Barberini, Francesco

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Francesco Barberini (Firenze, 23 settembre 1597 - Roma, 10 dicembre 1679) è stato un cardinale, membro e segretario della Congregazione del Sant'Uffizio.

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Biografia

All'ombra dello zio Urbano VIII

Nato a Firenze il 23 settembre 1597 da Carlo e Costanza Magalotti, nel 1623 conseguì la laurea in utroque iure a Pisa.

Nipote del cardinale Maffeo Barberini, poi papa Urbano VIII, Francesco Barberini vide la sua carriera fortemente influenzata, all’interno della curia papale, dalle tendenze dello zio. Nel 1623 Urbano VIII, appena eletto papa, nominò il nipote arciprete di S. Giovanni in Laterano e, dopo pochi mesi, lo creò cardinale diacono con il titolo di S. Onofrio. Negli anni successivi Francesco ottenne cariche e onori, che lo resero il prelato più potente a corte e ricevette la nomina di ‘cardinal nepote’, cioè di Segretario di stato, che assolse secondo le direttive stabilite dallo zio. Nel 1625 Urbano VIII lo incaricava così di guidare la legazione in Francia, per trattare con il cardinale Richelieu la questione della Valtellina. L’obiettivo del pontefice era quello di diventare il mediatore fra la Spagna e la Francia, per riportare la regione valtellinese sotto il controllo della Chiesa cattolica. I tentativi diplomatici fallirono e Francesco Barberini decise di tornare a Roma lo stesso anno. Nel 1626 Urbano VIII inviò il cardinale in Spagna per estendere i contatti diplomatici con il conte duca di Olivares. La missione non sortì alcun effetto poiché, all’arrivo di Francesco Barberini, le trattative segrete fra Olivares e la Francia si erano già concluse con la pace di Monzón.
A partire dal 1628 Barberini si fece pieno carico della politica estera dello Stato della Chiesa, seguendo una linea di ambiguo neutralismo dettata dal pontefice. Tale posizione fu confermata in occasione della seconda guerra per la successione del Monferrato e della guerra dei Trent’anni, anche se Francesco Barberini in realtà appoggiò la Francia contro l’alleanza ispano-imperiale. Dal 1633 il ‘cardinal nepote’ si fece promotore di un progetto di lega difensiva fra gli Stati italiani, che fallì per l’ostilità del papa verso Venezia e per le ingerenze delle potenze europee. Nel 1641 appoggiò i fratelli Taddeo e Antonio nella guerra contro Odoardo Farnese per il feudo di Castro, conclusasi con un disastroso insuccesso, nel 1644. Il 29 luglio dello stesso anno sarebbe morto Urbano VIII.

Dopo la morte di Urbano VIII: fuga in Francia e successivo rientro a Roma

Nonostante l’appoggio ricevuto in conclave da parte di Barberini, il nuovo papa, Innocenzo X, diede il via a un’inchiesta sull’operato della famiglia durante il pontificato di Urbano VIII, con l’intento di scoprire le cause del suo elevato incremento patrimoniale. Pertanto Francesco Barberini fuggì nel 1646, insieme ai fratelli, in Francia, dove trovò la protezione di Mazzarino. Nel 1648 il papa concesse la grazia e la restituzione della maggior parte dei beni alla famiglia, e dunque Barberini si decise a tornare a Roma. Da quel momento in poi egli limitò la sua attività pubblica alle cariche legate al titolo cardinalizio, alla funzione di vicecancelliere ed alla partecipazione ai conclavi per l'elezione di Alessandro VII, Clemente IX, Clemente X e Innocenzo XI.

Il ruolo nella Congregazione del Sant'Uffizio

In qualità di membro della Congregazione del Sant’Uffizio, di cui fu tra l'altro segretario ben 46 anni (dal 1633 alla morte), Barberini è una figura di fondamentale importanza per comprendere l’attività dell’Inquisizione romana durante il XVII secolo. Gli archivi italiani (e non solo) sono ricchi di carteggi firmati dal cardinale per gli inquisitori locali, contenenti dettagliate disposizioni sulle molteplici attività del tribunale. Nel 1632, durante il processo contro Galileo Galilei, Barberini fece parte del collegio giudicante, anche se non controfirmò la sentenza, perché assente alla seduta in cui la condanna fu ratificata. In precedenza il cardinale, come anche Urbano VIII, essendo molto interessato alle scienze, aveva intrattenuto rapporti con Galilei, che ospitò a Roma nel 1624. Il che spiega anche la lettera che lo scienziato inviò a Barberini nel 1632 per essere esonerato, a causa delle sue condizioni di salute, dal viaggio verso Roma impostogli dalla Congregazione del Sant’Uffizio per dare inizio al processo. La lettera non sortì alcun effetto. Fu lo stesso Barberini, alla morte di Galileo, a inviare tempestivamente una lettera all’inquisitore di Firenze affinché questi convincesse il granduca di Toscana «che non è bene fabricare mausolei al cadavere di colui, che è stato penitentiato nel tribunale della Santa Inquisizione»1. Ancora, nel 1662, Barberini inviò una lettera all’inquisitore di Firenze invitando quest’ultimo a verificare che nell’opera di Claudio Rinaldini non vi fossero «cose contro i sacri canoni, constit. Apostoliche e buoni costuni»2, prima di concedere la licenza per la stampa. Rinaldini infatti insegnava filosofia all’università di Pisa ed erano noti i suoi stretti legami con Galilei, tanto che fu coinvolto nell’edizione bolognese delle opere di quest’ultimo.
Per conto della Congregazione, Barberini impartiva disposizioni sulle licenze per stampare libri, ma anche su questioni organizzative dei vari tribunali dislocati nella penisola italiana. Ad esempio in una lettera del 1640, invitò l’inquisitore di Firenze a preferire sempre il clero regolare nel nominare i vicari del Sant’Uffizio3. Analogamente la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna è ricca di carteggi fra gli inquisitori e il cardinale4. Anche in questo caso non mancano dettagliate disposizioni che coprono l’intera attività del Sacro Tribunale. Nel 1665, per esempio, Barberini chiese chiarimenti riguardo all’eventuale apertura di un nuovo carcere in città per rinchiudervi le ‘donne malefiche’5.
Barberini si dimostrò un inquisitore cauto nelle cause riguardanti la stregoneria e i malefici. Nel 1628, dopo una seduta con Urbano VIII, il cardinale Giovanni Garsia Mellini e altri, egli inviò una lettera di ammonimento all’inquisitore di Como, il quale aveva stampato di propria iniziativa una istrutione destinata al luogotenente svizzero di Lugano per procedere contro una presunta strega. Il cardinale affermò il divieto di prendere tali iniziative, «non mancando qui de’ simili instrutioni, molto più aggiustate et considerate, come è quella, che si manderà à V. R.»6. Non a caso nel 1637 Deodato Scaglia, nipote di Desiderio Scaglia, dedicò a Barberini il suo prontuario, La Prattica di procedere con forma giudiciale nelle cause appartenenti alla Santa Fede di Deodato Scaglia, vescovo di Melfi.
Barberini rappresenta una figura chiave per comprendere la divulgazione dei manuali inquisitoriali presso i tribunali locali. Ad esempio nel 1674 il vicario generale di Bologna, Andrea Rovetta, istruì in modo approssimativo un processo contro una donna, accusata di praticare sortilegi. Nella lettera del 24 luglio 1677 indirizzata all’inquisitore di Bologna, Barberini scrisse che la Congregazione, dopo aver visionato gli atti del processo, riteneva opportuno liberare la donna: «ammonisca il suo vicario de’ gli errori da lui commessi nella formazione del detto processo, che vedrà notati nella medesima Istruzione»7. Alla lettera è allegata una breve istruzione divisa in sette punti, inerente al caso preso in esame, dove non mancano toni di aperto rimprovero nei confronti del vicario: «ammonirà seriamente da parte de’ medesimi miei cardinali il detto vicario, con significarli a non inciampar più in avvenire in somiglianti errori, se non vorrà esperimentare i giusti rigori di questa Sacra Congregatione».

Attività di mecenatismo

Barberini promosse inoltre un’intensa attività culturale. Amante delle arti e delle lettere praticò un mecenatismo principesco ed ebbe una speciale predilezione per Gian Lorenzo Bernini. Di particolare importanza è la costituzione di una ricchissima biblioteca (la biblioteca Barberini, oggi confluita nella Biblioteca Apostolica Vaticana), la cui organizzazione fu affidata a Luca Holstein. La sua corte è stata il riferimento per numerosi intellettuali come Gabriel Naudé, Isaac Vossius, Jean Morin, Daniel Heinsius, John Milton, Ferdinando Ughelli, Jean Jacques Bouchard, Benedetto Castelli, Giovanni Battista Doni, Leone Allacci e altri.

Francesco Barberini morì a Roma il 10 dicembre 1679.

Bibliografia

  • Irene Fosi, All'ombra dei Barberini. Fedeltà e servizio nella Roma barocca, Bulzoni, Roma 1997.
  • Georg Lutz, Urbano VIII, in EP, vol. 3.
  • Thomas F. Mayer, The Roman Inquisition: A Papal Bureaucracy and Its Laws in the Age of Galileo, University of Pennsylvania Press, Philadelphia 2013.
  • Pierre-Noël Mayaud, Les «Fuit congregatio sancti officii in … coram …» de 1611 à 1642. 32 ans de vie de la Congrégation du Saint Office, in "Archivum Historiae Pontificiae", 30, 1992, pp. 231-289: p. 288.
  • Alberto Merola, Barberini, Francesco, in DBI, vol. 6 (1964).
  • Ottavia Niccoli, Il confessore e l’inquisitore. A proposito di un manoscritto bolognese del Seicento, in Gabriella Zarri (a cura di), Finzione e santità tra medioevo ed età moderna, Rosenberg & Sellier, Torino 1991, pp. 412-434.
  • Ludwig von Pastor, Storia dei Papi dalla fine del Medio Evo, vol. 13: Storia dei papi nel periodo della Restaurazione cattolica e della guerra dei Trent'anni : Gregorio XV (1621-1623) ed Urbano VIII (1623-1644), Desclée, Roma 1931.

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Voci correlate

Nota bene

Questa voce è la rielaborazione, con alcune modifiche e aggiunte, di un testo originalmente pubblicato in Dizionario storico dell'Inquisizione, diretto da Adriano Prosperi in collaborazione con Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, Edizioni della Normale, Pisa 2010, vol. 1, pp. 134-35.

Article written by Gian Luca D'Errico | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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