per venirsene a terra». A seguito della premonizione di padre Filippo, Lucci «fece incontinente disfare il tetto, e all’hora i lavoratori videro, che il travo, che’l sosteneva, si reggeva da se stesso essendo il capo di lui tutto fuori del muro», il che contribuì da un lato a conferire una cornice miracolosa alla realizzazione della Chiesa Nuova, dall’altro a consolidare la convinzione che padre Filippo possedesse da santo qual era il donum profetiae14. Il 3 febbraio 1577 Alessandro de’ Medici poteva celebrare la prima Messa alla Chiesa Nuova; a partire dal 23 febbraio furono spostati alla Vallicella anche gli esercizi dell’Oratorio, considerato che Baronio aveva tenuto l’ultimo ragionamento nella chiesa dei Fiorentini il 22 febbraio 1577. Il 15 marzo dello stesso anno si svolse la prima assemblea dei padri filippini, a cui la bolla di fondazione riconosceva ampia facoltà «di far Decreti e Costitutioni pel buon governo di essa»15.
Resta incerta la data in cui Giovanni Antonio Lucci lasciò la Congregazione per fare definitivo ritorno a Bagnoregio. In realtà, Lucci risulta attivo in patria fin dall’estate del 1580, allorquando si diede da fare alacremente con i magistrati del Comune per favorire la costruzione di un complesso edilizio dei cappuccini, costituito da chiesa e convento, sotto il titolo di san Bonaventura. Il nuovo complesso fu poi realizzato presso l’Ospedale di S. Andrea, nell’area in cui era ubicata una piccola chiesa con romitorio di proprietà del vescovado. Lucci stesso, nel mese di luglio dell’anno seguente, fu posto alla guida di una commissione incaricata dal Comune di sovrintendere ai lavori, il che contribuì a trattenerlo in patria ben oltre il 158116. Nella seconda parte del 1580, con molta probabilità, Lucci si prese direttamente cura del confratello Pompeo Pateri, che padre Filippo aveva deciso di trasferire per un po’ di tempo a Bagnoregio per ristabilirsi dai suoi malanni. Ma durante questa degenza le sue condizioni di salute peggiorarono e presumibilmente fece repentino rientro a Roma prima del dicembre 1580, quando sopraggiunse una «febre continua» e si temette per la sua vita17. Rapidamente Pateri «s’infermò a morte» e guarì solo grazie alle «orationi del Santo», come si disse all’Oratorio18.
Non è possibile sapere con certezza se e quando Lucci fece rientro a Roma dopo il soggiorno bagnorese, che doveva essere breve, ma che ragionevolmente si prolungò oltre i suoi iniziali propositi. In ogni caso, Gallonio racconta che nella primavera del 1585, tra aprile e maggio, Lucci cadde rovinosamente da cavallo, «ruppesi malamente il capo e l’osso della spalla per la percossa fuori di suo luogo uscì», ma grazie al conforto spirituale di Filippo Neri «in breve risanò perfettamente d’ogni male»19. Nel racconto di Giacomo Crescenzi, anteriore al ricordo del Gallonio e più denso di particolari, ma analogamente inserito in una cornice agiografica pedagogicamente rilevante, trova conferma la dinamica dell’incidente – a seguito del quale il sacerdote dell’Oratorio «si ruppe la testa, et sloccò una spalla» – e viene introdotto il particolare non irrilevante che Lucci «se pose in casa nostra per curarse», dove poi guarì dalle ferite per effetto delle frequenti e miracolose visite di padre Filippo20. Giovanni Antonio Lucci intratteneva da tempo rapporti privilegiati con questa antica famiglia romana e conosceva bene la padrona di casa, la nobildonna Costanza Del Drago, moglie di Virgilio Crescenzi, i cui quattro figli Giacomo, Vincenzo, Pietro Paolo e Giovan Battista compaiono spesso nelle memorie filippine e figurano con la madre tra i testimoni ascoltati in più occasioni al processo di canonizzazione per padre Filippo21. In particolare, Costanza Del Drago aveva fatto la conoscenza del Neri a S. Giovanni dei Fiorentini proprio grazie a Lucci, che facilitò il loro incontro. Gallonio, nella sua Vita del Santo, racconta che Costanza fu letteralmente miracolata da Filippo Neri: la prima volta nel 1574, quando il Padre «libera una che muore»; la seconda nel 1581, in occasione di una sua gravidanza difficile22.
Dopo l’incidente da cavallo, che forse lo rese infermo, Lucci non fece più rientro nella Congregazione oratoriana e si trasferì definitivamente in patria, ma è noto che Filippo Neri fece di tutto per trattenerlo23. La sua morte è fatta risalire senza incertezze al 1° novembre 1595 da Giacomo Crescenzi, che al processo per il Neri fece della sua esistenza un vivo esempio di «santa vita» e di virtù “eroiche”, utilizzando la sua condizione privilegiata di antico «figliolo spirituale del padre» in funzione dell’apoteosi del Santo fiorentino:

Il sopradetto m.s Giovanni Antonio Lucio, quale haveva praticato con il p. m.s Filippo, intrinsichissimamente, molti anni, più et più volte, discorrendo con me della santità del padre m.s Filippo, mi raccontò le infrascritte cose, che io, per la divotione, che portavo al detto padre, gliele domandai, mentre il detto m.s Giovanni Antonio viveva, et, ultimamente, cinque mesi, che sono stato con lui a Bagnarea, sino alla sua morte, che fu il giorno d’Ogni Santi prossimo passato. Il quale m.s Giovanni Antonio, come ho detto, era figliolo spirituale del padre, delli più antiqui, et homo di santa vita, che ha fondato un monasterio di Cappuccini, tutto alle sue spese, in Bagnarea, dentro la città; et celebrava quasi ogni mattina; homo di grandissima astinentia; et faceva molte elemosine24.

A Giovanni Antonio Lucci non fu possibile deporre al processo per il Neri, ma ciò non impedì ad altri testimoni di attingere ad ampie mani al cospicuo archivio di miracoli, notizie e aneddoti sulla vita del Santo da lui custodito con il chiaro obiettivo di promuoverne la canonizzazione25. L’Oratoriano fu chiamato in causa anche come testimone delle frequenti estasi del Santo. Si pensi alla testimonianza di Giovan Battista Crescenzi, a cui Lucci aveva raccontato di persona del «p. Filippo in aria levato»26.

Fonti

  • Paolo Aringhi (et alii), Le vite e detti de’ padri e fratelli della Congregatione dell’Oratorio. Da s. Filippo Neri fondata nella chiesa di S. Maria in Vallicella …, 3 v., Roma, Biblioteca Vallicelliana, mss. O 58, O 59, O 60.
  • [Paolo Aringhi], Le vite, e detti de padri, e fratelli della Congregazione dell’Oratorio da s. Filippo Neri fondata nella Chiesa di S. Maria in Vallicella raccolti da Paolo Aringhi Prete della detta Congregatione e da Altri, vol. I e II, editi e annotati da Maria Teresa Bonadonna Russo, con la collaborazione di Renato De Caprio, Edizioni Oratoriane, Roma 2018-2020 (i due volumi corrispondono alla prima delle tre parti dell’opera).
  • Antonio Gallonio, Vita di San Filippo Neri, pubblicata per la prima volta nel 1601. Edizione critica a cura dell’Oratorio Secolare di S. Filippo Neri di Roma, a celebrazione del IV centenario della morte del Santo, con introduzione e note di Maria Teresa Bonadonna Russo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, Roma 1995, pp. 28n, 160 e nota, 173n, 180, 181 e nota, 188n, 219 e nota.
  • Il primo processo per san Filippo Neri nel codice vaticano latino 3798 e in altri esemplari dell’Archivio dell’Oratorio di Roma, edito e annotato da Giovanni Incisa della Rocchetta e Nello Vian, con la collaborazione di Carlo Gasbarri, 4 v., Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1957-1963 [I: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1595, 1957; II: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1596-1609, 1958; III: Testimonianze dell’inchiesta romana: 1610. Testimonianze «extra urbem»: 1595-1599, 1960; IV: Regesti del secondo e terzo processo. Testimonianze varie. Aggiunte e correzioni alle note dei volumi I-III. Indice generale, 1963], vol. IV, p. 353 (Indice generale).
  • Giovanni Marciano, Memorie historiche della Congregatione dell’Oratorio, nelle quali si dà ragguaglio della fondatione di ciascheduna delle congregationi sin’hora erette, e de’ soggetti più cospicui che in esse hanno fiorito …, 5 v., in Napoli, per il De Bonis stampatore arcivescovale, 1693-1702 [i singoli volumi sono così datati: I, 1693; II, 1693; III, 1698; IV, 1699; V, 1702], vol. I, pp. 48, 50, 67, 80, 102, 120, 146, 172, 173.
  • Pompeo Pateri, Memorie … per negozi e cose spettanti alla Congregatione dell’Oratorio, a cura di Maria Teresa Bonadonna Russo, in “Archivio della Società romana di storia patria”, 98, 1-4, 1975, pp. 39-146.
  • [Antonio Talpa], Il trattato del p. Antonio Talpa sulle origini e sul significato dell’Istituto della Congregazione dell’Oratorio, a cura di Giovanni Incisa della Rocchetta, in “Oratorium”, 4, n. 1, 1973, pp. 3-41.

Bibliografia

  • Generoso Calenzio, La vita e gli scritti del cardinale Cesare Baronio della Congregazione dell’Oratorio, bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Tipografia Vaticana, Roma 1907.
  • Edoardo Aldo Cerrato, Il volto dell’Oratorio nel «De origine Oratorii» di Cesare Baronio, in Luigi Gulia, Ingo Herklotz, Stefano Zen (a cura di), Società, cultura e vita religiosa in età moderna. Studi in onore di Romeo De Maio, Centro di Studi Sorani «Vincenzo Patriarca», Sora 2009, pp. 61-83.
  • Antonio Cistellini, San Filippo Neri. L’Oratorio e la Congregazione oratoriana. Storia e spiritualità, prefazione di Carlo Maria Martini, 3 v., Morcelliana, Brescia 1989, vol. III, p. 2379 (Indice dei nomi di persona).
  • Carlo Gasbarri, L’Oratorio romano dal Cinquecento al Novecento, Arti Grafiche D’Urso, Roma 1963 1962, pp. 146-147.
  • Giovanni Incisa della Rocchetta, I discepoli di San Filippo a San Giovanni dei Fiorentini, in “Oratorium”, 6, n. 1-2, 1975, pp. 43-50.
  • Giuseppe M. Quintarelli, Degli uomini illustri bagnoresi dell’ordine francescano e di altri religiosi istituti. Memorie raccolte dal p. maestro Giuseppe M.a Quintarelli agostiniano, Tipografia della Pace di F. Cuggiani, Roma 1890, pp. 189-202.
  • Stefano Zen, Baronio storico. Controriforma e crisi del metodo umanistico, prefazione di Romeo De Maio, Vivarium, Napoli 1994.
  • Stefano Zen, Oratori devoti, combattenti spirituali, soldati di Cristo. Percorsi della perfezione cristiana in Italia nella prima età moderna, Loffredo, Napoli 2012, pp. 15-45 (cap. I, «L’Oratorio di Filippo Neri e la ‘perfezione’ della Chiesa primitiva»).
  • Stefano Zen, Filippo Neri e le «historie ecclesiastiche» di Baronio, in Paola Paesano (a cura di), Filippo Neri. Un santo dell’età moderna nel V centenario della nascita (1515-2015). Atti del Convegno di studi, Roma, Biblioteca Vallicelliana, 16-17 settembre 2015, Pliniana, Roma-Selci (PG) 2018, pp. 221-254.

Voci correlate

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione trasversale Oratorio e Congregazione oratoriana: storia, spiritualità, politica culturale, dedicata all’Oratorio sorto per iniziativa di Filippo Neri, che da libero sodalizio conobbe nell’arco di un quarto di secolo una sua graduale evoluzione fino alla sua istituzionalizzazione nel 1575 (quando papa Gregorio XIII decise per decreto di costituire la Congregazione oratoriana), con l’obiettivo di costruire un repertorio di voci inerente non soltanto ai padri e ai fratelli laici che entrarono stabilmente nell’Oratorio filippino, ma allargato significativamente alle opere prodotte e diffuse dall’operoso laboratorio oratoriano, ai luoghi della Congregazione, alle personalità più o meno note che si riconobbero nella sua politica culturale, partecipando attivamente alle varie iniziative promosse e in particolare agli esercizi spirituali, considerati il nucleo pulsante del programma filippino.

Article written by Stefano Zen | Ereticopedia.org © 2023

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

thumbnail?id=1_usu8DkYtjVJReospyXXSN9GsF3XV_bi&sz=w1000
The content of this website is licensed under Creative Commons Attribution 4.0 International (CC BY 4.0) License