Howard, Catherine

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Catherine Howard (Lambeth, 1520-1525 circa – Londra, 13 febbraio 1542) è stata una nobildonna inglese, cugina di primo grado di Anna Bolena e regina consorte di Inghilterra e Irlanda dal luglio 1540 al novembre 1541 come quinta moglie del sovrano Enrico VIII Tudor, che la fece giustiziare per adulterio.

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Infanzia e giovinezza

Catherine Howard (o anche Katheryn o Kathryn Howard), fu la quinta moglie del re Enrico VIII d’Inghilterra, la più giovane tra tutte le sei mogli del sovrano. Omonima della prima moglie del re, Caterina d’Aragona, e cugina della seconda consorte di Enrico VIII, Anna Bolena, ne avrebbe condiviso l’amara sorte, venendo anche lei accusata e processata per adulterio e condannata poi alla decapitazione, dopo solo un anno e mezzo come regina d’Inghilterra.
Penultima figlia di Lord Edmund Howard e di Jocasta (Joyce) Culpeper, Caterina nacque probabilmente tra il 1520 e il 1525 a Lambeth. Suo padre era il terzo figlio di Thomas Howard, secondo Duca di Norfolk, e due sue zie erano state madri di due regine d’Inghilterra, spose di Enrico VIII: Elizabeth Howard, sorella del padre, era stata madre di Anna Bolena, seconda moglie del re, mentre Margery Wentworth, cugina del padre, era stata madre di Jane Seymour, terza sposa del sovrano. Inoltre, sempre per parte paterna, era nipote di Thomas Howard, terzo Duca di Norfolk, fratello del padre e uomo politico molto influente alla corte del sovrano Tudor.
Nonostante il nobile ed importante lignaggio, il padre di Caterina non era ricco, essendo un terzogenito, mentre sua madre aveva anche altri cinque figli, nati dal suo primo matrimonio, cui provvedere. Caterina, così, ebbe un’infanzia difficile, con una madre dominante e un padre debole e pieno di debiti, che spesso si ritrovava a chiedere aiuti economici ai parenti più fortunati.
Dopo la morte della madre nel 1528, il padre si risposò altre due volte ma la situazione economica della famiglia non migliorò e Caterina fu mandata a vivere insieme ad alcuni suoi fratelli a Oxenheath, presso Agnes Tilney, duchessa vedova di Norfolk e matrigna di Lord Edmund, nella cui residenza di Lambeth venivano ospitate ed educate altre giovani di origine aristocratica, secondo una tipica usanza del XVI secolo.
Caterina non aveva ricevuto una buona educazione, come le altre mogli del sovrano Tudor, anche se era in grado sia di leggere che di scrivere, seppur a fatica; era una ragazza giovane e vivace, più dedita ai divertimenti che agli studi eruditi e con uno spiccato interesse per le lezioni di ballo, sua grande passione, e per gli animali, soprattutto cani. Durante gli anni trascorsi presso la duchessa vedova fu fortemente influenzata dal comportamento di alcune ragazze più grandi, che permettevano agli uomini di entrare nel loro dormitorio durante la notte, offrendo loro anche cibo e vino rubati dalle cucine, e fu coinvolta in alcuni scandali che poi sarebbero riemersi dopo la sua ascesa come regina, minando la sua reputazione e dipingendola come «molto vanitosa, tremendamente egoista e sessualmente molto attiva.»1
Nel 1536, la giovanissima Howard ebbe la sua prima avventura amorosa con un gentiluomo del posto, Henry Mannox, assunto come insegnante di musica, che era certamente molto più grande di lei. I due iniziarono una relazione e, sebbene anni dopo entrambi avrebbero confessato di avere avuto atteggiamenti sconvenienti in più occasioni, Mannox giurò che tra i due non vi era mai stata una vera conoscenza carnale come tra marito e moglie. La stessa Caterina affermò che dinanzi alle insistenze di Mannox, essendo una giovane ancora inesperta, aveva permesso che «sfiorasse e toccasse le parti segrete del mio corpo»2, senza tuttavia andare oltre.
La loro relazione durò finché non fu scoperta dalla duchessa vedova, che allontanò immediatamente Mannox dalla sua casa, ben consapevole che «un insegnante di musica in nessun modo poteva costituire un partito accettabile per la nipote di un duca»3, destinata sicuramente ad un’unione più proficua.
Poco dopo, Caterina iniziò una nuova relazione con Francis Dereham, un giovane che viveva a Lambeth e che probabilmente svolgeva funzioni di segretario per la duchessa vedova. Questa seconda relazione, però, si dimostrò più seria della precedente, dal momento che i due giovani si appellavano come “marito” e “moglie”, comportandosi come una coppia sposata e scambiandosi anche dei pegni d’amore: «tagli di raso e di velluto da parte dell'uno, una fascia da portare legata al braccio e un nodo d'amore ricamato da parte dell'altra»4, tanto che molti ospiti della casa della duchessa vedova erano a conoscenza di tale legame. La stessa Caterina avrebbe in seguito ammesso di aver avuto vari rapporti sessuali con suo “marito”, consumando di fatto il “matrimonio”: se i due, infatti, si fossero scambiati voti o promesse matrimoniali prima della consumazione, sarebbero stati considerati realmente sposati agli occhi della Chiesa e una loro conoscenza carnale sarebbe stata pienamente accettata. Inoltre, la serietà del legame tra i due giovani era comprovata anche dal fatto che Dereham affidasse a sua “moglie” alcune incombenze coniugali, come tenere i propri risparmi quando era lontano per affari, cosa che fece anche prima di partire per l’Irlanda nel 1538. Nonostante la partenza di Dereham, la relazione terminò solo nel 1539, quando venne scoperta dalla duchessa vedova; l’interesse di Caterina per Dereham scemò poi definitivamente quando la giovane fece il suo ingresso a corte, dove avrebbe attirato l’attenzione dell’uomo più potente d’Inghilterra: re Enrico VIII.

Il matrimonio con il re Enrico VIII

Grazie a suo zio, il Duca di Norfolk, Caterina riuscì ad ottenere un posto a corte come damigella d’onore della nuova moglie del sovrano, Anna di Clèves. Qui, forse all’inizio del 1540, la Howard conobbe Thomas Culpeper, un suo lontano cugino per parte materna, che ricopriva il ruolo di gentiluomo di camera del re e con cui avrebbe in seguito intrecciato una relazione.
Grazie al suo aspetto e alla sua giovane età, ben presto Caterina attirò l’attenzione del re, ormai deluso dalla sua quarta moglie, che non corrispondeva alle sue aspettative né da un punto di vista fisico né da un punto di vista di strategia politica. Il sovrano, ormai alla soglia dei cinquant’anni, fu colpito dalla giovanissima Howard, che doveva avere tra i diciotto e i vent’anni e mostrava un viso dai lineamenti graziosi, capelli tendenti al ramato, pelle bianca, movenze aggraziate e una statura piccolissima, tanto da essere definita “parvissima puella”. Ma non fu solo l’aspetto fisico ad attirare l’attenzione di Enrico VIII verso la giovane Caterina: quando i due si conobbero, infatti, il sovrano soffriva per alcune ulcere ad una gamba, derivategli da vecchie ferite; approfittando di questa situazione, la Howard «lo aveva curato da brava (e scaltra) infermiera e aveva fatto in modo di fargli perdere la testa»5, mostrandosi come una fanciulla servizievole e innocente.
Non appena il re si interessò a Caterina, la famiglia Howard decise di sfruttare l’occasione per trarne vantaggio: di pari passo con l’interesse di Enrico VIII, infatti, iniziò a crescere anche l’influenza sia degli Howard che della casata Norfolk, tanto che molti esponenti di entrambe le famiglie riuscirono ad ottenere terre ed incarichi a corte.
In poco tempo, il sovrano rimase completamente affascinato dalla bellezza e vivacità di Caterina, che ribattezzò “rutilans rosa sine spina” (“rosa rosseggiante senza spine”), iniziando un vero e proprio corteggiamento, con tanto di costosi doni e frequenti visite alla giovane «nella residenza londinese del duca di Norfolk o nel palazzo vescovile di Gardiner»6. Così, col deteriorarsi dei rapporti tra il sovrano e la sua quarta moglie, iniziò a circolare la voce di un possibile annullamento del matrimonio reale in favore di una nuova unione proprio tra Enrico VIII e la Howard.
Dal canto suo, Caterina si sentiva onorata di ricevere l’attenzione del re e lo incoraggiava col benestare della sua famiglia, tanto da concedersi, probabilmente, già a partire dall’aprile 1540: nel maggio di tale anno, infatti, il sovrano iniziò ad avvertire l’urgenza di sciogliere il suo matrimonio in corso nel più breve tempo possibile, forse per evitare che Caterina si mostrasse incinta prima di aver legalizzato la loro unione. Inoltre, poiché la Howard era cugina di Anna Bolena, che era stata la seconda moglie del re, fu appositamente emesso un Atto per evitare la richiesta di una dispensa nel caso di «conoscenza carnale di consanguineo o affine»7, conoscenza come quella che appunto era intercorsa tra Enrico VIII e Anna Bolena, e per accelerare le pratiche matrimoniali.
Così, il 28 luglio 1540, dopo appena due settimane dal divorzio con Anna di Clèves, il re si sposò in segreto per la quinta volta con Caterina Howard: la cerimonia fu celebrata a Oatlands Palace, nel Surrey, dal vescovo di Londra, Bonner. La giovanissima regina decise di adottare come emblema la rosa coronata e il motto francese “Non autre volonté que la sienne” (“Nessun’altra volontà se non la sua”), una dichiarazione di sottomissione e accettazione del volere del re, che le aveva concesso il grande onore di diventare la sua consorte. Soltanto l’8 agosto il matrimonio fu reso pubblico ai sudditi e Caterina si mostrò come nuova regina d’Inghilterra, recandosi poi nella Cappella Reale dell’Hampton Court Palace per un rito di ringraziamento e preghiere solenni. Subito dopo, i sovrani partirono per il viaggio di nozze, organizzato come una lunga battuta di caccia nel Berkshire attraverso il Surrey.
Una volta tornati a corte, il re volle subito dimostrare il suo affetto per la nuova sposa anche in senso politico, facendo emanare il Consort Act, approvato anche dal Parlamento, con cui conferiva a Caterina il potere di agire senza il consenso dello stesso sovrano. Inoltre, le donò tutte le terre e i castelli che erano appartenuti un tempo alla sua terza moglie, la regina Jane Seymour. Da parte sua, la Howard riformò il suo seguito di dame, accogliendone anche alcune che erano state a servizio delle due precedenti regine, e iniziò così la sua nuova vita come consorte del re Tudor.

La vita a corte come sovrana d’Inghilterra

La giovane regina non era stata né istruita sul suo nuovo ruolo né tantomeno aveva ricevuto una solida educazione che le permettesse di affrontare al meglio i suoi compiti come sovrana del regno inglese. Inoltre, alla sua giovinezza, e quindi inesperienza, si univa un carattere difficile: Caterina, infatti, era «frivola, volubile, amante del piacere e sensuale»8 ed anche incline all’ostinazione e ai capricci, che il re non lesinava di accontentare pur di compiacere la sua giovane moglie. Enrico sentiva di aver trovato, infatti, una perfetta compagna, che sembrava incarnare tutte le qualità che più ammirava nelle donne: «bellezza, fascino, un carattere piacevole, obbedienza e, egli credeva, virtù.»9
Invece, già nel novembre del 1540, la Howard entrò in conflitto con l'arcivescovo Lee per il diritto di patronato dell'arcidiaconato di York, che la regina voleva assegnare a uno dei suoi cappellani non appena l’arcidiacono fosse morto, cosa che Lee interpretava come mancanza di tatto e carità nei confronti di un uomo prossimo alla morte.
Le questioni politiche, però, non interessavano la regina, che amava invece trascorrere il tempo facendosi ammirare dalla corte nei suoi ricchi abiti ricamati in oro e decorati con gioielli preziosi, secondo la moda francese, e cercando di affascinare chiunque con i suoi modi seducenti.
Soltanto i rapporti con Maria, la prima figlia del re e di Caterina d’Aragona, erano difficili e tesi: spesso la sovrana si lamentava di non ricevere lo stesso rispetto e la stessa benevolenza che erano invece stati dimostrati alla terza moglie del re, Jane Seymour, e alla quarta sposa del sovrano, Anna di Clèves. Maria aveva solo pochi anni più di Caterina e la reputava troppo sciocca e frivola, evitando di avere qualsiasi rapporto con lei, se non quello di pura cortesia, esercitata con freddo distacco. Dal canto suo, la Howard non faceva nulla per superare la barriera di ostilità che la figliastra aveva innalzato, provocandola e utilizzando il suo potere per farle dispetti, come quello di privarla di alcune sue fidate dame di compagnia.
L’unica che mostrava cordialità alla nuova regina era proprio colei che era stata rifiutata dal re per permettergli di concludere una nuova unione: Anna di Clèves, infatti, frequentava la corte come “amatissima sorella del re” e si intratteneva spesso anche con la regina, un tempo sua damigella, portandole doni e danzando con lei in occasione di varie feste. Durante le celebrazioni del Natale 1540, per esempio, Anna e Caterina trascorsero insieme quasi ogni sera, danzando fino a notte inoltrata, mentre il re si ritirava per riposare a causa dei dolori e della stanchezza.
L’inesperienza della sovrana non tardò a manifestarsi anche nel nuovo anno, quando decise di nominare come proprio segretario personale Francis Dereham, l’uomo che un tempo aveva chiamato “marito” e con cui aveva intrattenuto una relazione: una mossa, questa, forse dettata dalla paura di subire un ricatto o uno scandalo a causa del suo passato non certo limpido.
Il sovrano, comunque, era sempre più innamorato della sua giovane moglie e decise di portarla con sé in uno dei suoi viaggi ufficiali nel nord del paese, forse pensando anche ad una possibile incoronazione a York, che avrebbe definitivamente consacrato la Howard come regina inglese.

Il declino e l’arresto

Nonostante la piacevole vita di corte e le attenzioni che Enrico VIII le dedicava, nella primavera del 1541, mentre il re soffriva per via delle sue ulcere alle gambe e decideva di restare lontano dalla moglie in attesa di guarire, Caterina si interessò nuovamente al suo lontano cugino, il cortigiano Thomas Culpeper, ed intrecciò con lui una relazione segreta, grazie anche all’aiuto di una delle sue dame di compagnia, la viscontessa Jane Rochford, vedova del cugino George Bolena, il fratello giustiziato della seconda moglie del re, Anna Bolena.
Forse, uno dei motivi che spinsero la sovrana verso suo cugino, oltre al suo carattere frivolo e voluttuoso, fu la speranza di donare al re un figlio, anche se illegittimo, dopo l’incauto annuncio di una gravidanza, poi rivelatasi falsa, che aveva molto scontentato Enrico, tanto che cominciò a diffondersi la notizia che il sovrano Tudor stava pensando di allontanare Caterina dalla corte per riprendere con sé la sua quarta moglie, Anna di Clèves.
La regina, però, era completamente affascinata da Thomas e ben presto gli incontri tra i due amanti, organizzati tramite lady Rochford, divennero sempre più frequenti, così come le lettere che i due iniziarono a scambiarsi quando erano impossibilitati a vedersi, lettere in cui la regina si dichiarava innamorata di Thomas, che un tempo, quando era appena arrivata a corte, avrebbe voluto sposare. I pettegolezzi e le dicerie sulla relazione extraconiugale intrattenuta dalla giovane sovrana non tardarono a circolare e, nello stesso momento, alcune persone che avevano conosciuto Caterina in gioventù, e che affermavano di aver assistito ai suoi comportamenti disdicevoli e sessualmente espliciti quando viveva nella residenza di Lambeth, iniziarono a pressarla per ottenere favori e posizioni di prestigio a corte, in cambio del silenzio.
In pochi mesi la situazione degenerò e, nel novembre 1541, dopo il ritorno dei sovrani dal viaggio ufficiale nel nord del paese, una ex dama di compagnia della duchessa vedova di Norfolk, una tale Mary Hall, fece recapitare alla corte inglese delle lettere anonime in cui descriveva la regina come una donna dissoluta e immorale e l’accusava di aver avuto vari amanti prima del matrimonio con il re; tali accuse vennero avvalorate anche da alcune cameriere che erano state in servizio presso la residenza di Lambeth, le quali confermarono le relazioni avute dalla sovrana con Henry Mannox e Francis Dereham ai tempi in cui era solo una fanciulla.
Le accuse mosse verso la regina arrivarono sia alla famiglia, che decise di dissociarsi dalle azioni della giovane, sia a Thomas Cranmer, arcivescovo di Canterbury, che si premurò di indagare interrogando Mary Hall, che confermò la sua versione dei fatti. Cranmer, quindi, fu costretto ad informare il re, attraverso una lettera, della situazione che si era creata, provocando in Enrico VIII una reazione spietata: vari esponenti della famiglia Howard, compresi i fratelli e le sorelle della regina e l’ormai ultrasessantenne duchessa vedova di Norfolk, vennero arrestati con l’accusa di alto tradimento e imprigionati nella Torre di Londra, mentre l’arcivescovo fu incaricato di interrogare personalmente la sovrana, che sarebbe stata confinata nei suoi appartamenti con l’unica compagnia di lady Rochford.
La regina venne sorpresa dalle guardie reali mentre, con le sue dame, si stava esercitando in alcuni passi di danza, venendo interrotta con l’ordine di seguirli perché «non era più il tempo di ballare.»10 Una volta rinchiusa nelle sue stanze e dopo giorni di angoscia, il 7 novembre 1541, Caterina ricevette la visita di una delegazione di consiglieri reali, guidati da Cranmer, per essere sottoposta ad un interrogatorio. La giovane si spaventò moltissimo, tanto da suscitare pietà a causa della sua reazione isterica: alla fine di un pietoso interrogatorio, l’arcivescovo dovette ordinare alle guardie di rimuovere qualsiasi oggetto che la sovrana avrebbe potuto usare per farsi del male o, addirittura, per suicidarsi. Anche la viscontessa Rochford, rinchiusa insieme alla regina, venne interrogata da Cranmer: la donna, che aveva ormai capito di trovarsi in una posizione pericolosa fin dal suo confinamento nelle stanze della regina, per paura di essere torturata, confessò la relazione adulterina intercorsa tra la regina e Thomas Culpeper, cercando però di mitigare il suo ruolo nella vicenda.
Pochi giorni dopo, Henry Mannox, dopo essere stato interrogato sul suo passato con la regina, venne rilasciato per non aver commesso nessun reato, mentre sia Dereham che Culpeper vennero arrestati e perquisiti: nelle stanze di Culpeper venne anche ritrovata una lettera d’amore scritta con la grafia della sovrana e firmata con «vostra per tutta la vita, Caterina»11, che andava così a costituire una prova certa dell’esistenza di una relazione tra i due.
Il 12 novembre anche la Howard venne formalmente arrestata: vi è una leggenda secondo cui, dinanzi alla lettura delle accuse, nel momento dell’arresto, la giovane avesse cercato di fuggire verso la famosa galleria di Hampton Court per raggiungere il re e chiedere il perdono e la grazia; un tragitto impossibile questo, visto che gli appartamenti della regina non si collegavano alla galleria e visto anche che il re, subito dopo la scoperta della condotta della moglie, aveva immediatamente lasciato la corte. Così, Caterina, che non avrebbe mai più rivisto Enrico, venne rinchiusa nell’ex abbazia di Syon, dove cadde in uno stato di profonda depressione e disperazione, nonostante non fosse né rinchiusa in una cella né guardata a vista da carcerieri, ma disponesse di stanze ammobiliate, secondo il suo rango, con due cameriere a servirla e quattro gentildonne a farle compagnia.
Privata del titolo di regina e di tutti i suoi beni e possedimenti, il 24 novembre Caterina Howard venne accusata di aver condotto una «vita abominevole, meschina, carnale, voluttuosa e viziosa»12 prima del matrimonio con il re, a cui non aveva riferito della sua condotta degenere e che aveva invece irretito e spinto ad amarla con la sua apparenza di fanciulla casta e onesta; inoltre, dopo il matrimonio, aveva continuato con i suoi comportamenti immorali, favorendo il suo ex amante Dereham e incitando il suo nuovo favorito, Culpeper, ad intraprendere una relazione amorosa e carnale con lei.
Intanto, sia Dereham che Culpeper vennero sottoposti a tortura ed entrambi confessarono le loro relazioni con la ex sovrana: Dereham ammise di aver avuto una relazione con Caterina prima che questa diventasse regina, mentre Culpeper, dopo aver cercato di negare, confermò la sua relazione con la sovrana, menzionando anche il ruolo fondamentale avuto dalla viscontessa Jane Rochford nell’organizzare i loro incontri amorosi. Anche la viscontessa Rochford, così, venne arrestata, imprigionata nella Torre di Londra e sottoposta per mesi a vari interrogatori che, benché senza tortura, essendo un’esponente della nobiltà, le provocarono un tracollo nervoso che minò la sua sanità mentale.
Senza la famiglia al suo fianco e con nessun consigliere a guidarla, Caterina si affidò all’arcivescovo Cranmer, che le suggerì di appellarsi a un precedente fidanzamento con Francis Dereham e a una successiva consumazione della loro unione, in modo da rendere automaticamente nullo il matrimonio con il re Enrico VIII e far decadere le accuse di adulterio con Culpeper, per avere salva la vita.
La Howard, però, anche a causa dello stato confusionario in cui era, rifiutò questa possibilità, proclamando che tra lei e Dereham non vi era stata alcuna promessa di matrimonio e che, anzi, l’uomo le aveva usato violenza, mentre asserì che i suoi rapporti con Culpeper erano stati favoriti dalla viscontessa Rochford, che l’aveva spinta ad intraprendere una relazione adulterina. Allora, dinanzi alla sua ostinazione, Cranmer le consigliò di scrivere una confessione al re, in cui la giovane implorò pietà, dipingendosi come una fanciulla ignorante e debole e rimettendosi alla misericordia del sovrano.
Dopo vari interrogatori e torture, le accuse contro Dereham e Culpeper vennero confermate e i due, giudicati colpevoli di alto tradimento, vennero condannati a morte tramite impiccagione, sventramento e squartamento il 10 dicembre 1541: entrambi chiesero al sovrano la grazia di poter morire tramite decapitazione, ma solo Culpeper ricevette questa possibilità, forse per via del suo passato come gentiluomo di camera del re, mentre entrambe le loro teste furono poi esposte sul London Bridge, dove sarebbero rimaste fino al 1546 come monito per chiunque avesse osato sfidare e tradire il re.

La condanna a morte e l’esecuzione

La posizione della ex sovrana ormai si era fatta sempre più critica e il re non mostrava alcun segno di poter concedere una grazia o un perdono: Caterina, così, venne deportata alla Torre di Londra l’11 gennaio 1542. Si narra che, durante il tragitto per la torre via fiume, nel passare sotto il London Bridge, la giovane si trovasse dinanzi le teste di Dereham e Culpeper: al primo non prestò attenzione, mentre alla vista di Thomas fu assalita da un pianto isterico e, da quel momento, iniziò ad accusare disturbi psicofisici, che la portarono a rifiutare il cibo e a cadere in stati di profonda prostrazione, da cui si riaveva solo per urlare il nome del suo vecchio amante.
Per un mese, la Howard venne tenuta prigioniera negli appartamenti della regina, ignara del destino che l’attendeva, e per tutto il tempo non indossò altro che vestiti di velluto nero, per simboleggiare il lutto e la disgrazia che l’aveva colpita.
Il 29 gennaio, il Parlamento introdusse un nuovo disegno di legge, il Royal Assent by Commission Act, che stabiliva la condanna a morte per tradimento per una regina consorte che, entro venti giorni dalla sua unione con il re, non avesse rivelato la sua condotta sessuale precedente o che avesse istigato qualcuno a commettere adulterio con lei. Tale legge agiva anche retroattivamente e risolse la questione del presunto contratto tra Caterina e Dereham prima del matrimonio con Enrico VIII, giudicando la ex regina indubbiamente colpevole, senza nemmeno dover istituire un processo formale.
Contemporaneamente, venne risolta anche la questione riguardante Jane Rochford, ormai colpevole di aver avuto un ruolo attivo nel fomentare la relazione adulterina tra Caterina e Culpeper: nonostante la donna, in seguito agli interrogatori, avesse accusato problemi psichici, con segni di isterismo, il Parlamento cambiò la legge che impediva di giustiziare le persone dichiarate pazze e ciò permise di formulare anche per la viscontessa una condanna a morte.
Entrambe le donne, così, vennero condannate ad essere giustiziate all’alba del 13 febbraio 1542 e trascorsero i rimanenti giorni alternando stati di calma depressiva a stati di isteria e pianto.
La notte prima dell’esecuzione, quando le fu comunicato di prepararsi per essere giustiziata la mattina seguente, la Howard chiese di poter avere nella sua cella il ceppo su cui avrebbe poggiato la testa, per potersi esercitare e preparare alla sua ultima apparizione pubblica. La mattina successiva, però, quando alcuni membri del Consiglio si recarono a prenderla, la ex sovrana apparve «così debole da non riuscire quasi a parlare»13, tanto che dovette essere sorretta e trasportata fino al patibolo.
Nel suo ultimo discorso dinanzi alla folla che si era radunata per assistere alla sua morte, Caterina chiese perdono per i suoi peccati e proclamò ancora una volta il suo amore per il re, dichiarando che la morte che l’attendeva era giusta e meritata per i crimini che aveva commesso e supplicando tutti di pregare per la sua anima. Ancora una volta, una leggenda narra che le sue ultime parole furono «Muoio come una regina, ma preferirei soccombere come la moglie di Culpeper», ma in realtà la giovane Howard non avrebbe mai, ancora una volta, mancato di rispetto al suo re e marito, mettendo a rischio anche la sua stessa famiglia di subire le ire di Enrico.
Dopo la sua esecuzione, avvenuta rapidamente con un solo colpo di scure, toccò poi a lady Jane Rochford, che aveva favorito la relazione tra la sua sovrana e Culpeper, affrontare il boia. Infine, i corpi delle due donne furono ricomposti e seppelliti sotto il pavimento della Chiesa di San Pietro ad Vincula, nello stesso luogo dove, appena sei anni prima, erano stati seppelliti Anna Bolena e suo fratello George.
Si concludeva così la vita di Caterina Howard, regina per soli diciotto mesi e ancora giovanissima, che aveva tristemente condiviso lo stesso tragico destino della cugina Anna Bolena, seconda moglie del sovrano Tudor, giustiziata anch’essa per adulterio e tradimento. La morte della giovane sovrana, il cui corpo non venne identificato durante i lavori di restauro della cappella sotto il regno della Regina Vittoria, è commemorata solo da una targa posta sulla parete ovest e dedicata a tutti coloro che perirono nella Torre.

Bibliografia

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  • Carolly Erickson, Il grande Enrico. Vita di Enrico VIII, re d’Inghilterra, Mondadori, Milano, 2002.
  • Antonia Fraser, Le sei mogli di Enrico VIII, Mondadori, Milano, 1992.
  • Margaret George, Il re e il suo giullare. L’autobiografia di Enrico VIII annotata dal buffone di corte Will Somers, Longanesi, Milano, 1991.
  • Cinzia Giorgio, Amori reali, Newton Compton Editori, Roma, 2018.
  • David Loades, The Tudor Queens of England, Continuum, London, 2009.
  • David Starkey, Six wives. The queens of Henry VIII, Harper Collins, London, 2009.
  • Alison Weir, Henry VIII: The King and his Court, Ballantine Books, New York, 2001.
  • Alison Weir, The children of Henry VIII, Ballantine Books, New York, 1996.
  • Alison Weir, The six wives of Henry VIII, Random House, New York, 2011.

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by Martina Tufano | Ereticopedia.org © 2022

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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