Scandella, Domenico

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Domenico Scandella, meglio noto come Menocchio (Montereale Valcellina, 1532 ca. - Portogruaro, agosto 1599), è stato un eretico friulano condannato a morte dall'Inquisizione.

Biografia

Svolgeva vari mestieri, principalmente il mugnaio e il contadino. Non era analfabeta tuttavia come la maggior parte dei compaesani. Aveva letto, disordinatamente, alcuni libri. Partecipava regolarmente alla messa ed in tale ed altre occasioni d'incontro con i suoi compaesani amava chiacchierare ed esporre le proprie idee, assai eterodosse: negava l'utilità dei sacramenti e delle preghiere per la salvezza ed affermava che ci si salvava unicamente per le buone opere indipendentemente dall'appartenenza religiosa. Inoltre bestemmiava abitualmente, negando che la blasfemia costituisse un peccato.
Ma la parte delle teorie di Menocchio che più ha attirato l'interesse degli studiosi, a partire da Carlo Ginzburg, è stata la sua concezione delle origini dell'universo: «Io ho detto - egli affermò nel corso del primo processo a suo carico - che, quanto al mio pensier et creder, tutto era un caos, cioè terra, aere, acqua et foco insieme et quel volume andando così fece una massa aponto, come si fa il formazo nel latte et in quel deventorno vermi et quelli furno li angeli. Et la santissima maestà volse che quel fosse Dio et li angeli, et tra quel numero de angeli ve era ancho Dio, creato anchora lui da quella massa in quel medesmo tempo et fu fatto signor con quatro capitanii Lucivello, Michael, Gabriel et Rafael, qual Lucibello volse farsi signor alla comparation del re, che era la maestà de Dio et per la sua superbia Iddio commandò che fusse scaciato dal cielo con tutto il suo ordine et la sua compagnia. Et questo Dio fece poi Adamo et Eva et il populo in gran multitudine per empir quelle sedie delli angeli scacciati, la qual multitudine non facendo li commandamenti de Dio, mandò il suo figliol, il quale li giudei lo presero et fu crucifisso»1.

Sembra che i rapporti di Menocchio col pievano locale, anche col quale egli era solito discorrere delle sue teorie, si logorassero dopo che questi, che non disdiceva la compagnia delle donne, gli chiese di poter approfittare delle sue figlie. Fu proprio il pievano, per vendetta, a denunciarlo segretamente al tribunale dell'Inquisizione di Aquileia e Concordia nel settembre 1583. Arrestato, fu sottoposto a quattro interrogatori tra febbraio e maggio 1584. Espresse liberamente e ingenuamente le sue teorie ai giudici, che lo condannarono all'abiura e al "carcere perpetuo", anche se dopo due anni fu rilasciato e costretto al solo domicilio coatto nel suo borgo natale. Nel frattempo la famiglia di Menocchio si vendicò del pievano, a sua volta accusato di eresia e fatto allontanare dalla parrocchia. Menocchio, riottenuta la piena libertà, ritornò alle vecchie abitudini, e venne denunciato il 7 marzo 1596 da un suonatore di sagra al quale, durante il carnevale a Udine, aveva affermato che la Bibbia era tutta un'invenzione dei frati. Il nuovo processo fu avviato dall'inquisitore Girolamo Asteo nell’ottobre del 1598. Inchiodato da diversi testimoni, Menocchio fu arrestato il 21 giugno 1599 e, dopo un breve processo, condannato a morte come relapso l'8 agosto 1599. Pochi giorni dopo veniva giustiziato a Portogruaro.
Singolarmente, con questa condanna a morte i giudici della fede locali anticiparono e "scavalcarono" la Congregazione del Sant'Uffizio, che chiedeva ulteriori approfondimenti sull'imputato (la comunicazione sul caso da Roma arrivò quando la condanna a morte era stata ormai eseguita dal braccio secolare).

Il dibattito storiografico su Menocchio

Il personaggio di Menocchio è stato reso celebre da Carlo Ginzburg, che ne presentò la vicenda ne Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500. Ginzburg pose l'accento sulla cosmogonia a suo modo di vedere «sostanzialmente materialistica e tendenzialmente scientifica», concentrandosi unilateralmente su un elemento particolare e tralasciando altri importanti dettagli delle teorie di Menocchio che emergevano dagli atti del processo (che egli studiò ma non trascrisse integralmente e pubblicò). Andrea Del Col (che ha pubblicato gli atti del processo), tramite una ricostruzione più attenta degli elementi della cultura di Menocchio che emergono dalle fonti processuali, ha piuttosto interpretato tale cosmogonia come storia della salvezza, evidenziandone il legame con il catarismo e le eresie medievali (e, anche se molto secondariamente, con l'anabattismo cinquecentesco tout court), che avrebbero evidentemente lasciato residui nella cultura popolare. Ma anche questo approccio, sia pur meglio fondato rispetto alle teorie di Ginzburg, è stato messo in discussione. Addante, in particolare, lo ha rifiutato, insistendo piuttosto sulla somiglianza tra le idee di Menocchio e certi aspetti dell'antitrinitarismo e dell'anabattismo radicale propagandati in territorio veneziano da Girolamo Busale, il pensiero del quale a sua volta traeva linfa dal valdesianismo radicale del suo antico maestro napoletano Juan de Villafranca. Le teorie di Valdés, infatti, come ha ben rilevato per primo Massimo Firpo, tanto più se estremizzate (come in effetti fecero Juan de Villafranca, Scipione Capece, Giulio Basalù e Girolamo Busale), potevano portare a forme di relativismo e di materialismo e come conseguenza ultima alla miscredenza.

Bibliografia

  • Luca Addante, Hérésie radicale et libertinage. Le valdésien Giulio Basalù et Domenico Scandella dit Menocchio, "Les dossiers du Grihl", 2009-02.
  • Aldo Colonnello, Andrea Del Col (a cura di), Uno storico, un mugnaio, un libro. Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi, 1976-2002, Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina 2002.
  • Andrea Del Col (a cura di), Domenico Scandella detto Menocchio. I processi dell’Inquisizione (1583-1599), Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 1990.
  • Andrea Del Col, Il Menocchio lettore, in «Metodi e ricerche», n.s., XVII, n. 2, 1998, pp. 63-77.
  • Andrea Del Col, Menocchio, in DSI, vol. 2, pp. 1024-1025.
  • Carlo Ginzburg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del '500, Einaudi, Torino 1976.
  • David Levine, Zubedeh Vahed, Ginzburg's Menocchio: Refutations and Conjectures, in "Social History/Histoire sociale", vol. 34, n° 68, 2001, pp. 437-464.

 
Article written by Daniele Santarelli | Ereticopedia.org © 2013

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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