Lombardi, Bona

Dizionario di eretici, dissidenti e inquisitori nel mondo mediterraneo
Edizioni CLORI | Firenze | ISBN 978-8894241600 | DOI 10.5281/zenodo.1309444


Bona Lombardi (Cosio Valtellino, 1417(?) – Modone 1468), è stata una donna in armi, moglie del condottiero Pietro Brunoro Sanvitale.

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Biografia

Bona Lombardi nacque in Valtellina, nelle Alpi lombarde al confine con la Svizzera, a Cosio Valtellino, probabilmente nel 1417.
Suo padre, Gabrio Lombardi, era stato un soldato di ventura, diventando capitano di una compagnia di armati che servì il re di Boemia, Sigismondo di Lussemburgo, nella crociata contro gli Hussiti. Passato in seguito in Westfalia, Gabrio sposò la figlia di un mercante tedesco, passata alla storia come Pellegrina, con la quale fece ritorno nel suo paese natale in Valtellina. Nonostante la trasfigurazione agiografica di Bona fatta da alcuni storici locali, spesso dipinta come una dolce pastorella adolescente, è possibile individuare nella sua biografia alcuni elementi che rendono del tutto plausibile un’educazione alle armi, che marcò l’attitudine di questa donna per tutta la vita.
Dell’infanzia di Bona Lombardi si hanno scarse informazioni. Tuttavia, malgrado l’assenza di prove dirette, si può ipotizzare che sia cresciuta ricevendo dal padre un’educazione dove ci fu spazio per una grande familiarità con le armi, complice, forse, l’assenza di figli maschi. Nel 1432 Bona incontrò colui che sarebbe diventato in seguito suo marito: il capitano visconteo Pietro Brunoro Sanvitale, impegnato in una campagna militare contro Venezia. In quel momento Bona era poco più di una bambina (se si considera che nel 1458 aveva circa 40 anni). I dettagli su come andarono i fatti sono quasi assenti, unica cosa certa è che, terminate le operazioni militari, la giovanissima Bona partì con il Sanvitale, per amore o per costrizione, ma non si può escludere una partenza consensuale. Il padre della giovane, infatti, memore della sua personale vicenda e dell’incontro in Germania con sua moglie, consapevole del vantaggio di dare la figlia a un uomo del rango del Sanvitale, dovette intravedere per essa un futuro positivo. Tuttavia, i due non si sposarono subito, in ragione della disparità sociale e anagrafica che li divideva.
Nel corso degli anni ’30 del XV secolo, Bona seguì Pietro Brunoro in tutte le campagne militari in Italia centrale e settentrionale alle quali il Sanvitale prese parte al servizio di Francesco Sforza. Scrive il Guler che Bona «lo seguiva sempre a cavallo e a piedi, per monti e per valli, per mare e per terra, con ammirevole docilità e fedeltà, né mai l’abbandonò». Ella partecipò attivamente ai combattimenti, spada in mano, come nella battaglia navale di Torbole, nel 1440, dove insieme a Pietro Brunoro, in quel momento passato al servizio di Venezia, respinse l’attacco delle truppe viscontee alla località gardesana. Vista la giovanissima età in cui Bona partì da casa, infatti, è estremamente probabile che la partecipazione alle battaglie abbia iniziato a verificarsi verso la fine del decennio, quando il suo fisico, ormai formato, avrebbe potuto permetterle di sopportarne la fatica, verso i 16-17 anni. Questa età, infatti, è del tutto plausibile se paragonata, per esempio, al momento in cui si svolsero le gesta militari di un’altra guerriera, quasi contemporanea di Bona, ovvero Giovanna d’Arco. La Pulzella, infatti, partì da casa a 17 anni e condusse le sue campagne militari tra i 17 e i 19 anni.
Tuttavia, fu nel decennio tra il 1443 e il 1453 che Bona ebbe l’occasione di esprimere pienamente il suo temperamento. Nel 1443, a causa di un complotto ordito da Francesco Sforza, che mal sopportava che il Sanvitale lo avesse lasciato per porsi al servizio del re di Napoli, Alfonso d’Aragona, Pier Brunoro venne imprigionato per dieci anni nella fortezza di Xàtiva, in Spagna. Per la sua liberazione Bona cavalcò in tutta Italia e in Europa chiedendo l’intercessione dei vari signori che Pier Brunoro aveva servito per ottenerne la liberazione. Nel 1453, infine, Alfonso d’Aragona, impietosito dall’impegno costante di Bona Lombardi, liberò il Sanvitale, che grato per la fedeltà della sua compagna di vita la sposò.
Nello stesso anno, sempre il Guler cita la battaglia di Pavone del Mella, nei pressi Brescia, nel corso della quale Bona diede ulteriore prova di destrezza militare. Pietro Brunoro, infatti, una volta scarcerato accettò una nuova condotta da parte della Serenissima. La campagna si svolse nei pressi di Brescia contro il suo ex capitano, Francesco Sforza, nel frattempo divenuto duca di Milano. Nel corso di un attacco al castello di Pavone, il Sanvitale, quasi fatto prigioniero dalle truppe sforzesche, fu salvato da un rapido intervento della moglie. Scrive della vicenda il Guler che Bona, «dopo essersi armata da capo a piedi, lo scudo al braccio e la spada nel pugno, addimostrò nell’assalto grandissimo valore; e fu causa che la piazza forte venisse ripresa, ponendovi il piede per prima». Anche Angelo Pezzana descrive questo episodio: «Bona si fa loro incontro […] e imbrandita la spada, ponsi alla loro testa, impone di seguirla, e con tanto d’impeto piomba sul nemico che il manda a fuga precipitosa; lo insegue, prima di tutti corre all’assalto della già perduta fortezza, la riprende, e tra il plauso universale, radiante di gioja, recupera il marito» (Pezzana).
Un aspetto importante della figura di Bona Lombardi è che di lei possediamo un ritratto contemporaneo non informato dall’archetipo della guerriera biblico-mitologica come troviamo spesso nella letteratura rinascimentale. L’umanista napoletano Porcellio Pandoni, che vide Bona insieme a Pietro Brunoro impegnata in un torneo, a Venezia, in occasione dell’elezione del doge, nel 1458, la descrive: «con elmo sul capo, turcasso alle spalle, saette nella destra, corno sulla sinistra, e brevi calzari alle gambe, […] aspetto di vecchiezza, quantunque non superasse il trentesimo sesto anno, e fosse di color fosco ed estremamente magra» (Pandoni).
Il ritratto offerto dal letterato partenopeo restituisce l’immagine di una donna giovane ma prostrata dalla fatica di un’esistenza passata a cavallo, in teatri di guerra, lontanissima dagli agi della vita di corte, senza nessuna idealizzazione ma più realistica e concreta.
Bona terminò la sua vita qualche anno più tardi, in Grecia, nel 1468, dove aveva seguito il marito nel corso dell’ennesima campagna militare, questa volta al servizio di Venezia. La Serenissima, infatti, aveva spedito un contingente alla difesa dell’Eubea, sotto attacco da parte dei Turchi dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1453. Brunoro morì difendendo Negroponte e Bona lo seguì qualche mese dopo nel porto di Modone, nel Peloponneso, in procinto di rientrare nella Penisola.
Di Bona Lombardi esiste un ritratto, posto accanto a quello del marito, nella rocca dei Sanvitale di Fontanellato, in provincia di Parma. Una lapide posta nel 1887, inoltre, fa mostra di sé in una cappella votiva del comune di Cosio, in cui Bona viene descritta come «esempio che anche in poveri tuguri e sotto ruvide spoglie nascondonsi talvolta magnanimi spiriti capaci di ardue e nobilissime imprese». Tralasciando il tono romantico resta un aspetto su cui concentrarsi, ovvero che l’esistenza di donne in armi nel corso del tardo medioevo non fu limitata ai ceti aristocratici ma poteva estendersi a donne di rango sociale inferiore. Anche per questo, forse, di lei possediamo un ritratto autentico, non trasfigurato, testimonianza della fatica e del logorio che non risparmiava una donna che per sentimento e vocazione passò la sua vita a cavallo e nelle battaglie.

Bibliografia

  • Laure Abrantès, Vita e ritratti delle donne celebri d’ogni paese continuata per cura di letterati italiani, Milano, Presso Andrea Ubicini, 1839.
  • Jacopo Filippo Foresti, De Claris Mulieribus, Ferraria, Lorenzo de Rubeis, 1497.
  • Johann Guler von Weineck, Raetia, (Zurigo, 1616), versione dal tedesco della sola parte che riguarda la Valtellina e la Valchiavenna, di Giustino Renato Orsini, Sondrio, Camera di commercio industria e agricoltura, 1959.
  • Porcellio Pandoni, Commentarii comitis Jacobi Piccinini, in Ludovico Antonio Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XXV, Milano 1751.
  • Regine Pérnoud, Marie-Véronique Clin, Jeanne d’Arc, Paris, Fayard, 1986.
  • Angelo Pezzana, Storia della città di Parma, Tomo II, Parma, Ducale tipografia, 1842.
  • Francesco Saverio Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua delle alpi oggi detta Valtellina, Milano 1755.
  • David Salomoni, Sanvitale, Pietro Brunoro, in corso di pubblicazione in DBI.

Nota bene

Questa voce fa parte della sezione "Dominae fortunae suae". La forza trasformatrice dell’ingegno femminile, che approfondisce il contributo offerto dalle donne alla nascita e allo sviluppo dei diversi campi del sapere.

Article written by David Salomoni | Ereticopedia.org © 2017

et tamen e summo, quasi fulmen, deicit ictos
invidia inter dum contemptim in Tartara taetra
invidia quoniam ceu fulmine summa vaporant
plerumque et quae sunt aliis magis edita cumque

[Lucretius, "De rerum natura", lib. V]

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